Il governo bicefalo a protezione del liberismo

Quando è difficile determinare quale sia il principale motivo che in extremis ha indotto i due partiti vincitori delle scorse elezioni, al di fuori della paurosa retorica su “fare...
Ortro, il cane bicefalo fratello di Cerbero

Quando è difficile determinare quale sia il principale motivo che in extremis ha indotto i due partiti vincitori delle scorse elezioni, al di fuori della paurosa retorica su “fare il bene del Paese”, a tentare di formare un governo, ciò è automaticamente l’evidenza che ci mostra come non esista un solo interesse (quello del Paese…) ma più motivazioni che esulano il bene comune e rispondono ad un incontro di valutazioni sulla necessità di frenare il ricorso alle urne.
Infatti, tornare al voto in piena estate, nonostante i proclami di Di Maio e Salvini dei giorni scorsi, sarebbe un rischio enorme sul piano dell’astensione che, oggettivamente, crescerebbe: solo qualche matto come chi scrive sarebbe disposto a rinunciare ad una giornata di rilassamento per andare a votare. Nel mio caso si tratterebbe di rinunciare a poco, ma per molti potrebbe significare interrompere o ritardare le ferie e, comunque, non è mai accaduto nella storia repubblicana che le elezioni politiche si tenessero a fine giugno o a fine luglio.
Terrore del voto, dunque.
E’ evidente che questo elemento gioca la sua partita piccola in quella più grande che consiste nel provare invece ad utilizzare lo strumento governativo per portare a casa nuovi consensi.
E’ probabile, invece, che Cinquestelle e Lega si consumino in questo tentativo o quanto meno depotenzino la loro resistibile ascesa verso percentuali maggiori. Ma è anche probabile che l’accordo consenta di salvare capra e cavoli e di mostrarsi come coloro che, seppur su posizioni differenti, sono riusciti a dare al Paese un governo.
Per il bene del Paese! Si intende…
Se i sessanta giorni trascorsi dal 4 marzo non avessero il sapore di una farsa, l’ultimo tentativo che vuole arrivare fino a lunedì prossimo per concretizzarsi sembrerebbe davvero una tragedia.
Penso a tutti quei cittadini, quei compagni, elettori in generale che hanno votato Cinquestelle pensando che incarnasse un cambiamento reale per le sorti dei più deboli e che ora si vedono il loro voto messo al servizio di un asse Di Maio – Salvini.
Potrò avere anche molti rimpianti e colpe, per fortuna non avrò mai quella di aver sostenuto i Cinquestelle in alcun modo. Tanto più con un voto fatto di illusioni prima e disillusioni dopo.
La disillusione di un vasto popolo della sinistra che ha scelto di rivolgersi ormai da tempo ai pentastellati verrà presto concretizzata dagli atti che questi svolgeranno una volta a Palazzo Chigi con la Lega e con Forza Italia in una formula un po’ disambigua di “desistenza”: niente fiducia ma valutazione del sostegno alle proposte del governo di volta in volta.
Un capolavoro berlusconiano. Una vecchia arte sì, qui, dei due forni… Mantenere in piedi per le occasioni eventuali il centrodestra come alleanza permettendosi vicendevolemente una tolleranza nelle posizioni espresse senza che si rompano i cocci, senza che nessun bottone salti. Tutto si regge senza reggersi veramente.
E il popolo della sinistra, illuso e tra poco disilluso, scoprirà che i comunisti non saranno storicamente riusciti ad imporre al capitalismo di andarsene dal mondo e di lasciare posto al socialismo, ma che avevano ragione quando affermavano la duttilità del movimento grillino, la sua capacità di avere la forma dell’acqua: tutte e nessuna al contempo.
A questo proposito sarà interessate verificare su quale intesa programmatica raggiungeranno l’accordo Lega e M5S per la formazione e la richiesta della fiducia alle Camere: alcune misure di contenimento del malcontento popolare per la crescente povertà dovranno essere affrontate e, a tal proposito, la flat tax andrebbe modificata nella sua ideazione originaria e distribuita anche sul parterre dei ricchi possidenti; così il celebre “reddito di cittadinanza” secondo la Lega andrebbe limitato a due anni e a tre rifiuti di impieghi lavorativi.
Quale politica economica, dunque, seguirà il governo più a destra della storia repubblicana? Il pericolo che metta la barra a dritta su un allontanamento dai dettami di Bruxelles è già oggetto di critica nelle cancellerie europee: Francia e Germania si aspettano correzioni da parte di Mattarella e, in effetti, il Presidente ha già espresso parole chiare in merito affermando che non sarà solo un arbitro in questo frangente.
Oltre al rischio populismo, oltre alle connotazioni marcatamente di destra del probabile prossimo esecutivo, esiste tutta una materia che riguarda i diritti sociali e civili: Salvini al ministero dell’Interno sarebbe davvero un ritorno indietro di decenni per la gestione dell’ordine pubblico, dei rapporti con i movimenti locali, per gli indirizzi da dare ai prefetti in merito alla libera espressione costituzionale della protesta, del dissenso e, quindi, della libertà di manifestazione; Di Maio agli Esteri, del resto, potrebbe rassicurare America ed Europa sulla vicinanza alla Nato, ritornata tra le grazie grilline in questi ultimi mesi di campagna elettorale pre e post-voto.
Qualunque ipotesi si possa fare all’interno del recinto Lega – M5S, non conduce a nessuno spiraglio positivo per quanto riguarda un miglioramento delle sorti dei ceti più deboli, per un rapporto tra governo e sindacato che migliori rispetto al presente-passato.
Attendiamo, dunque, per niente fiduciosi che nasca il mostro bicefalo, che l’abominevole governo dell’estate prenda forma con una opposizione pressoché inesistente in Parlamento, che il PD non può garantire perché è parte esso stesso di una visione di società – in chiave economica – molto simile a quella del liberal-liberismo dei due soggetti che vanno a costituire l’esecutivo.
Tutti e tre i poli sono un problema: anzi, sono tre problemi. La piramide che mostra due facce e ne ha una terza pronta ad essere scoperta.

MARCO SFERINI

11 maggio 2018

foto tratta da Wikipedia

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