La campagna referendaria per il NO ad una ennesima contro-riforma che investe la nostra Costituzione questa volta la farà anche un comitato formato quasi esclusivamente da giovani. E’ una novità interessante, che regala un po’ di ossigeno democratico in un contesto in cui all’afa estiva si aggiunge quella che rischia di prodursi durante settimane che non saranno facili per spiegare il perché esistono molti “marziani” che si oppongono al tanto di moda “taglio dei parlamentari”.
Anche se in queste ultime settimane molte crepe si sono aperte nel fronte del SI’ e tanti costituzionalisti, intellettuali, giornalisti e persino deputati e senatori, nonché amministratori locali stanno apertamente sostenendo il NO. Il tutto si somma allo schieramento in difesa della Costituzione: ANPI, ARCI, la Fondazione “Giulio Einaudi“, Sinistra Italiana, Rifondazione Comunista, Sinistra Anticapitalista, +Europa (Emma Bonino), Partito Socialista Italiano, Europa Verde, Azione (Calenda), Unione di Centro, il Movimento per gli Italiani all’Estero, Centro Democratico, alcuni esponenti di Forza Italia, i Radicali Italiani, singoli esponenti del PD e alcuni persino del Movimento 5 Stelle. Anche la CISL sta prendendo posizione per il NO. Nel mondo della stampa, da “L’Espresso” a “la Repubblica“, da “il manifesto” a “La Stampa” (Massimo Giannini ne ha scritto proprio oggi), il mondo degli aderenti alle posizioni del NO si va allargando di giorno in giorno.
La presentazione della riforma voluta dai Cinquestelle viene infarcita con argomentazioni estremamente popolari: tanto quanto lo sarebbe distribuire ai bambini moderni biglietti un altrettanto moderno “paese dei Balocchi”. Per i grillini l’Italia potrebbe essere questo una volta tagliato il Parlamento. Ma è davvero così? Si tratta di un risparmio per le casse dello Stato? Il dimagrimento delle due Camere servirà a snellire i processi burocratici previsti dai Costituenti nel 1948? Saranno spazzati via i corrotti in questo modo e avremo un Parlamento dove alla quantità si sostituisce la qualità?
Sono tutte domande lecite, prodotte dal vizio iniziale di questa consultazione referendaria che chiama tutte e tutti noi ad esprimerci il 20 e il 21 settembre unitamente alle elezioni regionali: si tratta dell’ormai celeberrimo “election day”, così si risparmia, dicono sempre dalle parti pentastellate del governo. Ma sarà vero anche questo? Oppure ci troviamo innanzi ad un ennesimo trucchetto per impedire una piena consapevolezza dei temi che il referendum?
Ne parliamo con Jacopo Ricci, Coordinatore nazionale di “NOstra! – Comitato giovanile per il NO al referendum”.
Partendo dall’inizio della nostra introduzione, una domanda per conoscere meglio “NOstra!”: come mai un gruppo di giovanissimi provenienti da varie esperienze politiche e sociali ha deciso di impegnarsi in quella che per alcuni è una battaglia senza speranza?
Chi ha deciso di impegnarsi in questa mobilitazione ha sentito forte il richiamo a battersi per la difesa dell’ordinamento costituzionale nato dalla Resistenza. La spinta propulsiva all’azione è venuta dall’insopportabile retorica grillina sul risparmio che si sarebbe ottenuto con il taglio. E dal relativo svilimento del ruolo del Parlamento, che in tutte le costituzioni contemporanee è nesso tra popolo e istituzioni.
Il referendum si giocherà molto sul tema del “costo della politica”. Una politica odiata, invisa alle fasce più deboli della popolazione, dove la democrazia è apertamente in crisi poiché incapace di contenere l’espansione di una povertà che – a causa anche dell’emergenza sanitaria in corso – si amplierà ancora di più. Questa volta il pericolo non arriva da destra…
I costi della politica sono una necessità in un Paese moderno e occidentale. I partiti devono avere di che sostentarsi autonomamente, così da non rivolgersi a lobbies e a gruppi di interesse per ottenere il denaro necessario all’attività politica. Serve una legge sui partiti e serve la reintroduzione del finanziamento pubblico, attraverso procedimenti trasparenti e chiari, sottoposti all’attenzione mediatica da parte dell’opinione pubblica. Dobbiamo respingere l’idea che la politica non costa.
