L’ “operazione D’Alema” continua a risultare piuttosto interessante. Sostiene l’ex capo del governo che la vittoria del NO significherebbe la fine del “Partito della Nazione”.
Conveniamo con lui su questo giudizio e anche su altri che ha espresso nell’assemblea che ha convocato al Cinema Farnese a Roma: la vittoria del NO non soltanto salva la Repubblica da una deriva autoritaria messa in essere con la spregiudicata galanteria dell’apparente mantenimento della democrazia sostanziale e formale, ma protegge un sistema di garanzie sociali.
Si sente in giro l’argomentazione contraria e personalistica: “La presenza di D’Alema aiuta più il SI’ del NO. Lui è un vecchio arnese del passato.”. Per giunta molto poco amato anche da chi vi scrive. Anzi, lontano anni luce dalle politiche di espansione dei diritti del lavoro, sociali in generale.
Ma è importante che si aprano contraddizioni dentro quella grande anomalia che, non mi stancherò mai di dirlo, scriverlo e ripeterlo dunque, si chiama “Partito democratico” e che è diventato altro da sé stesso rispetto a quando era stato fondato per governare gli interessi della borghesia italiana.
Il PD si è trasformato in un apparato di potere politico a sostegno del potere economico più spregiudicatamente finalizzato alle contrattazioni borsistiche, alla concorrenza dei mercati, al liberismo sfrenato di un turbocapitalismo irrefrenabile.
La finzione iniziale di unire cultura socialdemocratica e cultura democratico cristiana per un grande partito riformatore che tutelasse le classi più deboli come forma “moderna” di sinistra è stata fagocitata dal renzismo, dal rampantismo e da un moderno sincretismo incredibilmente transitato per le menti vuote di milioni di persone affascinate da un modernismo altrettanto vuoto e privo di cultura e idealità politica.
(m.s.)
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