I numeri del parlamento e i paragoni scorretti

Referendum. I sostenitori del Sì sostengono che dopo il taglio l'Italia manterrà un rapporto tra parlamentari e abitanti in linea con gli altri grandi paesi. Ma per dimostrarlo devono fare finta che camera e senato siano un'unica assemblea. Certe comparazioni sono un buon argomento in favore del monocameralismo

Ma l’Italia è veramente al primo posto al mondo per numero di parlamentari, come dicono quelli che invitano a votare Sì al referendum che vuole, appunto, tagliarli? O non è vero, invece, che una volta fatto il taglio l’Italia finirà nella zona bassa della classifica, tra i paesi che hanno il più alto rapporto tra eletti ed elettori, dunque una più scarsa rappresentatività (questo lo dicono i sostenitori del No)? Vediamo i numeri, tenendo presente che anche i numeri in campagna elettorale vengono stiracchiati da una parte e dell’altra.

Ieri ne ha pubblicati di altri il sempre rigoroso Istituto Cattaneo (ricerca di Valbruzzi e Vassallo) che invece di paragonare l’Italia agli altri 27 paesi Ue – come hanno fatto gli uffici studi del parlamento – ha preso come riferimento altre 15 «democrazie stabili», con almeno 25 milioni di abitanti. Secondo le tabelle del Cattaneo, l’Italia oggi ha 16,1 parlamentari per ogni milione di abitanti, contro i 12,1 della Polonia, i 10,4 del Regno unito, i 9 della Francia, i 7,8 della Spagna e gli 8,7 della Germania, gli 8,8 del Sud Africa e gli 8,1 dell’Argentina (per fermarci qui). Dunque sì, l’Italia oggi ha il numero maggiore di parlamentari in rapporto agli abitanti.

E se il 20 e 21 settembre dovesse decidere di tagliarne 345 scenderebbe solo a 10,3 parlamentari per ogni milione di abitanti, dunque per i numeri che avete letto prima resterebbe al livello del Regno unito e ancora sopra la Francia, la Spagna e la Germania, il Sud Africa, l’Argentina… Tutto bene? Non proprio.

Prima di spiegare perché non è corretta questo tipo di comparazione bisogna fare una premessa. Non è certo il numero l’elemento determinante a garantire la qualità del parlamento, né la sua rappresentatività: potrebbe darsi il caso di uno stato con venti e passa deputati per milione di abitanti (più del doppio dei nostri oggi) ma tutti scelti con una legge elettorale che esclude le minoranze o alcuni territori.

Magari neanche eletti ma cooptati (come i Lords). E potrebbero tutti essere di scarsa qualità, per esempio perché selezionati male dai partiti e imposti con liste bloccate. Detto questo, siccome la tesi che il parlamento italiano resterà pletorico anche dopo il taglio è dura a morire, vale la pena mettere a fuoco la tabella dell’Istituto Cattaneo.

Si scopre che il calcolo è stato fatto sulla base dei «parlamentari a tempo pieno e con i pieni poteri». Cioè, nel caso nostro che abbiamo un bicameralismo paritario, deputati e senatori. Oggi 950, domani 605 (400 deputati + 200 senatori elettivi + 5 senatori a vita). Dal momento che l’Italia è l’unica tra i paesi presi a paragone che ha e mantiene questo sistema di due camere elettive con gli stessi compiti, nel caso di tutti gli altri paesi il conteggio dei parlamentari viene fatto solo sui deputati.

Quindi, si mette a confronto il numero dei deputati e senatori italiani con quelli dei deputati e basta di tutti gli altri paesi. Non ci pare corretto. Perché il rappresentante è tale quando viene votato. E deputati e senatori vengono votati da noi con due schede diverse, sono due elezioni diverse. Sono ancora due corpi elettorali diversi, visto che si sta appena cominciando a discutere la riforma elettorale che parifica la base elettorale di camera a e senato. Noi non eleggiamo il parlamento, ma la camera e il senato.

L’unico paragone che può avere senso, allora, è quello limitato alle camere basse: si mettono a confronto dati omogenei paragonando il numero relativo dei deputati nei diversi paesi. Lasciando fuori i senatori che molto spesso all’estero non sono eletti direttamente o non esprimono la fiducia al governo. A conti (ri)fatti, se vince il Sì l’Italia avrà 6,79 deputati ogni milione di abitanti. Quindi assai meno di Regno unito, Polonia, Francia, Spagna, Germania, Sud Africa, Argentina… e anche degli altri paesi Ue come Grecia, Paesi Bassi, Portogallo, Romania e Svezia. Ci avvicineremmo alla Corea del Sud (6,1 deputati per milione di abitanti).

Il discorso sarebbe diverso se la riforma costituzionale proponesse una sola camera da 600 deputati, scelti in una sola elezione da tutto il corpo elettorale. In questo caso, effettivamente, l’Italia si collocherebbe al livello degli altri paesi. Almeno nei numeri. La ricerca dell’Istituto Cattaneo offre ottimi argomenti, ma non per il sì: per il monocameralismo.

ANDREA FABOZZI

da il manifesto.it

foto: archivio la Sinistra quotidiana

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Politica e società

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