l decimo messaggio di capodanno agli italiani, quello che Sergio Mattarella pronuncerà stasera alle 20.30, è un record. Giorgio Napolitano, prima di dimettersi tre anni dopo essere stato rieletto, era arrivato a 9. Mattarella però non è tipo da celebrazioni.
Non intende andare oltre i 15 minuti di discorso, ha voluto una location quanto più sobria possibile, non sarà deflagrante come due settimane fa, rivolto allora ai vertici istituzionali. Quella era la platea adeguata per denunciare i rischi seri che corre la democrazia, in Italia e ovunque. Ai cittadini invece il presidente intende inviare un messaggio di ottimismo, incoraggiante pur senza nascondere guasti, problemi e rischi.
Il rischio più grave, e la preoccupazione principale di molti italiani, sono le guerra in Ucraina e in Medio oriente. Il presidente ne parlerà, chiederà la pace ma una pace giusta: in caso contrario sarebbe solo l’incubazione di nuove guerre. Cosa significhi oggi «pace giusta» ma anche possibile in Ucraina non lo sa nessuno e il capo dello Stato non potrà quindi entrare nei dettagli. In Medio Oriente invece una formula precisa c’è e Mattarella la ripeterà con la stessa forza già adoperata nelle settimane scorse: Stato palestinese, due popoli due Stati.
Il presidente ha già più volte insistito sulla necessità di una maggiore giustizia sociale. Lo farà anche stavolta, più o meno direttamente. Denucerà l’assenza di sicurezza sul lavoro, ricorderà l’inaccettabile numero di vittime di incidenti che si sarebbero dovuti evitare. Parlerà di giovani e soprattutto ai giovani, dunque molto di precariato ma anche di bassi salari. È molto probabile che citi quel che il governo finge di non vedere: la barbara situazione delle carceri italiane. Di certo non mancherà, da cattolico e da rappresentante dello Stato italiano, di ricordare l’anno santo appena inaugurato. Sempre e comunque esorterà alla fiducia.
Non significa che Mattarella intenda mettere da parte quelle preoccupazioni profonde che aveva esplicitato appena due settimane fa nel discorso ai vertici istituzionali. Ma la platea è diversa. Ai rappresentanti del popolo era d’uopo rammentare che divisioni insanabili, cedimento continuo alla logica bruta amico/nemico, incapacità di dialogo anche quando è in ballo l’interesse nazionale sono mine che fiaccano non questo o quel governo ma la democrazia. Ai rappresentati ricorderà che la democrazia vive finché il popolo la avverte come una cosa propria, viva e vitale, e come tale la difende partecipandone.
L’astensionismo di massa è la ferita che infliggono alla democrazia i cittadini e se due settimane fa si era soffermato sui colpi che vibra la rappresentanza politica stasera probabilmente, con toni adeguati, passerà a quelli che arrivano dalla mancata partecipazione, dall’astensionismo, dalla disaffezione. Con in mente prima di tutto l’astensionismo ma di certo non solo quello.
Nessuno più di Sergio Mattarella sa che partecipazione democratica non significa solo recarsi ogni tanto alle urne.
ANDREA COLOMBO
foto: screenshot You Tube