La Consulta boccia la riforma Madia

Pubblica amministrazione. La Corte costituzionale spiega che per l'attuazione «non basta il parere delle Regioni, ci vuole un’intesa». Renzi: «Siamo circondati da una burocrazia opprimente, poi mi chiedono perché voglio cambiare le regole». Il ricorso era stato avanzato dal Veneto di Zaia. La sentenza si incrocia con il voto del 4 dicembre

Solo giovedì il governo aveva festeggiato il varo in consiglio dei ministri di cinque decreti attuativi della riforma Madia, ma ieri è arrivata la botta: la stessa legge delega che sta a monte è incostituzionale, una sentenza della Consulta l’ha bocciata. In particolare, nel punto in cui si prevede che per gli atti di riordino del settore pubblico basti solo un «parere» della Conferenza Stato-Regioni e non invece una «intesa» con quest’ultima. Un nodo significativo anche rispetto alla fase politica attuale, visto che manca una settimana al referendum in cui ci viene chiesto di dire Sì alla modifica del Titolo V, riportando diversi poteri dalle autonomie al centro.

LA SENTENZA (la 251/2016) della Corte costituzionale si è espressa rispetto a un ricorso avanzato dalla Regione Veneto contro la riforma Madia: veniva contestato che non potesse essere più la Regione a nominare i direttori generali delle aziende ospedaliere regionali, ma che questi fossero imposti alla Regione da una commissione di nomina governativa. Sembra di rivedere lo stesso tipo di conflitto che Renzi vorrebbe cancellare attraverso la riforma costituzionale.

E infatti il premier ha commentato la sentenza citando il referendum: «Noi avevamo fatto un decreto per rendere licenziabile il dirigente che non si comporta bene e la Consulta ha detto che siccome non c’è intesa con le Regioni, avevamo chiesto un parere, la norma è illegittima – ha detto Renzi parlando a un comizio a Vicenza – E poi mi dicono che non devo cambiare le regole del Titolo V. Siamo circondati da una burocrazia opprimente».

LE DICHIARAZIONI di illegittimità costituzionale riguardano esclusivamente le deleghe al governo su quattro punti, che però rappresentano dei pilastri fondamentali della riforma: la «riorganizzazione della dirigenza pubblica», il «riordino della disciplina vigente in tema di lavoro», le «partecipazioni azionarie delle pubbliche amministrazioni» e i «servizi pubblici locali di interesse economico generale» come i rifiuti, i trasporti, l’illuminazione. In questi campi i decreti legislativi di attuazione della legge delega potranno essere adottati solo «previa intesa», non basta il «previo parere».

Raggiante il governatore del Veneto, Luza Zaia (Lega): «Una sentenza storica – ha commentato – Siamo stati l’unica Regione d’Italia a portare avanti le nostre convinzioni. Il centralismo sanitario governativo ha ricevuto un duro colpo e noi, tanto per fare un esempio concreto, continueremo a nominare i direttori generali della nostra sanità invece che doverli scegliere all’interno di una terna “nazionale” dove poteva esserci anche qualche responsabile di certi sfasci in giro per l’Italia».

I LEGALI CHE HANNO sostenuto le ragioni del Veneto di fronte alla Consulta, gli avvocati Luca Antonini e Ezio Zanon, spiegano che «la volontà centralizzatrice intorno alla quale, senza nessuna ragione adeguata (perlomeno riguardo alle realtà regionali efficienti), il governo aveva impostato tutta la riforma Madia esce fortemente ridimensionata». E «anche i decreti legislativi già emanati dovranno essere corretti dal governo, perché la Corte costituzionale ha imposto di ascoltare seriamente le Regioni».

Questa sentenza – proseguono Antonini e Zanon – ha precisato che una intesa con le Regioni «è un necessario passaggio procedurale anche quando la normativa statale deve essere attuata con decreti legislativi delegati». È quindi stato ritenuto «costituzionalmente illegittimo il disposto della riforma Madia che, invece, prevedeva un semplice parere delle Regioni, da rendere entro un tempo molto breve, e tranquillamente superabile in via unilaterale dal governo». «Di fatto la sentenza ha affermato – concludono i due avvocati del Veneto – che il governo non può diventare sordo ai suggerimenti delle Regioni e che non può sottrarsi alle procedura concertative, che sono necessarie per garantire non solo il pieno rispetto del riparto costituzionale delle competenze, ma anche il successo delle riforme».

TUTTE LE OPPOSIZIONI si scatenano contro il governo. «La Corte costituzionale – commenta l’M5S – ha dichiarato parzialmente illegittima la riforma Madia, e questi incompetenti e incapaci pretendono addirittura di stravolgere ben 47 articoli della nostra Costituzione. Il popolo italiano li fermi il 4 dicembre con un No».

«Insomma per Renzi la sentenza della Consulta sui decreti Madia dimostra che il Paese è bloccato – dice Arturo Scotto di Sinistra Italiana – La sua è una dichiarazione sbagliata: non si può trattare anche la Corte costituzionale come un covo di frenatori».

Renato Brunetta (Fi) chiede se a questo punto «il presidente Mattarella firmerà i prossimi decreti della riforma».

ANTONIO SCIOTTO

da il manifesto.info

foto tratta da Pixabay

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