“La contrattazione integrativa di 2° livello riguarda ancora solo il 21,2% delle imprese con almeno 10 dipendenti, mentre il contratto nazionale continua a coprire l’88,4% del totale delle retribuzioni di fatto”. E’ quanto emerge da uno studio elaborato, su dati Istat, dalla Fondazione Di Vittorio, sulla contrattazione integrativa e le retribuzioni nel settore privato.
Per la fondazione della Cgil, “il Ccnl si conferma, dunque, elemento insostituibile di autorità salariale sia per quantità di applicazione nelle imprese che per percentuale di copertura retributiva”.
Dallo studio si evince che “la percentuale di contrattazione collettiva integrativa di 2° livello in Italia nelle imprese con almeno 10 dipendenti e’ del 21,2%, di cui l’8,3% e’ contrattazione territoriale”.
La ricerca dimostra, inoltre, come la diffusione del 2° livello di contrattazione sia ovviamente maggiore nelle imprese più grandi e minore in quelle più piccole. “Nelle imprese con almeno 500 dipendenti e’ pari al 69,1% (di cui 3,6% territoriale); in quelle comprese tra 200 e 499 dipendenti, scende al 60,5% (di cui 3,9% territoriale); nelle imprese fra 50 e 199 addetti, si passa al 38,5% (di cui 6,6% territoriale); in quelle fra 10 e 49 dipendenti, si scende fino al 17,5% (con una quota di territoriale all’8,7%)”.
L’indagine evidenzia, anche, un forte divario territoriale che penalizza il Mezzogiorno.
“La percentuale di imprese con almeno 10 dipendenti coperte dalla contrattazione collettiva integrativa per ripartizione geografica dimostra, infatti, che si passa dal 26,8% del Nord-est, al 23,5% del Nord-ovest, al 19,8% del Centro, al 13,1% delle Isole, per finire all’11,6% del Sud”. Dallo studio della Fondazione Di Vittorio emerge anche un altro elemento fondamentale: “Il Contratto Collettivo Nazionale di Lavoro e’ applicato nel 99,4% delle imprese e ha coperto, nel 2015, l’88,4% del totale delle retribuzioni di fatto. Percentuale che sale addirittura al 93,5% per gli operai.
RED.
da Dire – agenzia di stampa internazionale
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