È sera quando palazzo Chigi emette la sua sentenza sulla tragedia di Cutro confermando la piena assoluzione per tutti: «Al momento della segnalazione di Frontex l’imbarcazione non presentava problemi di navigazione. Il naufragio non può quindi essere responsabilità della Guardia Costiera né della Guardia di Finanza, che hanno operato con correttezza. Non ci sono state carenze nelle operazioni di soccorso. La tragedia è stata causata dal comportamento criminale degli scafisti». Chi ha avuto ha avuto, chi ha dato ha dato e non se ne parli più.
Il tentativo sbrigrativo e goffo di chiudere l’incidente arriva alla fine di una giornata campale. Annunciato, atteso, rinviato l’incontro con Salvini si è svolto ieri sera. I comunicati ufficiali e le fonti ufficiose parlano di incontro cordiale, di piena sintonia. Nel merito però l’esito resta in sospeso: Salvini non ha rinunciato alla sua stretta sugli arrivi, insiste per il recupero dei suoi decreti sicurezza.
La premier vuole invece concentrare le energie sulla guerra senza quartiere contro i trafficanti e su una strategia opposta a quella del leghista: quella che mira a fermare le partenze più che a respingere gli arrivi. Quali misure verranno partorite dal cdm convocato per domani pomeriggio a Cutro ancora non è stato deciso: di certo c’è solo l’irrigidimento drastico delle pene per trafficanti e scafisti. La scelta è stata rinviata a oggi, nella riunione del preconsiglio dei ministri che scriverà la sceneggiatura per la rappresentazione teatrale di Cutro.
La premier ha però a disposizione una carta decisiva: l’intesa perfetta con Bruxelles. Ieri è arrivata la risposta di Ursula von der Leyen alla missiva inviata da Meloni: nella sostanza la presidente della commissione sposa l’impostazione di palazzo Chigi, nella forma sovrabbonda in complimenti e riconoscimenti. La frase chiave, quella che la premier potrà sventolare rivendicando il merito di aver spinto la Ue su una strada nuova, sembra ma non è di circostanza, anche se di concreto per ora non implica nulla: «La migrazione è una sfida europea che richiede una soluzione europea».
Dal punto di vista della strategia e degli obiettivi, la visione di una presidente della commissione sempre più spostata a destra combacia con quella di palazzo Chigi. Per i profughi vanno creati corridoi umanitari e la Ue promette di investire «almeno mezzo miliardo di euro entro il 2025».
Per chi rischia solo di morire di fame la musica cambia: bisogna «prevenire le partenze irregolari» e il molto spazio dedicato alla cooperazione con i Paesi del Nord Africa, in particolare Tunisia ed Egitto, suona sinistro tenendo conto di cosa quella cooperazione ha voluto dire in Libia. Evidentemente quei lager non turbano più che tanto la presidente. Promette nuovi mezzi alla gloriosa guardia costiera libica, esalta anzi «la nostra azione congiunta che ha sviluppato capacità di protezione internazionale e gestione della migrazione in Nord Africa». Sembra ironia macabra.
Sui salvataggi in mare, von der Leyen punta sul rilancio del gruppo di contatto europeo e glissa sulla richiesta italiana di un codice per le Ong. Non ci sarà, troppe sono le voci contrarie. Ma quella per Meloni è quasi storia di ieri, quando anche lei metteva al primo posto gli arrivi e non le partenze. La «profonda soddisfazione» che palazzo Chigi esprime commentando la risposta europea è sincera, anche se il percorso è appena iniziato.
Il Consiglio europeo del 23 marzo non deciderà niente ma discuterà di immigrazione, sulla base di un report presentato da von der Leyen, che appare oggi più che mai vicina alla premier italiana. Del resto l’abbandono della linea Salvini, odiata a Bruxelles, serviva proprio a permettere un passo ulteriore nel riavvicinamento tra l’ex sovranista e i suoi nemici del passato.
La lunga giornata si era aperta con le due informative di Piantedosi, identiche sin nelle pause, alla Camera e al Senato. Il ministro dell’Interno si è trincerato dietro una piatta e burocratica elencazione dei fatti. Non ha chiarito nulla ed è stato ben attento a non addentrarsi neppure con la punta del piede nelle acque infide della politica. I colpevoli sono solo i trafficanti e contro di loro bisogna combattere una guerra totale. Sarebbe anche una guerra giusta se non fosse adoperata come alibi per negare ogni responsabilità politica e materiale per l’eccidio, se non servisse ad assolvere se stesso e tutto l’apparato dello Stato. Con l’esplicito «plauso» della presidente del consiglio.
ANDREA COLOMBO
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