I 14 ballottaggi nei capoluoghi di provincia finiscono 7-5 per il centrosinistra, con due successi civici. Pd e alleati si confermano a Bari, Firenze, Campobasso e Cremona e conquistano Perugia, Potenza e Vibo Valentia. Le destre si consolano con Rovigo, Urbino, Vercelli, Caltanissetta e Lecce. A Verbania e Avellino vincono due civici.
Due settimane fa erano stati assegnati al primo turno altri 15 capoluoghi, con un risultato di 10-5 per i progressisti (tra queste spiccavano le vittorie di Cagliari e Bergamo, mentre le destre confermavano la guida di Pescara e Ferrara). Il dato finale dunque è di 17 città contro 10: rispetto a 5 anni fa, quando la situazione era in sostanziale equilibrio, si registra un’avanzata del centrosinistra, ancora più rilevante visto che nel frattempo le destre hanno vinto le politiche del 2022 e a palazzo Chigi è arrivata Giorgia Meloni.
In questo contesto, vincere in 6 capoluoghi di regione su 6 per Pd e alleati non è una cosa da poco. In particolare in una regione, come la Basilicata, dopo ad aprile le destre avevano stravinto le regionali mentre in questo fine settimane la ricomposizione tra le forze progressiste (dopo i traumi di questa primavera che hanno prodotto una spaccatura anche dentro il Pd che non ha presentato il simbolo) ha consentito a Vincenzo Telesca di battere col 64,9% il candidato della destra Francesco Fanelli che era indicato come grande favorito della vigilia.
Per non parlare di Perugia, governata da dieci anni dal centrodestra, dove all’inizio della campagna l’outsider Vittoria Ferdinandi veniva considerata, anche dentro il Pd, un azzardo e invece si è imposta col 52% in un ballottaggio durissimo. «Si può battere la destra con un profilo di cambiamento», gongola Nicola Fratoianni che ha sostenuto da subito la sua candidatura. Un campo largo che si è replicato a Campobasso, dove un’altra civica, l’ex provveditrice Maria Luisa Forte, partiva con 15 punti di distacco e ha ribaltato la partita (per un soffio).
A Bari e Firenze, vinte rispettivamente col 70% di Vito Leccese e il 60% di Sara Funaro, il centrosinistra partiva molto diviso, in particolare nel capoluogo toscano, dove Renzi sognava di assestare una botta alla leadership di Schlein. In quello pugliese la campagna era insegnata con le in chieste che avevano riguardato esponenti del centrosinistra in città e regione e una durissima campagna delle destre.
Le primarie erano saltate, poi però al ballottaggio il candidato di Sinistra e M5S Michele Laforgia ha mantenuto l’accordo di mutuo sostegno siglato alla vigilia del primo turno e i suoi elettori l’hanno seguito. E così il leghista Fabio Romito, pur distante dagli eccessi alla Vannacci e decisamente più presentabile, alla fine ha racimolato solo il 29%.
Da segnalare la conferma del centrosinistra a Cremona (con Andrea Virgilio che vince di un soffio col 50,4%) e la vittoria a Vibo Valentia, che era governata dal centrodestra da 20 anni) dove Enzo Romeo si impone col 53,6% battendo Roberto Cosentino che al primo turno aveva 7 punti di vantaggio. Pesa per i progressisti la sconfitta di Lecce, dove l’ex sindaca Adriana Poli Bortone ha vinto di un soffio (50,7%) contro il sindaco uscente Carlo Salvemini sostenuto da Pd, M5S e sinistra.
E pesano anche le sconfitte di Avellino e del Piemonte profondo, Vercelli e Verbania, con quest’ultima che veniva da 10 anni di governo di centrosinistra. Scricchiolii per il Pd arrivano anche dall’area di Bologna, dove due storici Comuni rossi, Pianoro e Castel Maggiore, hanno visto la sconfitta dei candidati dem dopo decenni di dominio incontrastato.
Successo del centrosinistra invece a Vittorio Veneto, dove le divisioni nella Lega (dopo l’espulsione dello storico dirigente Toni Da Re) hanno favorito la vittoria a sorpresa della dem Mirella Balliana col 53,8% (con la Lega fuori dal ballottaggio e dal consiglio comunale). Per i progressisti buoni dati anche dal Lazio (con la vittoria a Civitavecchia) e dalla Campania con le vittorie nei 4 comuni del napoletano.
Il dato chiaro è che nelle città grandi e medie il Pd è ancora in grado di mettere in piedi coalizioni competitive, e anche di espugnare comuni governati dalle destre. Un dato che però si appanna mano a mano che si va nell’Italia profonda dei comuni più piccoli.
Il segno politico di questa tornata viene con fermato dai commenti del dopo voto. Schlein esulta: «Una vittoria storica per il Pd ed il campo progressista. È irrevocabile: le città hanno bocciato la destra che governa e mandato un messaggio chiaro a Giorgia Meloni. Basta tagli alla sanità, basta ai salari bassi e no all’autonomia differenziata». «Un cappotto che nessuno aveva previsto», le fa eco il responsabile enti locali Davide Baruffi.
Il M5S conferma la linea di Conte: «I cittadini premiano i progetti di intesa tra le forze di opposizione, frutto non di alchimie di palazzo ma di una convergenza che si va consolidando nelle aule parlamentari quanto nelle piazze. Un dato che conforta e incita a continuare a lavorare per costruire l’alternativa al governo. Meloni e Salvini non commentano.
Il leader leghista riunirà oggi il consiglio federale per l’analisi del voto. Da Fdi si leva la voce di Donzelli, che ricalcola i risultati a modo suo: «Noi abbiamo strappato 4 capoluoghi alla sinistra, Lecce, Rovigo, Verbania e Caltanissetta. Solo tre sono passati dall’altra parte. Il bilancio dei ballottaggi ha comunque per noi un saldo positivo».
ANDREA CARUGATI
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