La tredicesima edizione del Congresso mondiale delle famiglie (World Congress of Families, WFC) che si terrà a Verona dal 29 al 31 marzo vanterà il patrocinio del governo. Lo ha confermato il ministro della Famiglia Lorenzo Fontana durante il question time a Montecitorio, affermando di non aver ricevuto richieste di ritiro del patrocinio «né di natura politica, né amministrativa, ma solo richieste di approfondimento a cui abbiamo dato puntuali risposte».
L’evento vedrà la partecipazione di politici, associazioni e esponenti ecclesiastici da tutto il mondo. Sono previsti 150 relatori tra i quali spiccano nomi noti per le posizioni cattoliche oltranziste, l’attivismo anti-lgbtq e le battaglie antiabortiste. Tra gli obiettivi dichiarati quello di consolidare un’alleanza internazionale che promuova la famiglia «naturale» e tradizionale, in grado di influenzare le scelte politiche dei governi, con una particolare attenzione alle prossime elezioni europee.
Non ci sarà invece il Forum delle Associazioni familiari, ente che raggruppa le più importanti espressioni civiche del mondo cattolico impegnate nella tutela della famiglia. Un’assenza accompagnata dalle parole prudenti del Vaticano, che tramite il Segretario di stato monsignor Parolin ha dichiarato che la Santa sede condivide i temi ma non «le modalità» del meeting. Si profila all’orizzonte l’anomalia per cui un congresso dell’estremismo cattolico, ritenuto troppo scomodo persino dal Vaticano, trova però il patrocinio di un governo laico e la partecipazione diretta di tre ministri: Fontana, Salvini e Bussetti. L’esitazione dei vertici ecclesiastici non stupisce visti i nomi che gravitano intorno all’avvenimento. Basti pensare che l’edizione precedente si è tenuta in Moldavia sotto l’egida del presidente Igor Dodon, apertamente contrario all’omosessualità, mentre quella del 2017 era stata ospitata e patrocinata dal premier ungherese Viktor Orbán. Di questo circuito, che più che all’associazionismo religioso fa riferimento all’estrema destra europea e mondiale, rimane ostaggio l’M5S, che nonostante la netta presa di distanza dello stesso Di Maio, nulla sembra poter fare per evitare che il governo di cui è parte compaia tra i promotori dell’iniziativa. I pentastellati hanno annunciato che nessuno di loro presenzierà all’incontro ma rimangono ancora una volta inermi rispetto al decisionismo leghista. La dem Giuditta Pini, autrice dell’interrogazione a Fontana, incalza: «I sottosegretari Buffagni e Spadafora stanno mentendo, visto che da settimane affermano che non c’è nessun patrocinio e se c’è è in corso un’istruttoria per revocarlo».
Ma è soprattutto fuori dalle Camere che fioccano le proteste. Una pagina Fb invita a boicottare tutti gli alberghi ed esercizi commerciali che presteranno i loro servizi alla logistica dell’evento. E un appello dell’Università di Verona, firmato dal rettore Nicola Sartor e da altri 500 tra docenti e ricercatori, critica aspramente i contenuti dell’iniziativa, in particolare le tesi di alcuni tra i relatori «prive di fondamenti scientifici».
L’opposizione al congresso non rimarrà solo virtuale. Per sabato 30 è stata convocata una manifestazione nazionale dal movimento femminista Non Una di Meno. Dal sito del network e dalle pagine social procede l’orgnizzazione dei bus che partiranno da tutta Italia. Hanno aderito tantissimi collettivi, associazioni, centri anti-violenza impegnati nella difesa dei diritti delle donne e delle soggettività lgbtq. «Il Congresso mondiale delle famiglie è una delle difese scomposte di fronte alla potente sollevazione globale delle donne che sta facendo saltare un ordine basato su coercizioni, sfruttamento e gerarchie», si legge nell’appello di convocazione della piazza.
SHENDI VELI
foto tratta da Pixabay