In mare il tempo peggiora, sulle navi Ong scarseggiano acqua e cibo, in Europa si sottolineano gli obblighi dell’Italia, ma il governo Meloni continua il braccio di ferro sulla pelle di 1.080 naufraghi. Aumentati con l’arrivo di un quarto mezzo di soccorso: la Rise Above. Giovedì ha salvato 95 persone nelle acque internazionali
In mare il tempo peggiora, sulle navi Ong scarseggiano acqua e cibo, in Europa si sottolineano gli obblighi dell’Italia, ma il governo Meloni continua il braccio di ferro sulla pelle di 1.080 naufraghi. Aumentati con l’arrivo di un quarto mezzo di soccorso: la Rise Above. Giovedì ha salvato 95 persone nelle acque internazionali a sud di Lampedusa. A differenza delle Geo Barents, Ocean Viking e Humanity 1 non è una vera e propria nave, ma un’imbarcazione più piccola e rapida.
E’ lunga solo 25 metri e ha un equipaggio di nove persone. I migranti soccorsi sono per la metà donne e bambini, tra loro otto neonati. Non può attendere al largo, soprattutto con il meteo che volge al peggio. Per questo nel pomeriggio è entrata nelle acque territoriali italiane dirigendosi verso la costa all’altezza di Siracusa. «Roma e La Valletta non rispondono alle richieste di un luogo sicuro di sbarco, ma se le condizioni mediche delle persone peggiorano non abbiamo altra scelta che entrare in porto. Di fronte a una questione di vita o morte non ci sono divieti che tengano», dice Axel Steier portavoce di Mission Lifeline.
Segnali d’allarme arrivano anche dalle navi più grandi dove scarseggiano cibo e acqua. Sulla Geo Barents quella per le docce è già razionata, contribuendo a complicare le condizioni igieniche in una situazione di sovraffollamento: a bordo ci sono 572 naufraghi. Dopo essere entrata in acque italiane la Humanity 1 ha ricevuto un’autorizzazione a restarci ma solo per il tempo necessario alle autorità italiane per verificare se a bordo ci siano persone in situazioni di emergenza. Eventualmente sarebbero trasferite a terra. Dove è probabile vadano i minori per cui il governo italiano rischiava un’azione legale.
Intanto continuano le reazioni europee. Dopo che Berlino e Oslo hanno ricordato a Roma che la responsabilità sulla ricerca e il soccorso ricade sugli stati costieri, compresi quelli vicini alle aree Sar in cui materialmente si verificano i salvataggi, la Francia si è detta disponibile a prendere una parte dei migranti. «Se la Ocean Viking sarà accolta dall’Italia anche noi accoglieremo parte dei migranti», ha dichiarato il ministro dell’Interno francese Gérald Darmanin. «È un segnale importante che non ci risolve il problema dei paesi di bandiera», ha commentato il ministro dell’Interno italiano Matteo Piantedosi dopo un incontro sul tema con Giorgia Meloni.
Alla fine la via d’uscita potrebbe stare nel meccanismo di redistribuzione volontaria messo a punto dall’ex titolare del Viminale Luciana Lamorgese. Mercoledì la Commissione Ue ha ricordato che ci sono 8mila offerte di ricollocazione.
Per l’Italia non cambia nulla se questi posti vanno ai migranti soccorsi dalle Ong o a quelli sbarcati autonomamente, ma nel primo caso il governo può salvare la faccia cantando vittoria. Un teatrino, insomma, confermato dal fatto che mentre mille persone sono in ostaggio sulle navi umanitarie, dall’insediamento del governo ne sono sbarcate quasi nove volte tanto, anche grazie ai soccorsi della guardia costiera.
Del resto che il nostro paese sia stato lasciato solo dall’Ue o debba sopportare un carico maggiore di migranti per la sua posizione geografica è smentito dai numeri. Lo ha ricordato il responsabile immigrazione della Spd tedesca in un’intervista a Tonia Mastrobuoni uscita ieri su Repubblica: «L’Italia non si illuda che la solidarietà le sia dovuta. Non è neanche nella top ten dei paesi con più profughi accolti, in rapporto al numero di abitanti». Sproporzione che vale anche per gli ucraini: 200mila in Italia, un milione in Germania.
Ma di fronte alle esigenze di propaganda politica sulla pelle degli ultimi non ci sono evidenze che tengano. Così ieri il ministro degli Esteri Antonio Tajani (Forza Italia) ha chiesto che i migranti salvati dalle navi Ong siano identificati a bordo e il capitano riceva le eventuali richieste d’asilo. «È una questione di sicurezza nazionale», ha dichiarato. Ma la vera motivazione sembra il tentativo di trasferire le procedure sulla protezione internazionale ai paesi di bandiera.
