Lo abbiamo sentito Matteo Renzi: «Andremo al Quirinale senza pregiudizi… La priorità è aiutare i cittadini…Sprecare i soldi del Recovery… vivere di sussidi sarebbero errori imperdonabili…». «Basta vivere di sussidi» è da mesi il suo intercalare «morale».
Che viene dall’uomo del Jobs Act: l’egemonia neoliberista se parla di «sussidi» non pensa alla montagna di denaro pubblico che sostiene da sempre l’esistenza anche giuridica della figura del padrone.
No, i sussidi sono i «troppi» ristori, il – modesto – reddito di cittadinanza e soprattutto il blocco dei licenziamenti: scade a marzo e già tira il vento gelido, da lotta di classe, di Confindustria che nella crisi vuole la soluzione padronale.
Senonché, fatto tragicomico, il leader di Italia Viva da mesi è protagonista di un via vai in Medio Oriente – con «aerei di Stato» ma di quale Stato? – per «conferenze» e task force, per le quali guadagna un «sussidio» di decine e decine di migliaia di euro o dollari a botta.
Ci sfugge la reale competenza di Renzi: l’unica vera, mediorientale, è stata quella di avere da premier vergognosamente sdoganato il golpista torturatore Al Sisi fin dal 2014 come «l’uomo nuovo del Medio Oriente».
Così ora, sullo sfondo di un vasto mercato d’affari italiani nell’area, il «nostro» va a prendersi i sussidi dal principe saudita Mohammed bin Salman, un criminale che viola i diritti umani per l’Onu e che la stessa Cia considera come il mandante della barbara uccisione nel 2018 dell’oppositore Khashoggi.
Un regime crudele al quale ieri il neopresidente Biden ha sospeso la vendita di armi Usa avviata da Trump. Sì, lavorare per una task force governativa a Riad – ma non tuonava Renzi contro la task force di Conte? – e vivere di sussidi, sauditi, è davvero imperdonabile.
TOMMASO DI FRANCESCO
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