Giovani e politica? Solo nemici reciproci

Rabbia, disgusto e sconforto. Sono queste le tre parole che caratterizzano il rapporto con la politica dei giovani di Roma. Il 52,6% degli intervistati, infatti, e’ informato sui temi di attualita’ politica...

Rabbia, disgusto e sconforto. Sono queste le tre parole che caratterizzano il rapporto con la politica dei giovani di Roma. Il 52,6% degli intervistati, infatti, e’ informato sui temi di attualita’ politica ma preferisce non impegnarsi in quest’ambito contro appena il 4,9% che dichiara di esserne appassionato. È quanto emerge da un’indagine condotta dalle Acli provinciali di Roma e dalla Cisl di Roma e Rieti, in collaborazione con l’Iref, secondo cui solo il 17,8% tra i 1.029 intervistati parla di ‘speranza’. Dalla ricerca condotta tra i ragazzi di eta’ compresa tra i 16 e i 29 anni (54,4% ragazze e 45,6% ragazzi) la principale attenzione-reoccupazione e’ appunto, il lavoro.

Un vero e proprio “zoccolo duro” che resiste, nel caso di Roma, anche alla fascinazione di un movimento, come quello dei grillini, a cui tutti si può addebitare ma non che non veda tanti giovani tra le sue fila. A molti commentatori, infatti, non è sfuggito che l’affermazione di M5S non è riuscita a cambiare di molto la percentuale di astensioni registrata nella capitale d’Italia.

Si tratta di valori molto simili a quelli usciti da un sondaggio de “L’Espresso” condotto un anno fa circa. In quell’occasione venne fuori che circa la metà dei giovani si interessava “poco” di politica e il 25% “per niente”. “Molto” e “abbastanza” insieme non arrivavano al 30%. Che dire?

“In questo momento gli elettori con oltre 65 anni sono un milione in più di quelli che hanno meno di 35 anni”, spiegò Alessandro Rosina, docente di Demografia e statistica sociale della Cattolica di Milano. Ridurre il problema demografico da una parte, e coinvolgere i giovani nel processo elettorale dall’altra, “diventano così delle priorità per la salute della democrazia. E per questo torna attuale il tema dell’allargamento del diritto di voto anche a chi ha compiuto 16 e 17 anni: un popolo che colmerebbe quel divario generazionale di un milione di abitanti”.

Allargamento del diritto di voti che dovrebbe riguardare anche i cinque milioni di migranti attualmente residenti nel nostro paese. Per un’Italia in netta crisi demografica è un po’ arduo pensare a una “ripresa” almeno da quel punto di vista. Ma questa “rivoluzione” sarebbe davvero troppo per i partiti che a malapena controllano i flussi di voto in un periodo così difficile per i sondaggi elettorali. Nessuno, ovvio, se la sente di rischiare. L’analisi di Alessandro Rosina è chiara: “Il loro voto è molto fluido. Stiamo parlando di generazioni post-ideologiche. È un voto ancora non consolidato che può andare più verso i movimenti e i partiti di opposizione che verso quelli più tradizionali. E proprio per questo costringerebbe i partiti ad occuparsi di loro e a cercare di mettersi in sintonia con il loro linguaggio e le loro aspettative”.

Due “mondi” che non sembrano proprio sintonizzarsi sulle rispettive lunghezze d’onda. Secondo un sondaggio di LaPolis del 2013 ben il 46.7% dei giovani pensa addirittura che la democrazia potrebbe funzionare “senza partiti”. Che cosa fanno i giovani allora? La maggioranza, il 35% circa, preferisce il volontariato, sempre secondo lo stesso sondaggio di LaPolis. Insomma, qualsiasi cosa purché lontano dai partiti. Ma che bel risultato, no Renzi!

FABIO SEBASTIANI

da Contro la crisi

foto tratta da Pixabay

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