Il gas sfiora i 300 euro al megawattora ma il governo italiano getta acqua sul fuoco. L’incubo bollette per famiglie e imprese dovrebbe essere calmierato dalle parole al Meeting di Rimini del sottosegretario alla presidenza del consiglio Roberto Garofoli. Da consumato dirigente azzeccagarbugli, il «più bravo» (parola di premier) dell’esecutivo Draghi ha sillabato: «Il governo continuerà nelle prossime settimane a monitorare questa situazione e a muoversi sul solco tracciato dal capo dello stato al momento dello scioglimento delle Camere», tenendosi lontanissimo dalle sparate ottimistiche dei giorni scorsi del ministro competente Roberto Cingolani.
Garofoli parlava a un panel alla kermesse riminese di Comunione e liberazione assieme all’amministratore delegato di Enel Francesco Starace, anch’esso relativamente ottimista nel rivelare come «l’attività dei governi europei di cercare di mitigare il costo dell’energia sia destinato nel breve a funzionare ma temo che questa difficoltà energetica si protrarrà più a lungo» di quanto stimato, proponendo (senza spiegare come) di «andare direttamente alla causa che genera questa situazione, ovvero l’ingiustificato prezzo della materia prima gas».
Cosa farà il governo dimissionario è difficile prevederlo, anche perché – diversamente dall’ultimo provvedimento – nuove misure dovrebbero essere coperte finanziariamente.
Nel frattempo è arrivato il grido di dolore del presidente di Confindustria Carlo Bonomi che parla apertamente di «razionamento». «Chiediamo di affrontare seriamente e immediatamente la predisposizione di un eventuale piano di razionamento: dal primo ottobre inizia l’anno termico e le imprese non sanno ancora come dovranno affrontarlo. Chiediamo un tetto al prezzo del gas e se non viene fatto in Europa, dobbiamo farlo a livello nazionale, lo stiamo chiedendo da mesi».
Il tema inevitabilmente sarà al centro della campagna elettorale. È già ieri il Pd ha lanciato cinque proposte contro il caro bollette, presentate direttamente dal segretario Enrico Letta. Prevedono al primo punto il «controllo dei prezzi dell’energia elettrica, con l’introduzione in via transitoria per 12 mesi di un regime di prezzi amministrati per l’energia elettrica attraverso la fissazione di un tetto nazionale al prezzo dell’elettricità fissato a 100 euro al megawattora per imprese e utenze domestiche».
Come secondo intervento, il Pd propone «un nuovo contratto ‘luce sociale per microimprese e famiglie con redditi medi e bassi con fornitura elettrica prodotta totalmente da fonti rinnovabili e gratuita fino ad un massimo di 1.350 di chilowattore-anno per famiglia (pari al 50% del consumo medio), con prezzi comunque calmierati sulla parte eccedente». Al terzo punto, il piano prevede il «raddoppio del credito d’imposta per compensare per gli extra costi delle imprese per gas e elettricità a partire dal mese di giugno di quest’anno (dal 25 al 50% per le imprese energivore e gasivore; dal 15 al 30% per le altre imprese).
Le misure sarebbero finanziate con la proroga e l’estensione ad altri settori del contributo straordinario sugli extra profitti delle imprese energetiche».
Il quarto punto consiste in «un grande piano nazionale di risparmio energetico, incentivando degli investimenti delle imprese in efficienza energetica, e investimenti su produzione di energia da fonti rinnovabili nel quadro dell’accelerazione alla transizione ecologica che abbiamo messo come punto centrale del nostro programma». Infine, «una pressione a livello Ue per l’introduzione di un tetto europeo al prezzo del gas».
L’ex alleato Carlo Calenda invece si lancia in lodi sperticate per i rigassificatori e per il gas egiziano. «Non si deve perdere tempo con la nave di rigassificazione a Piombino e non si deve dire no al gas egiziano come dice Letta, perché è una follia», ha dichiarato il leader di Azione Carlo Calenda.
Sul tema «rigassificatori» ieri sono arrivate due notizie. A Piombino, dove l’intera città contesta il progetto, il presidente della Regione Eugenio Giani ha annunciato «la convocazione della conferenza di servizi per il 19 settembre», cercando di placare le proteste con la promessa che la nave rigassificatrice «non stia per più di tre anni». Più entusiasta il presidente dell’Emilia-Romagna Stefano Bonaccini: «Il rigassificatore a Ravenna lo faremo, sta succedendo qualcosa di importante: Cgil e Cilsl e Uil e tutte le associazioni imprenditoriali ci dicono di farlo», auspicando poi che «il prossimo governo ci lasci fare il più grande parco eolico flottante d’Italia e fra i più grandi d’Europa».
NINA VALOTI
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