Se sarà davvero autunno caldo si vedrà fra qualche settimana, intanto però la comunità scolastica è in mobilitazione e non sarebbe peregrino aspettarsi che la miccia parta proprio dal settore dell’istruzione. I problemi endemici (bassi stipendi degli insegnanti, precariato, classi pollaio) sono aggravati dall’inflazione che ha reso la crisi salariale e sociale ancora più insostenibile.
A questi si aggiunge l’impronta autoritaria e classista che il governo di destra ha impresso fin dai suoi primi atti sull’istruzione, a partire dal chiodo fisso del titolare del dicastero, Giuseppe Valditara, per la disciplina e le sanzioni agli studenti (esplicitato durante la nota gaffe sul «valore educativo dell’umiliazione»).
I fronti aperti sono quindi due: il primo riguarda le condizioni con cui le scuole riapriranno, tra meno di due settimane. Il secondo riguarda «la riforma della scuola mascherata», come è stata definita da più parti, è cioè quell’insieme di provvedimenti, a partire dall’autonomia differenziata, che potrebbero definitivamente sganciare l’istruzione dalla sua funzione pubblica e dal suo mandato costituzionale, per renderla giusto un momento di apprendistato in funzione di un mercato del lavoro escludente e mutevole.
Nonostante l’annuncio di Valditara, del 4 agosto scorso, sull’assunzione (già ampiamente prevista) di 62 mila precari tra docenti e personale amministrativo, l’avvio dell’anno scolastico risulterà ancora problematico per le famiglie degli studenti e i lavoratori del settore che troveranno ancora una volta migliaia di cattedre scoperte. Come spiega Gianna Fracassi, segretaria generale Flc Cgil, «il prossimo anno scolastico ci saranno oltre 200mila supplenze annuali a cui si aggiungeranno le supplenze temporanee».
La questione si pone anche per gli Ata, cioè il personale tecnico: secondo Ivana Barbacci, segretaria generale Cisl Scuola «il tasso di precarietà che si registra in questo settore è destinato ad aumentare, le nomine autorizzate, infatti, coprono a malapena il 30% dei posti vacanti». Inoltre il tema delle classi pollaio è stato a malapena affrontato dal nuovo governo, che ha, invece, forzato sul dimensionamento degli istituti.
«Una delle riforme previste nel Pnrr era ridurre il numero alunni per classe, invece si riducono le autonomie scolastiche e non si riducono gli alunni, cioè si usa l’alibi del Pnrr per tagliare – osserva ancora Fracassi – Ma il dimensionamento previsto come riforma del Pnrr non c’entra nulla con quanto sta facendo Valditara che è aggiuntivo a quanto già determinato».
Stando ai primi dati, anche le domande di trasferimento degli insegnanti non stanno dando i risultati degli anni scorsi: in Emilia Romagna, ad esempio, sono state assegnate appena 17 cattedre fisse su 2.137 vacanti. Il perché è presto detto: le spese per gli affitti e i trasporti sono diventate insostenibili, tanto più a fronte di un compenso mensile che per i docenti si attesta sui 1200/1300 euro al mese.
Tutte queste questioni endemiche si inseriscono in un completo capovolgimento ideologico della missione della scuola. Il governo Meloni sta portando a compimento quanto cominciato dai governi Berlusconi, con la famigerata riforma Gelmini, e continuato con la “Buona Scuola” del governo Renzi.
«Ci attende la scuola del Pnrr, le future aule innovative, i laboratori professionalizzanti, le nuove funzioni di tutoraggio dei docenti, il cui scopro sarà “orientare” gli studenti, ovvero abituarli fin da giovanissimi ad un adattamento permanente e il futuro “piano per il sud” annunciato da Valditara, che affida all’Invalsi la gestione tecnocratica della dispersione scolastica, misurata come fragilità dei singoli studenti», sintetizza Rossella Latempa, insegnante di matematica e fisica e membro della redazione di Roars (Return On Academic ReSearch).
A questo si aggiunge la riforma, in senso privatistico, degli istituti tecnici e professionali in arrivo (destinata alla fasce sociali a reddito basso e con corsi di soli 4 anni) e le conseguenze, ormai segnalate da diversi studi, dell’autonomia differenziata sulle scuole del Meridione. «Se mettiamo insieme dimensionamento scolastico, autonomia differenziata e l’attacco che è in atto nella scuola secondaria, con un’idea di privatizzazione di interi pezzi del sistema pubblico di istruzione, siamo pronti a un settembre di iniziative e mobilitazioni», chiosa la segretaria generale Flc Cgil.
LUCIANA CIMINO
Foto di Yan Krukau