La scelta di riconoscere le indipendenze di Lugansk e Donesk è un atto di forza che cercherà di legittimarsi quale risposta asimmetrica alle tante scelte sbagliate delle guerre occidentali. E proprio per questo non possiamo che definire l’annuncio del presidente russo Putin come un grave errore, un’avventura foriera di nuova guerra.
Perché se legittimamente si difendono le ragioni del popolo russo, non è la risposta asimmetrica all’arroganza altrui, della Nato e degli Usa, la soluzione: parliamo del 2008 quando, nonostante gli accordi di pace di Kumanovo del 1999 – dopo la guerra «umanitaria» aerea – che riconoscevano il diritto sul Kosovo di Belgrado, fu riconosciuta a tutti i costi la divisiva indipendenza del Kosovo.
Se si voleva davvero salvaguardare in questo momento oscuro per la pace l’unica mediazione sul campo, quella degli accordi di Minsk che difendono giustamente l’integrità territoriale dell’Ucraina, ecco che la decisione di riconoscere le indipendenze di Lugansk e Donetsk azzera ogni sforzo diplomatico. Che invece doveva e poteva essere rilanciato, anche di fronte alla verità amara che questi accordi sono stati boicottati finora dal parlamento ultranazionalista di Kiev. Ora sarà difficile riattivare un processo negoziale, risponderanno solo le ragioni della forza come accadde in Georgia nel 2008.
Tra gli Stati uniti, impegnati nella vittoria definitiva post-guerra fredda contro il nemico sovietico – che non c’è più -, e la Russia che spinta da questa espansione ideologica e militare risponde in chiave imperiale. E per favore, giù le mani da Lenin.
Si tratta di un risiko in Europa, contro l’Europa, mentre l’Unione europea è subalterna perché senza una politica estera surrogata dall’Alleanza atlantica, e divisa sui contenuti strategici come l’energia. Saranno contenti gli ultranazionalisti d’estrema destra ucraini che attivando l’oscura rivolta di Maidan – con stragi come quella impunita di Odessa – hanno alla fine prodotto la proibizione della lingua russa e la cacciata dei russi e dei filorussi, in 8 anni di guerra civile, con 14mila morti e due milioni di profughi dei quali nessuno si è accorto. Il processo è arrivato a compimento. Sul baratro.
TOMMASO DI FRANCESCO
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