“Equitalia cambia nome. Ma non casa. Troppo difficile inglobarla nell’Agenzia delle entrate, per vincoli costituzionali, contrattuali e forse di buon senso. Così, l’ultima soluzione, accarezzata dal governo, è quella di trasformare Equitalia in una partecipata pubblica, magari al 100% proprio dall’Agenzia (ora è al 51%, l’altro 49% dell’Inps). Una società per azioni, come ora. Nel perimetro fiscale, come ora. Libera di mantenere i più vantaggiosi contratti bancari, come ora, ai suoi 7.917 dipendenti. Ma con un nome nuovo o piuttosto una sigla burocratica, tipo Drae, facile da scordare: dipartimento riscossione dell’Agenzia delle entrate”.
Con infinita pazienza continueremo a scrutare tutte le contraddizioni emergenti tra gli annunci fatti qualche giorno dal Governo nel merito della manovra 2017 e la realtà possibile, guardando soltanto al banale concreto delle affermazioni nel contesto immediato e senza verificare ancora le roboanti dichiarazioni in sede Europea (però un pensierino a quegli estremisti che criticavano il “fiscal compact”, e adesso ci si accorge improvvisamente della deleterietà, andrebbe fatto). Sempre per la serie “svegliarsi nella comica” pensando alla “provvidenza” degli europeisti alla Prodi, Draghi e compagnia cantante.
Contraddizioni che erano facilmente rilevabili da subito.
Si era scritto il 17 Ottobre scorso: si porrà qui un problema riguardante il personale perché quello di Equitalia gode del contratto dei bancari mentre quello delle Agenzia delle Entrate è sottoposto al contratto del pubblico impiego. Inoltre nel pubblico impiego si entra per concorso, fatto non avvenuto per il personale di Equitalia.
Adesso arriva il contrordine. Aspettiamo comunque il testo definitivo, mai redatto con tanto ritardo mentre il Parlamento lo aspetto da martedì scorso.
FRANCO ASTENGO
20 ottobre 2016
foto tratta da Pixabay