Le sardine, sostiene Wikipedia, sono un pesce “di grande interesse economico“: se ne pescano a tonnellate ogni giorno nel Mediterraneo. I pesci soffocano atrocemente, muoiono lentamente, ma nessuno ci fa caso. Anche gli animalisti più integerrimi e risoluti pensano che gli abitanti dei mari siano esseri viventi di serie B e che il vegetarianismo riguardi soltanto la “carne” propriamente detta. Come se il “corpo” dei pesci fosse fatto di qualcosa di etereo.
Ma ci sono sardine e sardine… Quelle del mare andrebbero lasciate dove sono, come tutti gli altri esseri viventi. Ne gioverebbe l’ecosistema, ne trarrebbe beneficio la salute di tutte e tutti noi. Ma la “scelta vegetariana” è per l’appunto una scelta, un’etica, antispecista, che si abbraccia dopo un percorso non facile di scostamento dai sapori e dai gusti che sono stati istillati per millenni e che sono divenuti parte “naturalmente” integrante del nostro costume di vita, di approvvigionamento e di consumo di materie prime per il sostentamento quotidiano.
Poi ci sono le sardine umane, quelle che hanno – non si sa bene come – il diritto di spostarsi tra regioni nonostante le chiusure imposte anche dall’ultimo DPCM firmato da Mario Draghi, che si dotano di un sacco a pelo e, nella coda dell’inverno, in questo principio del secondo marzo pandemico, si accovacciano davanti alla sede nazionale del PD per chiedere che si riprenda il progetto di Zingaretti, quello con cui l’ex segretario del partito ed attuale ancora Presidente della Regione Lazio, lanciò la sua campagna per le primarie: “Piazza Grande“.
Volesse essere anche un omaggio tardivo al compleanno di Lucio Dalla, appena trascorso, sarebbe quanto meno più disinvoltamente accettabile del rilancio di un tentativo di ricomposizione di fratture interne all’anomalo bicefalo italiano che sono emerse tutte quante appena si è concluso il Conte bis e ha preso avvio l’esecutivo guidato dall’ex banchiere internazionale di Francoforte.
Santori e amici sognano un fronte ampio del progressismo italiano e pensano che si possa dare vita a questo chimerico sogno partendo dal più attuale e oggettivo dei fallimenti: il zingarettismo non è mai esistito come progetto politico dichiarato tale dalla concreta rivoluzione delle posizioni tanto interne quanto esterne al PD.
Non è solamente una questione legata ad un carisma mancante al protagonista delle dimissioni più fulminee e inaspettate degli ultimi tempi; è una formula impossibile, un ritorno ad un tentativo di riesumazione di un dualismo unitario tra centro e sinistre che non ha soluzione, perché vorrebbe unire un centro, che è considerevolmente mutato e si è scisso in tanti corpuscoli di materia liberista ed europeista, con una sinistra che rimane un suono politico che evoca per il PD un passato davvero passato, trascorso e che non può più tornare così come lo immaginano le Sardine di Santori.
Il governo di unità nazionale di Draghi e, naturalmente, l’amplissima maggioranza che lo sostiene, avrebbero dovuto smontare le belle illusioni di giovani impegnati nel sociale e in politica, per passione certamente, con qualche caduta nelle istantanee fotografiche con ben poco popolari famiglie di industriali, che avevano smosso la libertà di partecipazione di grande parte del popolo che non guarda a destra ma che, difficilmente, guarda ad una sinistra vera: laddove per sinistra si intende il ringiovanimento della tradizione egualitaria e socialista del progressismo, mediante un antiliberismo genuino e non semplicemente una chiamata all’unità contro le destre.
Quali destre? Quelle che governavano ieri contro le presunte sinistre che hanno lasciato loro tutti i margini di espansione possibile per intrufolarsi nel vuoto abissale dell’anti-cultura italiana di una anti-politica populista prima e di un sovranismo neoautoritario poi?
Nel mentre Santori e amici chiamavano le piazze a riempirsi contro il giustamente percepito pericolo sovranista salviniano, le ragioni della sinistra che combatte, tanto per i diritti civili quanto per quelli sociali diventavano un asse portante di un nuovo programma culturale, politico e civico per il Paese? Certamente no, perché, similmente al fenomeno grillino, quello delle Sardine è stata una “rivoluzione” (siamo benevoli nell’usare questo termine) a scartamento ridotto, che si è data come obiettivo non la creazione di una riscossa coscienziosa, critica verso il sistema economico in cui sopravviviamo, ma di fare argine al leghismo per permettere la vittoria di Bonaccini in Emilia Romagna.