Sulla vicenda è intervenuto anche il Garante nazionale delle persone private della libertà personale: «I diritti fondamentali devono prevalere sulle controversie tra Stati».
a sud di Lampedusa. A differenza delle Geo Barents, Ocean Viking e Humanity 1 non è una vera e propria nave, ma un’imbarcazione più piccola e rapida.
E’ lunga solo 25 metri e ha un equipaggio di nove persone. I migranti soccorsi sono per la metà donne e bambini, tra loro otto neonati. Non può attendere al largo, soprattutto con il meteo che volge al peggio. Per questo nel pomeriggio è entrata nelle acque territoriali italiane dirigendosi verso la costa all’altezza di Siracusa. «Roma e La Valletta non rispondono alle richieste di un luogo sicuro di sbarco, ma se le condizioni mediche delle persone peggiorano non abbiamo altra scelta che entrare in porto. Di fronte a una questione di vita o morte non ci sono divieti che tengano», dice Axel Steier portavoce di Mission Lifeline.
Segnali d’allarme arrivano anche dalle navi più grandi dove scarseggiano cibo e acqua. Sulla Geo Barents quella per le docce è già razionata, contribuendo a complicare le condizioni igieniche in una situazione di sovraffollamento: a bordo ci sono 572 naufraghi. Dopo essere entrata in acque italiane la Humanity 1 ha ricevuto un’autorizzazione a restarci ma solo per il tempo necessario alle autorità italiane per verificare se a bordo ci siano persone in situazioni di emergenza. Eventualmente sarebbero trasferite a terra. Dove è probabile vadano i minori per cui il governo italiano rischiava un’azione legale.
Intanto continuano le reazioni europee. Dopo che Berlino e Oslo hanno ricordato a Roma che la responsabilità sulla ricerca e il soccorso ricade sugli stati costieri, compresi quelli vicini alle aree Sar in cui materialmente si verificano i salvataggi, la Francia si è detta disponibile a prendere una parte dei migranti. «Se la Ocean Viking sarà accolta dall’Italia anche noi accoglieremo parte dei migranti», ha dichiarato il ministro dell’Interno francese Gérald Darmanin. «È un segnale importante che non ci risolve il problema dei paesi di bandiera», ha commentato il ministro dell’Interno italiano Matteo Piantedosi dopo un incontro sul tema con Giorgia Meloni.
Alla fine la via d’uscita potrebbe stare nel meccanismo di redistribuzione volontaria messo a punto dall’ex titolare del Viminale Luciana Lamorgese. Mercoledì la Commissione Ue ha ricordato che ci sono 8mila offerte di ricollocazione.
Per l’Italia non cambia nulla se questi posti vanno ai migranti soccorsi dalle Ong o a quelli sbarcati autonomamente, ma nel primo caso il governo può salvare la faccia cantando vittoria. Un teatrino, insomma, confermato dal fatto che mentre mille persone sono in ostaggio sulle navi umanitarie, dall’insediamento del governo ne sono sbarcate quasi nove volte tanto, anche grazie ai soccorsi della guardia costiera.
Del resto che il nostro paese sia stato lasciato solo dall’Ue o debba sopportare un carico maggiore di migranti per la sua posizione geografica è smentito dai numeri. Lo ha ricordato il responsabile immigrazione della Spd tedesca in un’intervista a Tonia Mastrobuoni uscita ieri su Repubblica: «L’Italia non si illuda che la solidarietà le sia dovuta. Non è neanche nella top ten dei paesi con più profughi accolti, in rapporto al numero di abitanti». Sproporzione che vale anche per gli ucraini: 200mila in Italia, un milione in Germania.
Ma di fronte alle esigenze di propaganda politica sulla pelle degli ultimi non ci sono evidenze che tengano. Così ieri il ministro degli Esteri Antonio Tajani (Forza Italia) ha chiesto che i migranti salvati dalle navi Ong siano identificati a bordo e il capitano riceva le eventuali richieste d’asilo. «È una questione di sicurezza nazionale», ha dichiarato. Ma la vera motivazione sembra il tentativo di trasferire le procedure sulla protezione internazionale ai paesi di bandiera.
Sulla vicenda è intervenuto anche il Garante nazionale delle persone private della libertà personale: «I diritti fondamentali devono prevalere sulle controversie tra Stati».
GIANSANDRO MERLI
Foto di Stacy Anokhina