Che la situazione in Turchia, in termini di libertà di stampa, democrazia e diritti umani sia a dir poco drammatica è cosa nota. La nuova riforma elettorale, approvata in parlamento dopo che questo era stato intimidito e depotenziato con l’arresto di una parte dei parlamentari di opposizione dell’HDP (partito pluriculturale di impostazione laica e progressista), prevede che il mandato presidenziale (elezioni nel 2019) garantisca il potere a chi governa per 10 anni. Nel frattempo all’arresto di parlamentari si somma quello di giornalisti, di attivisti per i diritti umani, di chiunque sia considerato spurio nella logica di regime.
In questi giorni e non casualmente, anche nei social network italiani giungono segnali a dir poco preoccupanti. Non è un caso. L’11 febbraio prossimo, per ricordare l’arresto di Abdullah Ocalan, da 18 anni rinchiuso nel carcere fortezza di Imrali e per chiedere la liberazione dei detenuti politici in Turchia come condizione essenziale per aprire una prospettiva di pace nel paese, si terrà una manifestazione nazionale a Milano in contemporanea con una mobilitazione europea indetta a Strasburgo.
Da quando è stata indetta la manifestazione milanese in numerose città italiane si vanno organizzando iniziative, dibattiti, proiezioni di film per offrire un livello di informazione sufficiente su quanto va accadendo in Turchia che in gran parte viaggiano sui social come Facebook. La piattaforma che considera “corrispondente agli standard della propria comunità” anche gruppi o eventi che manifestano apertamente opinioni xenofobe spesso anche punibili in base al “Decreto Mancino” che considera reato tali attività, ha recepito “positivamente” le segnalazioni giunte che hanno portato a bloccare alcune pagine relative ad alcune iniziative relative alla manifestazione dell’11 febbraio. Per “segnalazione” (lo si scrive ad uso e consumo di chi non frequenta i social), si intende il fatto che singoli possono, partendo dai propri profili, indicare ai gestori delle piattaforme, la nocività di alcuni gruppi, eventi o attività permettendo in caso, di rimuovere le pagine indicate e di “bannare” (bloccare l’attività) coloro che le amministra.
Il 25 gennaio scorso questo è accaduto con la pagina HDP Italia, gli amministratori sono stati bloccati e per oltre 24 ore è stato impedito loro di svolgere il loro ruolo di operatori dell’informazione. Gli amministratori della pagina Fb hanno diramato un comunicato rimasto inascoltato in cui fra l’altro si afferma “Non è ovviamente la prima volta che Facebook se la prende con pagine e profili filo curdi o critici nei confronti di Erdogan. I profili dei cittadini turchi di origine curda residenti in Italia o altri paesi europei vengono regolarmente oscurati, così come quelli di molti italiani solidali. È sufficiente pubblicare immagini di guerriglieri curdi, compresi quelli siriani impegnati nella lotta contro l’Isis, o che contengano simboli in qualche modo riconducibili al PKK per cadere vittima delle segnalazioni provenienti dalla Turchia. Era successo anche al noto fumettista Zerocalcare, che si era visto censurare, sempre da Facebook una sua vignetta, la cui colpa era quella di denunciare il massacro di civili nella città di Cizre, provocato dall’esercito turco.
“Tuttavia, questa volta c’è qualcosa di più, c’è un salto di qualità, perché è stata oscurata una pagina di sostegno a un partito legale, che alle ultime elezioni ha raccolto più del 10% dei voti, che dispone di oltre 50 deputati nel parlamento turco e che esprime il governo locale in molte città delle zone curde della Turchia”.
Dopo numerose richieste le pagine sono state ripristinate perdendo comunque dati preziosi.
Oggi 27 gennaio, una vicenda simile si è verificata a Torino dove, al momento in cui si scrive, la pagina del Comitato Arin Mirxan (la giovane guerrigliera che nel 2014 è morta a Kobane combattendo contro l’ISIS) è stata bloccata. Cancellata quindi la possibilità di pubblicizzare alcuni eventi, fra cui la proiezione di un film e i riferimenti per alcuni pullman che saranno utilizzati per portare attivisti e solidali a Milano e bannati, anche in questo caso gli amministratori. Solo da poco è stato attivato un profilo parziale.
Da qui alle prossime settimane c’è da attendersi ulteriori interventi di questo tipo a cui è difficile immaginare estraneo il governo turco e una presa di posizione della stampa italiana sarebbe, ad avviso di chi scrive, doverosa. In questi tempi si è fatto un gran parlare di come poter impedire che la rete divenga ricettacolo di fake, notizie bufala e spazio in cui, nell’anonimato pieno, si possono veicolare, contenuti e messaggi anche punibili penalmente. Da garantista e fautore della piena libertà di informazione responsabile e da sempre contrario ad ogni forma di bavaglio, anche operato da istituzioni pubbliche, ritengo che stia diventando ancora più importante condannare ogni forma di censura imposta di fatto da privati.
STEFANO GALIENI
foto tratta da Pixabay