Chi porta avanti questa concezione è chi la politica può pagarsela da sé, perché ha risorse o sa di poterle ottenere da finanziatori privati. Ma non basta: la politica per tornare ad avere credibilità deve dare un segnale forte. Una riduzione dell’indennità dei parlamentari andrebbe in questa direzione, così come una sua commisurazione in proporzione al numero di sedute in aula e in commissione a cui si è preso parte. Non possiamo più sopportare le fotografie di aule disertate dagli eletti dei cittadini.
Risposte sociali non se ne vedono, mentre torna seducente l’idea di “un uomo solo al comando”, di “pieni poteri”. Non credi che sarebbe utile spiegare che la difesa apparentemente “formale” della democrazia è, in realtà, tutela tanto dei diritti civici e civili quanto di quelli sociali?
Questione istituzionale e questione sociale sono in stretta correlazione. Le istituzioni tenderanno a promuovere politiche popolari di protezione delle fasce deboli della società se sarà riattivato il vincolo di responsabilità degli eletti nei confronti degli elettori.
Se gli eletti non dovranno rispondere agli elettori ma alle segreterie di partito per ottenere ricandidature, non avranno alcun interesse a perseguire gli interessi popolari. Per questo è anche fondamentale il ragionamento sulla legge elettorale: quale sistema può favorire meglio la costituzione di un nesso di responsabilità tra eletto ed elettore? Noi pensiamo che la migliore soluzione sia la reintroduzione delle preferenze. Ma se ne può discutere.
Una delle argomentazioni più facili per i sostenitori del SI’ è un tamburellante ricorso a quelle che vengono proposte come ovvietà: un Parlamento con meno deputati e meno senatori è “ovvio” che costi meno, è “ovvio” che consenta passaggi meno farraginosi nel sistema del bicameralismo perfetto, è “ovvio” che favorisca la qualità della rappresentanza se pure a scapito della quantità. Tutta questa “ovvietà” è veramente tale?
Sono argomenti faziosi e mistificatori. Non ci sarà maggiore efficienza. Ci sarà la stessa inefficienza, ma con numeri ridotti. Nella sostanza, i problemi delle Camere rimarranno inalterati, con la differenza che il sistema democratico sarà danneggiato. Il quesito referendario non implica le questioni dell’efficienza: non si toccano i procedimenti legislativi; né sono stati modificati i regolamenti. Chi sostiene queste posizioni parla del nulla.
Uno dei pregi di “NOstra!” è, a quanto ci è dato vedere, la semplicità della comunicazione: fin dai mesi precedenti la chiusura totale dovuta al Covid-19, vi eravate già spesi molto sui social con tanti slogan e volantini che con immediatezza presentavano i punti cardine del NO. E’ possibile fare arrivare questi messaggi soprattutto a chi è digiuno di politica in un Paese dove viene coltivato da tempo e scientemente un distacco tra cittadini e istituzioni?
Informare in modo semplice ma senza sacrificare i contenuti è un dovere, non una possibilità. Non possiamo pensare che le persone aderiscano alle nostre posizioni senza essere guidate da una comunicazione essenziale ma efficace. E se perderemo, sarà nostra responsabilità: vorrà dire che non saremo stati sufficientemente chiari.
Siamo per la strada, al bar, in metropolitana o sull’autobus: come controbattiamo alle “ovvie” argomentazioni dei promotori della controriforma? Tre motivi, questa volta veramente “ovvi”, inappuntabili, per dire sicuramente NO il 20 e 21 settembre.
Ricordando ai promotori che in Basilicata e Umbria i senatori passeranno da 7 a 3. In Basilicata da 10 a 6. Meno rappresentanti vuol dire meno spazio per i cittadini. E alla fine le decisioni prese da pochi saranno vincolanti per tutti: anche per quelli che sono spazzati fuori. Con i cittadini bisogna essere chiari: vi stanno fregando.
Grazie Jacopo. Buon lavoro a tutte e tutti noi!
MARCO SFERINI
23 agosto 2020
foto tratte dalla pagina Facebook nazionale di NOstra!