La misura della qualità dello scontro politico e sociale in atto in questa fase è stata fornita ieri dalla relazione svolta dal Presidente dei giovani industriali, nel corso del tradizionale appuntamento di Santa Margherita Ligure.
Industriali che sembrano proprio essere l’unico corpo intermedio di gradimento (reciproco, fortemente reciproco beninteso) del presidente del Consiglio Renzi, difatti presente alla cerimonia.
Con l’entusiasmo dei neofiti appena arrivati il presidente dei giovani industriali ha, infatti, pronunciato un discorso intrisi di nazionalismo e di corporativismo illustrando come i “destini della patria” fossero strettamente legati a quelli della sua categoria: categoria che chiama gli altri, naturalmente, “a rimboccarsi le maniche” (lo slogan più usato nel corso della convention: in un breve servizio televisivo questa frase è risuonata sei volte)
Omissis per quel che riguarda la procedura per gli appalti e la corruzione: vere e proprie “biografie di regime”.
“Rimboccarsi le maniche” naturalmente tocca agli altri: loro tutti al bar a gustare aperitivi pagati con il sudore della fronte (e ben altro) di chi lavora sul serio.
Chi non potrà rimboccarsi le maniche saranno gli africani accatastati nel lager di Rosarno e impegnati nella raccolta della frutta e dei pomodori agli ordini dei vecchi ed eterni caporali: non potranno rimboccarsele quelle maniche semplicemente perche non le posseggono.
Nel corso del simposio è stato annunciato anche l’entusiastico “SI” dei giovani industriali verso le deformazioni costituzionali che saranno sottoposte a referendum in Ottobre.
Una presa di posizione del tutto inopinata, presa nel nome di un “ultra –decisionismo” che ci pace denominare come reazione, vera e propria “voglia di reazione”.
Una voglia immediatamente raccolta da Renzi che ha subito parlato di rischio per la governabilità, evocando scenari apocalittici.
A questi signori fa paura la democrazia repubblicana,il Parlamento come specchio del paese e delle sue contraddizioni sociali e politiche, la possibilità del confronto tra le parti sociali: vogliono un governo fatto sulla loro misura di libertà (di sfruttamento).
L’andamento del convegno di Santa Margherita fornisce la misura di un’identificazione: dagli industriali, al governo, dal governo al Presidente del Consiglio.
In un delirio, appunto, di tipo nazionalistico – corporativo, effettivo segnale dell’arretramento prima di tutto culturale e poi anche sociale, politico, economico di questo Paese
Il PD è il partito – supporto di questo quadro: un punto che deve essere chiaro, sul piano del giudizio.
IL PD che esprime un governo basato sull’approssimazione della propaganda opportunistica, come dimostra la notizia apparsa oggi, alla vigilia dei ballottaggi, di un provvedimento salva – debiti per una serie di Comuni .
Nel giorno dello sciopero dei metalmeccanici questo sembra proprio essere il quadro di riferimento, con buona pace di chi pensa a ricostruire il centro – sinistra o di far riapparire la concertazione nello scenario delle relazioni industriali.
Siamo stretti tra un PD nazionalista – corporativo, un centro destra sulla cui leadership (dopo il populismo personalistico degli anni’2000) pesa l’ipoteca della xenofobia e del razzismo, una terza forza populista e priva di effettiva progettualità e assolutamente assente in politica estera.
Tutto questo mentre i dati dell’economia volgono al peggio: ovviamente per la povera gente.
Un quadro desolante all’interno del quale la reazione dello sbraitante presidente dei giovani industriali potrebbe trovare spazio in soluzione pericolose.
Il “NO” nel referendum rappresenta senz’altro la prima pietra per avviare una (difficile, possibile?) inversione di tendenza,una strada tortuosa da percorrere considerata anche la drammaticità del quadro internazionale.
FRANCO ASTENGO
redazionale
12 giugno 2016
foto tratta da Pixabay