Al caos sudanese mancava solo la spunta blu à la Musk: mercoledì sera un falso account Twitter delle Rapid Support Forces (Rsf), provvisto della spunta a pagamento voluta dal nuovo patron della piattaforma, ha dato per morto il leader della milizia paramilitare, Mohamed Hamdan Dagalo. Il tweet è stato rilanciato innumerevoli volte, visualizzazioni a milioni. Dagalo in realtà è vivo e vegeto, la nuova funzione di Twitter non ha fatto altro che moltiplicare il caos – il vero account delle Rsf la spunta blu non l’ha pagata e non ce l’ha.
Intanto sul campo si continua a combattere. Da una parte le Rsf (forza pretoriana creata nel 2013 dall’ex dittatore Bashir, padre tradito nel 2019), dall’altra l’esercito regolare, nonostante un cessate il fuoco «umanitario» di 72 ore (mossa unilaterale di Dagalo) che sarebbe dovuto entrare in vigore ieri mattina alle 6 e che ha spinto migliaia di sudanesi a tentare la fuga dalla capitale Khartoum. Solo in serata l’esercito ha annunciato l’adesione alla tregua, subito violata.
A quasi una settimana dall’inizio della guerra intestina alle forze armate, diversi analisti danno l’esercito in vantaggio e la popolazione civile (barricata in casa) schierata contro Dagalo. Non per fedeltà alle uniformi guidate da Abdel Fattah al-Burhan, presidente del Consiglio sovrano di Transizione, leader de facto dopo il golpe dell’ottobre 2021.
Ma per il rigetto delle brutali pratiche repressive delle Rsf, nella speranza che – eliminato quel fardello – sia meno utopica la transizione verso un potere civile paventata di nuovo ieri in video-messaggio da al-Burhan in occasione della festa di fine Ramadan, l’Eid al-Fitr. Lui e Dagalo, ex alleati di comodo, la promettono da un anno e mezzo, mai concessa.
Si combatte aspramente a Khartoum, in particolare sulla strada per Port Sudan, Gezira e Kassala, primaria via di rifornimento per le parti. Le Rsf avrebbero perso il controllo delle basi conquistate. Non ne avrebbero in mano più nessuna.
Certezze, poche. Tra queste il bilancio delle vittime, probabilmente al ribasso, fornito ieri dall’Organizzazione mondiale della Sanità: 413 morti, 3.551 feriti. E una crisi abnorme: nelle zone degli scontri mancano acqua, cibo, medicine e generatori di corrente.
Cinquantacinque ospedali – dice ad al Jazeera Ali Basheer del Sindacato dei Medici – hanno cessato le attività. In questo clima ieri montavano i lanci di agenzia sull’evacuazione di cittadini e diplomatici europei e statunitensi dal Sudan: per ora la Casa bianca è in attesa, già mobilitate Spagna, Svezia e Germania.
CHIARA CRUCIATI
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