La soluzione della crisi di governo si presenta come un punto di vero e proprio mutamento di paradigma.
Crisi di governo che ha impegnato gli attori presenti nel sistema politico italiano nel corso di questo mese di Agosto.
Scrivo nel momento in cui alcuni tasselli debbono ancora essere sistemati e quindi l’esito finale formalmente incerto, ma l’aver approcciato all’esito della crisi nella forma a questo punto evidente del reincarico a Conte rappresenta un fatto che consente l’avvio di una riflessione a mio giudizio assai impegnativa.
Molti tra gli analisti, i commentatori e i protagonisti politici del passato possono a ragione considerarsi sconcertati e ritenere ormai possibile tutto e il contrario di tutto, almeno secondo i loro consolidati criteri di riferimento nei collegamenti sociali se non addirittura ideologici.
In realtà arriva all’approdo quel processo di personalizzazione direttamente collegato alla trasformazione del sistema dei partiti in atto ormai da qualche decennio e strettamente connesso al fenomeno della disintermediazione che aveva già avuto in Forza Italia e nel PD (R) gli epigoni più impegnati nel corso dei primi anni del XXI secolo.
Tra il 2006 e il 2016 avevamo anche assistito all’elaborazione di progetti di riforma costituzionale, l’uno imperniato sul presidenzialismo, l’altro su di una sorta di cancellierato, entrambi tendenti a superare la democrazia parlamentare e respinti dal voto popolare.
Quei due progetti erano comunque ancora legati a schemi classici, sia pure in evoluzione: oggi siamo al cambio di paradigma.
Il sistema potrebbe ritrovare a questo punto un suo riferimento pivotale sul piano delle dinamiche politiche esprimendosi appunto attraverso una personalizzazione di nuovo conio.
Emergono, infatti, figure in grado di tenere aperti diversi fronti in politica estera, facendosi appoggiare in forma inedita dal presidente USA operando, in contraccambio dell’adoperarsi per far rientrare la Russia nel G8: segnale evidente della prevalenza del tecnicismo degli affari sulla geopolitica, in un quadro nel quale appare ben evidente la conclusione di quello che era stato definito “ciclo atlantico”.
Nello stesso tempo sembra possibile tenere aperti varchi con la Commissione Europea al fine di innalzare il livello del rapporto deficit /PIL: lo scopo dovrebbe essere quello di combattere la povertà attraverso la crescita di livello di assistenzialismo e di rinuncia definitiva alle prospettive di sviluppo così come queste erano state intese nella fase dei “trenta gloriosi”.
Qualsiasi ipotesi di risposta di tipo “socialdemocratico” o “popolare” alla crisi sembra inattuale e meno che mai ci potrà essere spazio per una sorta di “riformismo” nel momento in cui si determina una adesione complessiva ai dettami della “decrescita felice”.
Del tutto da analizzare, inoltre, la realtà e il peso della completa “mediatizzazione” dell’agire politico e del tipo di rapporto sociale e culturale stabilito tra le azioni compiuta nella sfera politica e quelle portate avanti nella quotidianità.
Relazioni ormai consolidatosi nella mediazione totalizzante dell’uso degli strumenti informatici.
Per questi motivi, esposti fin qui in maniera del tutto abborracciata in assenza di un’elaborazione ancora tutta da sviluppare, l’esito della crisi di governo non può essere valutata attraverso l’utilizzo di antiche categorie compresa quello dello scampato pericolo di una involuzione a destra.
Ciò appare evidente se si aderisce, com’è avvenuto per il PD in questo frangente, al superamento dei concetti di destra e di sinistra, consentendo a un sottosegretario uscente del M5S di scrivere: “per noi Lega o PD è indifferente“. Questa o quella per me pari sono.
Ormai l’espressione dei contenuti progettuali e programmatici avviene attraverso una dimensione variabile quella di volta in volta, ritenuta opportunisticamente utili, ai più diversi e variegati (anche ideologicamente) interlocutori politici.
Il quadro generale è ormai quello dell’autoreferenzialità delle scelte portate avanti dai singoli al massimo collegati fra di loro in cordate in lotta per il potere.
Si tratta appunto del compimento di un processo vero e proprio rovesciamento di paradigma: se si pensa di ricostruire una sinistra legata all’inasprimento nella complessità delle contraddizioni sociali si tratta di elementi d’analisi da tenere in conto in una valutazione del tutto dirimente.
FRANCO ASTENGO
29 agosto 2019
foto tratta da Pixabay