Si ritroveranno oggi al ministero dello Sviluppo economico per riprendere una trattativa che in realtà non è mai realmente iniziata. Da un lato i rappresentanti di ArcelorMittal che guida la cordata AmInvestCo in procinto di acquisire gli asset del gruppo Ilva, e dall’altro i sindacati confederali che soltanto nella giornata di ieri hanno ottenuto l’ok a partecipare al tavolo, e le sigle dei metalmeccanici Fiom, Fim, Uilm e Usb. Sul tavolo il piano industriale del colosso dell’acciaio, che oltre a uno scaglionamento dei livelli produttivi sino al 2023, prevede 10 mila assunzioni sulle attuali 14 mila unità, 4 mila esuberi che resteranno nella società Ilva in amministrazione straordinaria sino al 2023 con la copertura degli ammortizzatori sociali.
LA TRATTATIVA, DOPO le tensioni delle scorse settimane, dovrebbe ripartire con il riconoscimento degli attuali livelli salariali e degli scatti di anzianità raggiunti dagli operai da parte di ArcelorMittal, con un confronto soltanto sul salario variabile. Restano però ancora della situazioni irrisolte, come ad esempio i lavoratori dell’indotto, pari ad oltre 7mila unità, di cui al momento non è facile prevedere il destino.
La vertenza Ilva resta quindi alquanto tesa e complessa, oltre che spacchettata nelle varie realtà in cui il gruppo è presente da decenni con i suoi stabilimenti. La tensione è particolarmente alta a Genova, dove la Fiom Cgil ha occupato da lunedì la fabbrica di Cornigliano: un’azione che ha visto la netta contrarietà di Fim e Uilm, lo «stupore» del ministro dello Sviluppo economico Carlo Calenda per la tempistica dell’azione nel momento decisivo della trattativa con ArcelorMittal che ieri ha parlato di clima «antindustrialista» tutto italiano, una denuncia in Procura a Genova dell’azienda nei confronti della stessa Fiom, ma la solidarietà di molti cittadini e di tanti lavoratori di varie realtà produttive genovesi, da Fincantieri a Selex, ad Ansaldo Energia.
AL CENTRO DELLA PROTESTA c’è sempre la richiesta che l’accordo di programma del 2005, che tutela l’occupazione e il reddito degli oltre 1500 lavoratori genovesi, non subisca alcuna modifica con il passaggio ad ArcelorMittal, che invece per il sito di Cornigliano ha previsto 600 esuberi. «Per noi bisogna trovare modo di convocare un tavolo per Genova sull’accordo di programma – ha dichiarato il segretario della Fiom Cgil di Genova, Bruno Manganaro – perché quell’accordo aveva un piano industriale e se ora Mittal ne presenta un altro ci deve dire come si incastra con l’occupazione, con il tema delle aree demaniali, con la Società per Cornigliano. Se si strappa l’accordo rischia di mettere in crisi tutto sistema. La regione pensa che l’accordo di programma sia valido e se qualcuno intende modificare deve dire come».
Di contro a Taranto, dove ArcelorMittal ha previsto oltre 3 mila esuberi, si attende in un silenzio carico di tensione l’esito dell’incontro odierno. Nei giorni scorsi il ministero dello Sviluppo ha autorizzato i commissari straordinari a predisporre la fase zero per i lavori di cantiere della copertura dei parchi minerali, una delle prescrizioni più importanti previste del piano ambientale che i nuovi proprietari dovranno rispettare. Nella speranza di accorciarne i tempi di attuazione previsti in non meno di tre anni, con i costi che saranno interamente a carico di ArcelorMittal. Per molti, in particolare la Fiom Cgil e diverse associazioni, un’azione che sa di specchietto per le allodole per stemperare la tensione delle ultime settimane.
INTANTO PERÒ, PROPRIO ieri la commissione Antitrust dell’Unione Europea ha comunicato l’avvio della fase 2 dell’indagine approfondita sull’acquisizione di ArcelorMittal dell’Ilva: in particolar modo per quanto concerne la produzione di laminati piani di acciaio al carbonio. L’indagine preliminare ha evidenziato alcuni problemi, in relazione in particolare alla combinazione dell’offerta dei due gruppi su una serie di prodotti laminati piani, in particolare laminati a caldo, laminati a freddo e laminati in acciaio zincato. In questa fase infatti, la Commissione teme che, in conseguenza della transazione, i clienti possano trovarsi a pagare prezzi più elevati per questi materiali.
GIANMARIO LEONE
da il manifesto.it
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