«Ci si può indignare per i tre parlamentari che hanno chiesto il bonus da 600 euro, ma oggi è più importante che lo abbiano avuto quasi 5 milioni di lavoratori autonomi e precari. Purtroppo è stato concepito solo come una misura temporanea e non strutturale. La crisi non è finita. È all’inizio. E peggiorerà». Lo dice Cosimo Matteucci, presidente del sindacato Mobilitazione generale degli avvocati (M.G.A.), una delle associazioni più attive nel panorama del lavoro autonomo in Italia. M.G.A. ha denunciato gli abusi emersi negli studi degli avvocati e in quelli degli architetti. «Il bonus è stato decurtato dai già miseri stipendi dei professionisti dipendenti ed è andato ai proprietari degli studi esclusi dalla misura per i requisiti reddituali. Abbiamo ricevuto cinquanta segnalazioni».
All’eccezionalità di una misura improvvisata dovrebbe ora subentrare un sistema che risponde ai problemi strutturali delle partite Iva e dei precari. «Potrebbe far parte di una riforma degli ammortizzatori sociali – aggiunge l’avvocato barlettano – Più che legarli alla contribuzione delle partite Iva, andrebbe pensato un sistema di tutele collegato alla fiscalità generale. Tra le partite Iva ci sono molti poveri che lavorano. Per loro i costi della professione e i contributi sono già insostenibili. Un reddito di esistenza è uno strumento per superare la povertà e affrontare i periodi di non lavoro. E affrancherebbe la partita Iva dal ricatto di accettare tutto per sopravvivere. È un problema aperto ma va discusso nell’ambito di una riforma degli ammortizzatori sociali». Da dove iniziare? «Dalla convocazione del tavolo previsto dal cosiddetto “Jobs Act degli autonomi”, l’unica cosa positiva di quella legge fatta da Renzi – risponde Matteucci – Purtroppo non è mai stato fatto. È normale che, mancando un luogo in cui discutere e approfondire problemi complessi, le cose fatte con le migliori intenzioni ma in fretta come il bonus 600 euro generano assurdità o esclusioni».
«Diciamo la verità – osserva Valentina Restaino di M.G.A., avvocatessa a Salerno – Due o tre mesi senza reddito per un lavoratore autonomo non sono una novità. Siamo considerati impresa quando il legislatore lo decide, in particolare sulle tasse, la previdenza o la malattia. Quando si accorgono che siamo lavoratori si limitano a un bonus di tre mesi, ma poi ci escludono dai fondi di sostegno alle attività imprenditoriale dati a pioggia. Purtroppo mi sembra che al dibattito politico in corso sfugga la necessità di comprendere i problemi di questo lavoro e la sua composizione sociale e professionale».
Nei mesi scorsi Restaino ha percepito due tranche dei 600 euro e aspetta i mille che dovrebbero arrivare dal «decreto agosto». «È stato un aiuto significativo – afferma – Mentre un dipendente ha la tredicesima, noi autonomi contiamo su un reddito spalmato su undici mesi. E possono anche non guadagnare per due o tre mesi. Ogni anno è così. Il Covid ha fatto emergere una situazione endemica. I bonus sono finiti, i nostri problemi però restano». Per gli avvocati la proposta di un reddito di base è l’inizio di un ragionamento ampio: «Dovrebbe essere fisso, mettiamo i 780 euro che è il massimale previsto dalla legge del reddito di cittadinanza che andrebbe trasformato e esteso a precari e partite Iva i cui redditi oscillano tra i 500 e i 1500 al mese di incassi. E poi ci pagano le spese. È insostenibile. Un Welfare deve aiutare sia il disoccupato che il lavoratore povero che alterna periodi di reddito a mancati guadagni o senza contratto».
Per Sandro Gobetti, uno degli animatori dell’associazione per il reddito di base Basic Income Network Italia la vicenda del bonus 600 euro dimostra che «per la prima volta in Italia è stato pensato una forma di reddito di base sia pure condizionato» alla gestione separata dell’Inps, al lavoro autonomo professionale e altre 11 categorie.
Il governo «ha sentito la necessità di eliminare ciò che non funziona nel cosiddetto “reddito di cittadinanza”: la burocrazia, i controlli, le politiche attive che negano i diritti e aumentano le dipendenze. Più che vedere il caso dei parlamentari, o dei politici regionali, andiamo alla sostanza: sono state raggiunte quasi 5 milioni di persone che avevano, e hanno, bisogno di un reddito. Lo si può fare subito, si può estendere il reddito di cittadinanza, eliminando i vincoli e le esclusioni attuali, allargandolo alla povertà relativa, non solo a quella assoluta. Raggiungerebbe milioni di persone, in maniera diretta, senza colpire i poveri che fanno lo slalom tra i paletti sui bonus. Se il governo avesse fatto questa operazione già a marzo, di fatto i parlamentari e gli imprenditori o i grandi professionisti non avrebbero preso potuto usufruire di una misura di questo genere. In compenso molte più persone di quelle che hanno preso il bonus avrebbero potuto beneficiare di una misura incondizionata, strutturale e semplificata che avrebbe reso inutile istituire anche il “reddito di emergenza”. Mi auguro solo che ora questa campagna sui controlli non si accanisca contro i beneficiari di queste o altre misure future. Quando ci sono queste discussioni di solito gli unici danneggiati sono i precari».
«Il 25 settembre inizia la campagna europea per raccogliere un milione di firme e istituire un reddito incondizionato in Europa. Lo faremo anche in Italia. È un’occasione per capire che un reddito serve oggi in una crisi che durerà anni».
ROBERTO CICCARELLI