La questione del green pass coinvolge diritti fondamentali, si inserisce in un contesto che evolve rapidamente e in un orizzonte dove i rapporti di forza e le decisioni politiche rispondono a razionalità economiche. Il ragionamento che segue cerca di tenere insieme la realtà, il quadro costituzionale e la critica del presente.
La realtà è quella di una pandemia, riconosciuta tale dall’Oms, e di una presenza, quella dei vaccini, come strumento, approvato da organismi pubblici nazionali e sovranazionali, fondamentale per affrontarla.
In futuro, auspicabilmente, l’epidemia sarà sconfitta, si troveranno delle cure, o magari altre soluzioni rispetto ai vaccini, ma – al momento – i dati di fatto sono questi; e la Costituzione insegna, in primo luogo, a muovere dalla realtà per trasformarla (articolo 3).
Il quadro costituzionale: la Costituzione prevede la possibilità che, quando ricorrono interesse dell’individuo e interesse della collettività, il legislatore stabilisca l’obbligatorietà di un trattamento sanitario, salvaguardando in ogni caso i limiti imposti dal rispetto della persona umana (articolo 32). È una previsione coerente con l’impianto di una Costituzione che coniuga il riconoscimento dei «diritti inviolabili» con l’adempimento dei «doveri inderogabili» di solidarietà (articolo 2) e con la visione di una persona che non è una monade isolata ma inserita in una rete di relazioni sociali, in una comunità. Senza evocare in alcun modo il «cittadino totale» e lo «stato totale» (Bobbio), ciò significa immaginare un percorso di emancipazione insieme personale e collettiva, che tiene in conto il pieno sviluppo della persona e insieme quello della società alla quale partecipa e, nella prospettiva dell’eguaglianza sostanziale, dedica particolare attenzione a chi si trova in condizione di bisogno e di fragilità.
Non solo, le libertà non sono mai assolute, ma incontrano un inevitabile bilanciamento con altri diritti e/o con i diritti degli altri. Quanto detto costituisce l’orizzonte di riferimento anche per le limitazioni introdotte con il green pass, che trovano quindi un puntuale fondamento costituzionale in norme come l’articolo 16.
Ritenere il green pass o l’obbligo vaccinale – alla luce della situazione attuale e fidandosi della scienza (pur sapendo che non può fornire certezze infrangibili) – legittimi, in quanto ragionevoli e proporzionati, rispetto alle previsioni costituzionali e al bilanciamento fra i vari diritti, nulla toglie alla necessità di lottare contro il processo di smantellamento, regionalizzazione, privatizzazione della sanità, contro i tagli all’istruzione e la sua aziendalizzazione, contro, ampliando il discorso, un modello di capitalismo predatorio responsabile di devastazioni sociali e ambientali (incluso il legame con le epidemie), contro le diseguaglianze globali, in primis quelle sulle vaccinazioni. Limitare la propria libertà, adempiere a doveri nei confronti degli altri, non è un assoggettamento acritico ad una supposta dittatura sanitaria, ma una rivendicazione di un modo di vivere radicalmente opposto rispetto alla libertà assoluta ed egocentrica.
Questo – ferma restando una continua azione di vigilanza e di critica – nella consapevolezza sia che i fatti possono mutare sia che esiste una tendenza alla normalizzazione dell’emergenza che va combattuta; e, ça va sans dire, ferma restando la libertà di manifestazione del pensiero, di critica, di obiezione, che per essere effettiva deve rifuggire da spiriti di crociata e criminalizzazioni (funzionali ad un sistema che tende a scaricare sul nemico di turno la rabbia legata alle diseguaglianze).
Infine, un ultimo appunto: green pass oppure obbligo vaccinale? Il green pass esprime un approccio persuasivo, che richiama l’osservanza al diritto, una cittadinanza consapevole, mentre l’obbligo un atteggiamento impositivo, l’obbedienza al diritto, una infantilizzazione della cittadinanza? Ho qualche dubbio: lungi dal voler sostenere in alcun modo un «diritto autoritario», mi pare tuttavia che il green pass scarichi il peso sui singoli, senza un’assunzione politica di responsabilità; per tacere delle mistificazioni che si occultano dietro la «raccomandazione» o l’obbligo mascherato, così come nell’uso pastorale del potere e nella visione di una libertà senza limiti e di una società atomistica.
Resta, certamente, che l’obbligo in nome della solidarietà non crea magicamente una società solidale, ma leggerlo in questa prospettiva può essere un piccolo passo per costruirla.
ALESSANDRA ALGOSTINO
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