Onde Radicali è il titolo del documentario che Gianfranco Pannone dedica alla storia di Radio Radicale abbracciando oltre quarant’anni di giornalismo e vita civile del nostro Paese. Realizzato in collaborazione con AAMOD, il film ripercorre attraverso interviste e materiali di repertorio audio e video, le vicende di una testata giornalistica «dentro ma fuori dal palazzo», organo d’informazione che con le sue dirette da Parlamento, CSM, tribunali, Corte costituzionale e congressi di partito ha reso realmente pubblico l’accesso ai discorsi e alle logiche delle principali istituzioni italiane. Non una semplice radio, dunque, né solo un archivio vivo e in aggiornamento, ma un progetto di mappatura della vita collettiva capace di unire la visionarietà di Borges al senso civico di Luigi Einaudi a cui si deve lo slogan che accompagna oggi la testata: «conoscere per deliberare».
La radio nasce a Roma tra 1975 e 1976 in un appartamento del quartiere Monteverde su iniziativa di alcuni militanti radicali tra cui Pino Petrolucci che nel film ricorda: «Sono andato da Marco Pannella con tutte le attrezzature che avevo a casa dicendo: Io ho una radio pronta per trasmettere, vorrei fare qualcosa di diverso». E lui ha detto: Vuoi fare Radio Radicale? Falla».
Sono gli anni delle radio libere che permettono ai radicali di rappresentare in modo economico e indipendente quel che non veniva rappresentato tenendo in primo piano le lotte per i diritti. Sono anche gli anni dei primi esponenti del Pr eletti alla Camera e la radio diventa uno strumento per seguire i lavori di Montecitorio grazie a un telefono e a uno di quegli altoparlanti che diffondevano i dibattiti nelle sale interne del palazzo. Nascono così le prime dirette dal Parlamento, un’intuizione che smarca Radio Radicale dall’essere solo organo di parte lasciandone emergere la vocazione di «servizio pubblico gestito privatamente».
Onde radicali è scandito da alcuni momenti-chiave in cui ogni evento storico coincide con un mutare dell’informazione di cui RR è protagonista: la manifestazione del 12 maggio 1977 raccontata dalle voci della piazza e la lunga diretta che segue la morte di Giorgiana Masi; il rapimento del magistrato Giovanni D’Urso da parte delle BR nel 1981 e la campagna per il rilascio a cui partecipò anche Leonardo Sciascia dai microfoni dell’emittente allora diretta da Lino Iannuzzi; il caso Tortora con l’esperienza straordinaria della radio che entra nell’aula bunker di Poggioreale per documentare il processo suscitando l’ostilità del pubblico ministero e la diffidenza della stampa tradizionale. Non è un passato per cui provare nostalgia anche se pensando a com’è diventata pulviscolare l’informazione oggi può venire un brivido di rimpianto sentendo dire a Valeria Ferro: «in quegli anni si aveva la sensazione di essere ago della bilancia. Di poter incidere sulle cose».
E poi ci sono i problemi finanziari, la situazione instabile di una testata periodicamente a rischio chiusura che nel 1986 apre le sue segreterie telefoniche per raccogliere voci di sostegno o di dissenso e si ritrova travolta dal flusso di coscienza di un Paese. Tra invettive e provocazioni, i nastri di RR registrano un rancore latente che la politica non riesce più a intercettare. «Radio parolaccia» diventa così espressione di un paese diviso a metà, nel conflitto tra Nord e Sud, tra uomini e donne, tra destra e sinistra, tra religione e laicità.
Quando viene meno la forza legittimante delle ideologie, Massimo Bordin inventa un nuovo modo di fare rassegna stampa con Stampa e regime.
Il film intreccia le «teste parlanti» (tra cui Alessio Falconio, Roberto Giachetti, Marco Taradash, Paolo Vigevano, Francesco Rutelli, Rita Bernardini, Toni Garrani, Gianfranco Spadaccia, Michele Lembo, Antonio Cerrone, Valter Vecellio) e la loro immagine presente e passata con un tappeto sonoro che scorre sulla capitale per lo più ripresa dall’alto, come se la voce viaggiasse attraverso spazio e tempo. Onde radicali racconta dunque un giornalismo capace di reinventarsi per dare voce agli ultimi, agli immigrati, alle persone detenute, alle vittime delle guerre dimenticate, come faceva l’inviato Antonio Russo, ucciso a trentanove anni nel 2000 mentre raccontava la guerra in Cecenia.
SILVIA NUGARA
foto: da il manifesto
Il documentario sarà proiettato venerdì 22 ottobre al MAXXI nell’ambito della Festa di Roma poi andrà in onda il 2 novembre alle 21,15 su Sky Documentaries e resterà disponibile su NOW.