La Corte europea dei diritti dell’uomo (Cedu) ha ammesso un ricorso presentato a inizio 2023 dall’ex segretario radicale Mario Staderini e da altri cittadini contro la legge elettorale Rosatellum. Ora il governo avrà tempo fino a fine luglio per presentare una memoria difensiva.
Se il procedimento dovesse arrivare fino a sentenza, la Cedu potrebbe condannare l’Italia a modificare la legge elettorale in alcuni punti, a partire dall’attuale impossibilità di differenziare il voto tra il candidato nel collegio uninominale e le liste proporzionali. Il Rosatellum infatti prevede una sola scheda: il voto alla sola lista si trasferisce direttamente al candidato del collegio, e quello al solo candidato viene ripartito in modo proporzionale tra le liste collegate.
Tra i punti che la Cedu ha preso in esame anche l’«instabilità» delle norme elettorali, spesso modificate alla vigilia delle elezioni. «Negli ultimi 20 anni – sottolinea Staderini – ci hanno costretto ad eleggere parlamenti con leggi incostituzionali (Porcellum, ndr) o introdotte e modificate a ridosso del voto, ingenerando l’idea che i sistemi elettorali siano uno strumento che chi esercita il potere manovra a proprio favore e che il voto dell’elettore serva a poco».
Di qui la richiesta alla Corte di verificare la «compatibilità» del Rosatellum «con il diritto a libere elezioni, garantito dall’articolo 3 del protocollo 1 della Convenzione europea dei diritti umani».
Nel ricorso si afferma che prima delle elezioni del 2022 il sistema elettorale è stato modificato tre volte: con la legge costituzionale che ha ridotto il numero dei parlamentari, con la legge del 2020 sulla redistribuzione elettorale e con quella del 2022 che ha esentato alcuni partiti dall’obbligo di raccolta delle firme per la presentazione delle liste.
La decisione della Cedu risale a febbraio ma la notizia si è diffusa ieri. Palazzo Chigi sta preparando la memoria difensiva: «La Cedu ha posto delle questioni – dice il sottosegretario Alfredo Mantovano – e si sta lavorando. Ovviamente riteniamo il ricorso non fondato». Dal governo fanno sapere che il ricorso « non è stato accolto, ma soltanto dichiarato ammissibile».
La Cedu ha formualto tre domande al governo. La prima si concentra sulle modifiche apportate nel 2019, 2020 e 2022: la Corte vuole sapere se «i cambiamenti al sistema elettorale hanno minato il rispetto e la fiducia dei ricorrenti nell’esistenza di garanzie di libere elezioni». In seconda battuta chiede se il Rosatellum, impedendo il voto disgiunto, «ha violato il diritto dei ricorrenti di esprimersi liberamente sulla scelta del corpo legislativo».
I giudici europei chiedono lumi anche sulla possibilità dei cittadini di introdurre un ricorso «effettivo» davanti alle istanze nazionali, come prevede l’articolo 13 della convenzione europea dei diritti umani.
Quest’ultima fattispecie viene chiarita dal segretario di +Europa Riccardo Magi: «Dopo le elezioni del 2022 abbiamo presentato dei ricorsi su questi temi, in particolare il voto disgiunto, alla giunta per le elezioni del Senato, che ci ha risposto di non avere competenza. Ma è chiaro che non può essere un organo politico a decidere sulla legittimità della legge elettorale: come riconosce la Cedu manca un organo terzo a cui i cittadini possano rivolgersi».
Secondo Antonio Bultrini, professore di diritto internazionale all’Università di Firenze che rappresenterà i ricorrenti nel processo, «il ricorso è stato comunicato al governo ad un anno dalla sua introduzione, il che sembra indicare un esame prioritario da parte della Corte in base alla sua “Priority Policy”».
Il verde Bonelli sostiene che le obiezioni della Cedu mettano «in seria discussione la riforma sul premierato». Per due ragioni: il rischio di nuovi «cambiamenti sostanziali» della legge elettorale» a ridosso delle politiche 2027; e il collegamento previsto dalla riforma tra il voto al premier e quello per i parlamentari. Dopo la memoria del governo, Staderini e gli altri potranno presentare una contromemoria.
Poi ci sarà spazio per eventuali udienze.
ANDREA CARUGATI
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