Nel momento peggiore della relazione tra Cina e Usa, dopo la «luna di miele», come è stata definita dagli osservatori internazionali, tra Donald Trump e Xi Jinping, la Corea del Nord di Kim Jong-un ha annunciato un nuovo test missilistico. Questa volta – secondo i media nord coreani – si tratterebbe di un missile intercontinentale. Saranno necessarie verifiche per capire davvero che tipo di test sia stato, perché alcuni scienziati americani hanno già creato sufficiente scompiglio sostenendo che ora come ora la Corea del nord potrebbe «raggiungere l’Alaska», mentre esperti – ad esempio quelli russi – sostengono che potrebbe essersi trattato, in realtà, di un missile a medio raggio.
Le valutazioni sui lanci di Pyongyang diventano materia di propaganda, una sorta di «meta-propaganda» tra Usa, Russia e Cina, innervata su quella, originale, di Kim Jong-un il cui test missilistico, al quale avrebbe assistito personalmente, conferma il suo indubitabile tempismo a capire come gira il fumo dalle parti della penisola coreana, inserendosi così nelle prime crepe del rapporto apparentemente idilliaco tra Donald Trump e il presidente cinese Xi Jinping.
Partiamo dal test: si sarebbe trattato di un Hwasong 14; avrebbe volato in 39 minuti per circa 933 chilometri, raggiungendo un’altezza di 2.802 chilometri. Questi sono i dati forniti ieri dall’accademia della difesa di Pyongyang che ha definito il test un «successo».
Sembrerebbe che i dati forniti dalla Corea del Nord siano coincidenti in pieno con quelli rilevati dagli esperti americani e e sudcoreani: di sicuro sarebbe la prima volta che un missile nordcoreano copre quella distanza, raggiungendo quell’altezza. Non a caso ieri la grancassa mediatica di Kim Jong-un ha specificato: «Ora possiamo colpire ovunque».
Reazioni glaciali da Stati uniti, Cina, Giappone e Corea del sud, con i dovuti distinguo. Poche ore prima del lancio, Trump aveva affidato al New York Times parole decisamente poco piacevoli per le orecchie dei cinesi: «Sono frustrato della mancata determinazione della Cina, a questo punto posso agire da solo per mettere pressione alla Corea del Nord».
Dopo il test, Trump ha affidato a Twitter la sua reazione: «La Corea del Nord ha appena lanciato un altro missile: questo tipo (Kim Jong-un, ndr) non ha niente di meglio da fare nella sua vita. È difficile credere che la Corea del Sud e il Giappone sopporteranno ancora a lungo. Forse la Cina si muoverà pesantemente contro la Corea del Nord e finirà questa sciocchezza una volta per tutte!»
Pechino ha chiesto «moderazione», denunciando la violazione nordcoreana delle risoluzioni dell’Onu, (e Mosca sarebbe concorde) ma la situazione sembra ormai compromessa proprio nella relazione con gli Stati uniti. Nei giorni precedenti il test di Kim, la Cina aveva protestato contro la vendita di armi americane a Taiwan. Nel corso di una telefonata Xi aveva ribadito a Trump la necessità che gli Usa ricordassero l’importanza del riconoscimento di «una sola Cina». Poi gli Usa hanno accusato Pechino di essere al centro delle trame dello «human trafficking»; infine una nave da guerra americana ha fatto capolino nelle acque di cui la Cina rivendica la sovranità.
E ieri Trump con quel «agisco da solo» ha nuovamente pizzicato le corde della sopportazione cinese. Ad Amburgo – al G20 – i leader si incontreranno chiarendo forse anche il mancato avvio di alcuni accordi sottoscritti ma non ancora operativi. Di sicuro peggiora la situazione nella penisola coreana e nell’area asiatica. Lo scontro tra Cina e Usa non pare trovare una soluzione. Trump non è intenzionato ad abbandonare l’Asia a Pechino, creando continui momenti di tensione. Al resto ci pensa Kim.
SIMONE PIERANNI
foto tratta da Pixabay