Questo contenimento della critica al solo aspetto dialettico dell’alternanza delle forze politiche, al solo campo rappresentativo e istituzionale, non può che essere un momentaneo fuoco di paglia, un avvampamento improvviso e anche improvvisato: un’onda quasi magnetica pervade il Paese, le 6000 Sardine nuotano per il Paese e per un attimo paiono poter diventare movimento politico, punto di riferimento per lo smarrito popolo della Costituzione, della Resistenza antifascista moderna che trae ispirazione dalla memoria e dalla sua conservazione rinnovata di generazione in generazione. Ma basta questo a far cambiare linea politica al PD? E’ bastato?
Se oggi Santori e amici fanno un campeggio di protesta a via del Nazareno, è evidente che le semplicistiche speranze di qualche anno fa sono andate del tutto perdute e anzitempo disattese alla grande. L’irriformabilità del PD dovrebbe essere evidente per chi ha masticato un po’ di politica e ha, almeno, una trentina d’anni. Chi ne ha di più dovrebbe invece essere edotto del fatto che il PD con la sinistra ha a che fare solo quando si parla al passato della sinistra stessa o del centro popolare erede della Balena bianca.
La formazione della “grande” maggioranza di unità nazionale, per quanto resa necessaria (sic!) dalla pandemia incalzante e recrudescente, è l’ultimo ma non ultimo punto di approdo di una serie di trasformazioni e adattamenti che hanno confermato come il Partito democratico sia una forza sistemica a tutto tondo: esiste in quanto è espressione della rappresentanza non delle classi popolari e modernamente proletarie, non dei lavoratori e dei precari, e tanto meno dei pensionati e degli studenti, ma delle compatibilità tra politica e strutturazione economica di un capitalismo che si sta italicamente cercando di salvare dalla slavina del Covid-19 con il ricorso al soccorso draghiano.
Il PD non ha avuto alcun tentennamento, dopo aver sostenuto fino all’ultimo momento la impossibilità di rinunciare a Giuseppe Conte e al tridente formato con LeU e Cinquestelle, nell’esprimersi a favore della formazione del governo attuale e nell’esserne, insieme alle destre (Forza Italia e Lega), il più convinto riverente maggiordomo di palazzo.
Ed ora, Santori e amici quale cambio di passo vorrebbero far fare ad un partito che si è ancora più allontanato dall’idea, edulcorata, surrogata e vagamente di sinistra che secondo loro avrebbe in nuce? Le Sardine non chiedono al PD di uscire da una maggioranza arlecchinesca, dove convivono un po’ tutte le destre (quella economica del PD, di Italia Via, Calenda e Bonino; quella populista dei Cinquestelle e quella liberal-sovranista di Forza Italia e Lega). Non protestano per il posizionamento politico del partito di Zingaretti, per il suo essere pienamente organico alla gestione liberista di Draghi.
Protestano per gli equilibri interni al PD stesso, affinché recuperi una qual certa sua anima di sinistra, uno sguardo ai diritti dei più deboli, genericamente intesi. Fa sempre un certo effetto dire che si lotta per i più deboli, per i diritti di tutti, indistintamente: l’interclassismo lo colgono in pochi, e loro lo sanno.
All’epoca del cosiddetto “progetto di Piazza Grande“, che sta così a cuore alle Sardine, Maurizio Martina dichiarava che l’avversario del PD erano le destre. Le stesse destre con cui oggi il PD governa e sta in maggioranza. Qualcuno potrà dire che il problema semmai è di Berlusconi e Salvini, provando così a cavarsela con uno stantio gioco di frasi ormai fatte, trite e ritrite. Invece, a ben vedere, il problema è sempre del PD, delle Sardine e di tutti coloro che si ostinano a credere che fare politiche di sostegno alle ragioni dell’economia dominante sia fare, in un certo qual modo, politiche anche di sinistra: una sinistra che dovrebbe contenere gli eccessi delle spinte del mercato.
O forse, molto più semplicemente, riconosciuto che non riesce a battere le destre sul suo loro stesso terreno, allearvisi e fare un bel pezzo di strada insieme. Non è la prima volta e non sarà nemmeno l’ultima.
Buon campeggio, Sardine, la primavera sta arrivando…
MARCO SFERINI
7 marzo 2021
foto: screenshot Facebook