Il calcio come metafora della vita: un vecchio assioma tante volte adoperato e da molti considerato sempre valido.
Come, del resto appare sempiterno lo sfruttamento delle vicende calcistiche da parte della politica e dei regimi.
Questa volta l’esito di una partita di calcio viene assunta anche come pietra di paragone dell’espressione di un sentimento come quello razzista.
Un sentimento razzista che rappresenta davvero l’espressione profonda della crisi etica che stiamo tragicamente vivendo senza che la nostra società riesca a esprimere ragionevoli anticorpi sul piano culturale.
Dimenticate tutte le ragioni della storia al riguardo delle idee di uguaglianza proclamate proprio dalla Rivoluzione Francese.
Cacciate in un canto tutte le idee che hanno contraddistinto comunque una lunga stagione della nostra convivenza sociale, nell’Italia di oggi emergono i segni di un tragico imbarbarimento che, quando si leggono notizie come quella sotto riportata, ci fanno sentire estranei a questa società percorsa da quelle pulsioni primordiali che appaiono avanzare nella vita di tutti i giorni.
Per quanto riguarda l’Italia da ricordare che tutto ciò si verifica a 80 anni dalla promulgazione delle leggi razziali.
Da aggiungere, infine: non ci sono ragioni economiche di sorta, nessuna “guerra tra i poveri” solo odio espresso allo stato puro.
Si tratta infatti dell’ennesima espressione di quello che abbiamo definito “arretramento storico”
Ecco di seguito che cosa si legge in queste ore:
Razzisti scatenati sui social: “Non ha vinto la Francia, ha vinto l’Africa”
(afp)
Messaggi contro i nazionali francesi, molti di colore e originari di molti paesi africani.
I social italiani sono invasi dai commenti contro la Francia campione del mondo. No, non c’entra il rancore contro i cugini d’Oltralpe, qui c’entra il razzismo. Da Facebook a Twitter, fino a Instagram (dove solitamente l’odio razziale non si esprime così palesemente) nei primi minuti dopo la fine della finale di Mosca il commento è uno: “Ha vinto l’Africa, mica la Francia”.
Molti i giocatori francesi di colore o naturalizzati, tipici di una cultura francese (anche figlia del colonialismo, certo) che nello sport e nel calcio ha espresso l’integrazione al suo più alto livello.
Il calcio tocca così la politica e vi si fonde, risuona nel razzismo dilagante dei giorni della salviniana lotta ai migranti e alla presunta invasione dall’Africa. Sono neri quindi non possono essere francesi è come ribadire che chi è nato in Africa o ha origini africane non può e non potrà essere mai italiano.
FRANCO ASTENGO
17 luglio 2018
foto tratta da Pixabay