Se c’è una disposizione apparentemente insensata nel cosiddetto Decreto Salvini è l’articolo 13, che impedisce ai richiedenti asilo, provvisti di regolare permesso di soggiorno, di avere una residenza, e quindi di accedere al servizio sanitario nazionale e ad altri minimi diritti sociali. Ma è così insensata, soprattutto dal punto di vista di chi l’ha voluta e l’ha appoggiata, cioè Salvini e Di Maio?
Che questa norma, insieme all’altra sulla chiusura degli Sprar, getti letteralmente sul lastrico decine di migliaia di migranti e richiedenti asilo è fuori discussione.
Gli stranieri non possono curarsi, andare a scuola se sono minori, trovarsi un alloggio decente e così via.
Che la norma sia ampiamente incostituzionale, in quanto viola il principio della parità di chi risiede nel territorio nazionale è abbastanza evidente, come hanno riconosciuto persino sindaci di destra e del M5S (e ha stabilito due mesi fa una commissione del Consiglio superiore della magistratura).
Ma qualcuno pensa che Salvini si preoccupi di queste ricadute perverse, non solo per il destino di tanti esseri umani, ma anche per la giustizia e il funzionamento delle amministrazioni locali?
Quando promuove le sue leggi (dal Decreto sicurezza alla legittima difesa), Salvini sa quello che vuole: in primo luogo riattivare continuamente un’emergenza immigrazione che non esiste se non per i migranti, e quindi fare della criminalità l’oggetto ossessivo della paranoia pubblica.
Basterà, vedrete, che uno straniero commetta un’aggressione, perché questo ministro, presente sui social più che negli uffici del ministero, si metta a sbraitare contro i migranti ed eserciti il suo ruolo di demagogo-capo del governo.
Il caso di Di Maio è diverso e non ha a che fare con le strategie rozze ma efficaci di Salvini. Forse qualcuno spiegherà a Di Maio, prima o poi, che perseverando nel suo ruolo di appoggio servile a Salvini, il consenso del M5S si ridurrà a metà di quello della Lega…
In gioco, tuttavia, non ci sono solo strategie politico-elettorali, ma un sistema di gestione dei conflitti sociali che, pur nel quadro formale di una democrazia costituzionale, privilegia – in chiave totalitaria – l’odio sulla riflessione e l’illusione sula conoscenza della realtà.
Le strombazzate riforme del cambiamento del governo gialloverde (ma sarebbe ora di chiamarlo giallonero), flat tax e reddito di cittadinanza, si stanno rivelando poco più di fake news.
Nell’indifferenza generale, grillini e leghisti si sono impadroniti della Rai e attentano ai diritti dell’informazione con la legge sull’editoria. E soprattutto, creano un conflitto illusorio tra i supposti “diritti sociali”, che sarebbero difesi da loro, e i diritti “civili e borghesi” difesi dalle élite. Un versione caricaturale della realtà e una trappola ideologica in cui tanti elettori tradizionali della sinistra sono caduti quando hanno scelto di votare Lega e M5S.
La verità è che i diritti dei migranti sono semplicemente «umani», sono di tutti, e hanno a che fare con le condizioni minime di esistenza di una società civile.
Contestando il Decreto sicurezza, i sindaci di alcune tra le più grandi città d’Italia – altro che i quattro gatti di cui parla Salvini – li hanno riaffermati con forza.
Indipendentemente da come finirà il loro conflitto legale con questo ministro intimidatore, i sindaci hanno segnato un punto a favore della civiltà. E non è affatto detto che i metodi di Salvini, basati sulla manipolazione ela violenza verbale, non gli si ritorcano contro.
ALESSANDRO DAL LAGO
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