«Siria, 500 marine e milizie curde schierate verso Raqqa, raid aereo Usa fa strage di sfollati», così titolavamo una nostra pagina ieri. Ecco il punto. Se si rimuove e cancella la guerra in corso, gli strumenti di analisi per comprendere gli attentati jihadisti come quello sanguinoso di Londra, è un grave danno non solo alla verità ma anche all’intelligenza.
La scia di sangue, che è tornata fin nella recinzione del parlamento britannico e a un anno esatto dagli attacchi a Bruxelles, dura infatti da troppo tempo. È una seminagione che parte dall’11 settembre 2001 a New York, arriva in Europa, prima in Spagna, poi a Londra e di seguito a Parigi, prima Charlie Hebdo poi, con una vera azione di guerra imparagonabile al ponte di Westminster, al Bataclan.
Dietro, impossibile non vedere, la diaspora di Al Qaeda troppo presto data per liquidata dopo l’uccisione di Osama bin Laden e invece riattivata in tutto il Medio Oriente con nuovi gruppi affiliati; e altrettanto incredibile tacere la lunga stagione della guerra occidentale nella vasta aerea mediorientale, dall’Afghanistan, dove dura da 16 anni e che nel solo 2016 ha prodotto 11.400 vittime civili, all’Iraq che era «missione compiuta» nel 2003; alla Libia e alla Siria dove la coalizione ibrida di Paesi europei, Usa, Turchia e petromonarchie del Golfo tentava lo stesso colpo riuscito a Tripoli con Gheddafi.
Se si rimuove questa ombra feroce che pesa sulla democrazia occidentale, vale a dire l’adesione e la promozione di conflitti bellici almeno negli ultimi venti anni, ecco che il terrorismo jihadista diventa indecifrabile.
E invece i suoi codici sono ben leggibili ai nostri occhi.
Eppure ci si richiama alla necessità del modello israeliano, dimenticando che anche per l’Onu Israele occupa militarmente i territori palestinesi.
TOMMASO DI FRANCESCO
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