Cortei meno importanti, salvo a Parigi, con una presenza più forte di giovani esasperati dal ricorso al 49.3, con un numero crescente di università e di licei in agitazione (rispettivamente un’ottantina e più di 500).
Scioperi in calo, dalla scuola alla funzione pubblica, anche se ci sono ancora blocchi stradali e proteste diffuse, per la decima giornata di mobilitazione contro la riforma delle pensioni. Alcuni simboli, come la Tour Eiffel, l’Arc de Triomphe o Versailles sono rimasti chiusi, la benzina manca ormai un po’ dappertutto nel paese, nelle stazioni c’è stata confusione, molti voli annullati anche nei prossimi giorni.
La Cgt ha annunciato la ripresa del lavoro, oggi, dei netturbini di Parigi, dopo 23 giorni di sciopero (resta però in agitazione la Cgt Energia, agli inceneritori).
Ma l’indignazione e l’incomprensione verso il governo e l’Eliseo crescono. Ieri, l’intersindacale, su proposta del segretario della Cfdt, Laurent Berger, ha chiesto al governo di «entrare in un processo di mediazione», nominando due-tre personalità per discutere sul fondo della riforma, in attesa del parere del Consiglio Costituzionale, che dovrebbe intervenire entro il 21 aprile, cioè in tempi troppo lunghi vista la tensione. «Non abbiamo bisogno di mediatori per parlarci» ha tagliato corto il portavoce del governo, Olivier Véran (ex Ps).
Il governo non intende accettare la condizione posta dall’intersindacale: sospendere l’articolo 7 della riforma, quello che alza l’età pensionabile da 62 a 64 anni, il “cuore” della legge, diventato il simbolo della sua “brutalità” per gli oppositori. Reazione indignata di Berger: «Comincia a stufare la porta chiusa alla discussione, al dialogo, è insopportabile». Per il segretario dei socialisti, Olivier Faure, «è un dito alzato» contro i manifestanti.
Per Aurélie Trouvé, della France Insoumise, «Macron semina il caos». Il candidato verde alle presidenziali, Yannick Jadot, chiede al governo di «accettare la mediazione». Per Jean-Luc Mélenchon, leader della France Insoumise, «questo governo vuole solo una cosa, far passare la legge, è folle la volontà di provocare», «questi pazzi che ci dirigono non si rendono conto che la Francia non è un paese che può essere guidato a colpi di manganello». Anche tra gli alleati di Macron c’è incomprensione: il Modem si è dichiarato ieri favorevole al ricorso alla mediazione proposta dai sindacati.
Ci sono stati momenti di tensione nei cortei a Rennes, Nantes, Bordeaux, Tolosa, Lione, Saint-Nazaire, Strasburgo e Parigi. La violenza della repressione della polizia è oggetto di 65 ricorsi al Difensore dei diritti, Claire Hédon, che stilerà un rapporto.
Ma anche su questo fronte, il governo e le autorità restano sulle loro posizioni. «La dissoluzione della Brav-M non è all’ordine del giorno», ha tagliato corto ieri il Prefetto di Parigi, Laurent Nunez, in risposta a una petizione che ha già raccolto più di 100mila firme per mettere fine alla brigata di poliziotti in motocicletta, creata ai tempi dei gilet gialli ed erede dei famigerati Voltigeurs che nel 1986 avevano uccido lo studente Malik Oussekine in rue Monsieur Le Prince.
Nei cortei, molti cartelli con «Stop Gav» (fermi di polizia), ma a Parigi ci sono stati 10mila controlli preventivi prima della manifestazione.
Il ministro degli Interni, Gérald Darmanin, che dovrà spiegarsi prossimamente all’Assemblée nationale sulla gestione dell’ordine, ieri ha annunciato la dissoluzione dell’organizzazione ecologista Soulèvement de la terre, che considera responsabile dei disordini del fine settimane a Sainte-Soline, dove negli scontri con la polizia due militanti sono stati feriti gravemente (ancora ieri erano tra la vita e morte).
La gestione dell’ordine pubblico mina la democrazia, dicono tutti gli oppositori. Per Olivier Faure (Ps), «Macron non ascolta, semina il caos», presidente e governo sembrano voler lasciar «marcire» la situazione per far cambiare idea all’opinione pubblica, una scelta «pericolosa» per la democrazia. All’Assemblée nationale, le opposizioni hanno attaccato il governo, «di fronte a una protesta come non c’è mai stata dal ’68 avete perso ogni connessione con la realtà», ha detto Clémentine Autain della France Insoumise.
Politicamente, è sempre stallo, di fronte a una crisi del funzionamento della democrazia, della decisione e dell’ordine pubblico. Renaud Labaye, deputato del Rassemblement national, commenta: non facciamo «niente, aspettiamo nascosti nell’ombra» per vincere domani.
ANNA MARIA MERLO
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