La battaglia contro l’autonomia differenziata ha già prodotto un risultato: una reale convergenza a sinistra, almeno su questo singolo scopo. Sono 34 i soggetti che oggi in Cassazione presenteranno il quesito. Ai 33 previsti si è aggiunta anche Italia Viva che lo ha comunicato con il consueto metodo della newsletter di Matteo Renzi.

La lista è rappresentativa di ciò che negli ultimi anni è stato percepito come opposizione sociale alle politiche delle destre. «È un mondo vastissimo – ha detto il segretario generale della Cgil, Maurizio Landini – ci sono tutte le associazioni che con noi hanno dato vita alla Via Maestra, tutte le forze politiche di opposizione, tante personalità e intellettuali».

Oltre ai partiti di minoranza (oggi a piazza Cavour ci saranno Elly Schlein, Nicola Fratoianni, Angelo Bonelli, Conte, Maurizio Acerbo, Riccardo Magi, Raniero La Valle) e a Cgil e Uil, le adesioni vanno dal Forum Diseguaglianze e Diversità, all’Arci, alle Acli. Naturalmente l’Anpi, che su questo tema insiste da mesi, e Libera.

Ci sono la Rete dei Numeri Pari, Demos, Ali (Autonomie Locali Italiane) e poi il Coordinamento Nazionale comunità di Accoglienza (Cnca), Legambiente e Wwf, gli universitari di Link, la Rete degli Studenti Medi e l’Unione degli Studenti. Poi i comitati specifici come quello No Ad e il Coordinamento per la democrazia costituzionale di Massimo Villone.

Le adesioni individuali come quella dei costituzionalisti Alessandra Algostino, Gaetano Azzariti e Claudio de Vincenti, già ministro per la Coesione Territoriale e il Mezzogiorno nel governo Gentiloni. Oggi in Cassazione ci saranno anche Rosy Bindi e Franco Bassanini. L’ex ministro, nelle scorse settimane, si era visto costretto a mandare una rettifica ai giornali perché veniva menzionato come autore della Riforma del Titolo V.

Il sottotesto degli articoli in questione serviva a sottolineare l’incoerenza dei principali partiti di centro sinistra sull’autonomia. Una ricostruzione che Bassanini ha contestato.

«Vogliamo essere certi – ha spiegato Landini – che ci sia il referendum a indicare che oltre alla volontà politica delle Regioni c’è la volontà politica degli italiani di non accettare una legge balorda che mette in discussione la dignità e l’unità di questo Paese». Nei consigli regionali si tenta di calendarizzare anche gli altri referendum. A partire dalle cinque regioni governate dal centrosinistra.

Il consiglio regionale della Toscana discuterà presto di due proposte di deliberazione per l’indizione del referendum: una per l’abolizione totale della legge Calderoli, l’altra solo di un’ampia parte nel caso non fosse ammissibile l’intera abrogazione. A Cagliari oggi verrà costituito il Comitato sardo contro l’Autonomia differenziata.

Mozioni per presentare il quesito sono state depositate dall’apposizione anche in regioni governate dalla destra come Molise, Umbria e Calabria. In quest’ultima il presidente forzista Occhiuto si sta barcamenando da giorni tra la fedeltà allo schieramento e l’oggettiva questione della devoluzione che penalizzerebbe in modo particolare questo territorio.

«Se mancano le risorse – ha detto ieri Occhiuto – il provvedimento rischia di restare una scatola vuota, non solo per il Sud, anche per il Nord, comprese le materie che per essere trasferite alle Regioni non richiedono i Lep. Ma soprattutto per i Lep non c’è neppure un euro e, visto che abbiamo ancora davanti due anni per definire i Livelli, non capisco perché la riforma sia stata votata di notte e in fretta».

Per correre ai ripari il segretario di Fi, Tajani, già in una strettoia a causa delle recenti dichiarazioni sui diritti sociali di Marina Berlusconi, e delle manovre a vuoto di Meloni in Europa, ha annunciato l’istituzione di un Osservatorio di partito per valutare l’iter della riforma esteso a tutti i presidenti di regione di Fi e alla ministra Casellati.

Evidenti crepe nel monolite di destra che stanno facendo confondere il siciliano Nello Musumeci, ministro della Protezione civile. Se mercoledì bacchettava la fuga in avanti di Zaia, ieri ha accusato il Sud di avere «la sindrome di Calimero» e i governatori contrari di essere diventati «tante Maddalene pentite».

LUCIANA CIMINO

da il manifesto.it

foto: screenshot tv