Il Pianeta è «sull’orlo del baratro» ha detto ieri il segretario generale delle Nazioni Unite Antonio Guterres commentando il  rapporto dell’Organizzazione meteorologica mondiale (Wmo) che ha lanciato un allarme sulle temperature medie globali, che nel 2023 sono state di 1,45 gradi centigradi superiori rispetto ai livelli pre-industriali.

L’anno passato ha frantumato tutti i record di caldo precedenti: 1,29 gradi del 2016 e 1,27 del 2020. «La Terra sta lanciando una richiesta di soccorso», ha aggiunto Guterres, sottolineando che «l’inquinamento da combustibili fossili sta creando un caos climatico fuori scala» e avvertendo che «i cambiamenti stanno accelerando».

«Non siamo mai stati così vicini, anche se al momento su base temporanea, al limite inferiore di 1,5° C previsto dall’Accordo di Parigi sui cambiamenti climatici», ha dichiarato il Segretario generale della Wmo Celeste Saulo: «La comunità dell’Organizzazione sta lanciando l’allarme rosso al mondo». «I cambiamenti climatici vanno ben oltre le temperature. Ciò a cui abbiamo assistito nel 2023, in particolare il riscaldamento senza precedenti degli oceani, il ritiro dei ghiacciai e la perdita di ghiaccio marino antartico, è motivo di particolare preoccupazione», ha aggiunto.

Non c’è parametro, infatti, che non evidenzi la soglia d’allarme: l’anno passato, ad esempio, quasi un terzo degli oceani, il 32%, è stato colpito quotidianamente da un’ondata di calore, quasi dieci punti percentuali in più rispetto al record precedente del 2016, il 23%. Alla fine dell’anno, oltre il 90% degli oceani aveva registrato ondate di calore in qualche momento durante l’anno. E ancora: nel 2023 c’è stata la maggior perdita di ghiaccio dai ghiacciai mai registrata da quando ci sono rilevazioni scientifiche, dal 1950.

Quelle maggiori si sono verificate nel Nord America e in Europa. In Svizzera negli ultimi due anni i ghiacciai hanno perso circa il 10% del loro volume, nel Nord America il 9%. Anche l’estensione del ghiaccio marino antartico è stata di gran lunga la più bassa mai registrata, con l’estensione massima alla fine dell’inverno di appena un milione di km2, equivalente alle dimensioni di Francia e Germania messe insieme.

Tra gli effetti misurabili dei cambiamenti climatici, il numero di persone soggette ad acuta insicurezza alimentare nel mondo è più che raddoppiato oggi rispetto a prima della pandemia: da 149 milioni si è arrivati a 333 milioni nel 2023, nei 78 paesi monitorati dal Programma alimentare mondiale dell’Onu (Wfp).

Secondo l’Organizzazione meteorologica mondiale l’aumento degli eventi estremi legati al clima – come inondazioni, cicloni tropicali, ondate di calore, siccità e incendi – ha aggravato l’insicurezza alimentare, le migrazioni e gli impatti sulle popolazioni vulnerabili.

Anche l’Italia è citata nel comunicato stampa che presenta il rapporto State of Global Climate, in un paragrafo dedicato al caldo estremo che ha colpito molte parti del mondo: «Alcuni dei fenomeni più significativi si sono verificati nell’Europa meridionale e in Nord Africa, soprattutto nella seconda metà di luglio – spiega l’Organizzazione -. In Italia le temperature hanno raggiunto i 48,2 °C, mentre a Tunisi (Tunisia) sono state registrate temperature record di 49,0 °C, ad Agadir (Marocco) 50,4 °C e ad Algeri (Algeria) 49,2 °C».

Da domani si tiene a Copenhagen la Conferenza ministeriale sul clima: è il primo incontro tra i leader dopo la Cop28 di Dubai. L’obiettivo: accelerare l’azione per il clima, in particolare con il rafforzamento dei Contributi Nazionali Determinati da ogni Paese per la riduzione delle emissioni, in vista dalla scadenza del febbraio 2025 decisa all’ultima Cop. Difficile però realizzare un cambiamento radicale senza nominare e affrontare l’elefante nella stanza: il lemma fossil fuel, combustibili fossili, è assente nel rapporto sullo stato del clima. Il baratro è davvero lì a un passo.

LUCA MARTINELLI

da il manifesto.it

Foto tratta da Pexels, di Markus Spiske