Fuori da ogni compromissione

Finalmente la borghesia italiana può scegliere: non deve più deglutire quel centrosinistra cui erano un tempo alleati anche i comunisti o quel centrodestra cui faceva di necessità virtù nel...

Finalmente la borghesia italiana può scegliere: non deve più deglutire quel centrosinistra cui erano un tempo alleati anche i comunisti o quel centrodestra cui faceva di necessità virtù nel voto per evitare appunto la parte liberal-progressista del panorama politico italiano. La scena si è diversificata, il bipolarismo vive solo nella forma della vergogna della legge elettorale pensata come trucco e non come regola uguale per tutti, e anche il giornale più democratico che ci sia, “la Repubblica”, è costretto nei sondaggi a non mettere più la sinistra tra “gli altri”, ma colora cinque strisce: una azzurra per Berlusconi e la sua alleanza tra PDL e Lega, una marroncina per il centrosinistra, una bianca per la coalizione di Monti, una gialla per quella grillina e una arancione per Rivoluzione Civile di Ingroia.
Cinque opzioni, trascurando le altre. Non è proprio un ritorno alla proporzionale, ma almeno mentalmente gli italiani sanno che non sono più davanti ad un bivio dove si può esercitare il ricatto del voto utile. Ora si vota secondo la propensione anche ideale, secondo la vicinanza sociale ad una forza politica, secondo il proprio interesse percepito nei programmi, nelle parole dei vari leader che cominciano a pronunciarle in televisione, alla radio e su Internet.
E’ la prima volta dopo tanti, tanti anni, che la politica italiana parla a più di due voci e si lascia interpretare secondo lo schema non del “meno peggio”, ma del “più utile”, dell’incisività che può determinarsi su questa o quella maggioranza a seconda della forza che verrà data a questa o a quella compagine.
Silvio Berlusconi non rappresenta più il pericolo per la democrazia repubblicana: questa sua caratteristica, che ha avuto per molti anni, è venuta meno con la comparsa sulla scena della parte rispettabile della politica di centrodestra. Mario Monti ha giocato per un anno sulla voglia di ripresa politica tanto del PD quanto del PDL, mantenendoli entrambi in maggioranza con la promessa di un accredito presso la grande imprenditoria e quindi verso serbatoi di consenso e di potere non certo trascurabili.
L’abilità del proconsole bocconiano della BCE è venuta completamente fuori quando ha rotto quel patto che gli aveva fatto giurare e giurare ancora che non si sarebbe candidato, che il suo mandato di presidente del Consiglio sarebbe terminato nel 2013 e che avrebbe lasciato spazio alla volontà popolare di scegliere nuovamente un politico alla guida del governo italiano.
Ma si sà, il diavolo fa le pentole e di rado fa i coperchi. E sulla pentola del futuro Parlamento, Mario Monti ha già messo un bel coperchio: ha occupato la zona di centro con l’interessato aiuto di Casini e Fini, ha liquidato la sua maggioranza parlamentare e, al contempo, ha mantenuto intatto il profilo istituzionale su un piano meramente tecnico, separando la campagna elettorale da quella che ormai – dopo lo scioglimento anticipato delle Camere – è divenuta per il suo esecutivo una semplice ordinaria amministrazione degli affari della Repubblica.
La ristrutturazione politica degli affari interni della borghesia imprenditoriale gioca con le vite delle persone più povere, della sempre più larga fascia di pauperismo che si fa avanti e che divora chi, un tempo, poteva dirsi un “borghese piccolo piccolo”, ma pur sempre al di sopra della soglia della disperazione quotidiana sullo sbarco del lunario.
Non c’è più salvezza davanti ad una crisi che i programmi politici di Monti, del centrosinistra e persino quelli un po’ avventurosi e scialbi del berlusconismo in disgrazia prevedono per il prossimo governo del Paese.
Tutti individuano nelle tassazioni indirette e non in una patrimoniale vera (non sull’Imu che va ad infierire proprio su chi fa sacrifici per avere una casa dopo decenni di mutuo…) il metodo collaborativo generale per far uscire dalla crisi il capitalismo italiano e farne, sempre e solo con la compressione dei salari e dei diritti dei lavoratori, un volano concorrenziale con gli altri gruppi di potere economico continentali e internazionali.
Le differenze sono poche: Stefano Fassina si esprime per una variazione dell’Imu, per la sua trasformazione in una tassazione sulle grandi abitazioni ma non si spinge dove ci spingiamo noi, ossia nell’abolizione di questa tassa e nella sua sostituzione con una imposta sui patrimoni e non solo sulle abitazioni di lusso: i patrimoni contengono anche le spinose questioni dei grandi accumuli di denaro che sono stati scudati, fatti uscire dal nostro Paese per le peggiori speculazioni e poi fatti rientrare con la protezione del condono governativo berlusconiano.
Per questo non c’è ormai più pericolo sul fronte berlusconiano, ma c’è grande timore per una eventuale vittoria o grande imposizione elettorale del montismo. Ovviamente il PD è pronto a sostenere un governo che prosegua sulla via delle riforme strutturali di quella borghesia che proprio Monti incarna così bene e che in lui ha trovato finalmente l’interlocutore tecnicamente preparato, che sa tradurre politicamente le esigenze del grade potere finanziario italiano in base alle regole dettate dalla Banca Centrale Europea.
Il cerchio si chiude e quadra benissimo. Il centrodestra di Berlusconi è più un servo sciocco che altro. Ha il consenso di una buona parte dell’elettorato che vorrebbe essere più spregiudicato nell’imposizione di regole che intervengano nelle tasche della povera gente. Monti non ha questo volto da vampiro un pò burlesco, ma quello del vero vampiro, che non tradisce emozioni, che si guarda bene dal recitare a soggetto, ma che è – proprio per questo – l’elemento politico più reazionario che c’è sul panorama politico attuale.
Il prossimo governo dovrebbe trovarsi davanti, almeno in Parlamento, una sinistra capace di avere i numeri per rendere difficile l’attuazione di una nuova serie di interventi antipopolari e antisociali.
Se mai è esistito un vero voto utile, oggi, per tutti coloro che non arrivano a fine mese, che vivono sopravvivendo, che sono disoccupati, precari e privi di diritti sociali e civili, questo voto utile oggi non può che essere dato alla sinistra slegata da compromissioni di ogni tipo. Questo voto utile non può che essere per quel proletariato rosso che avanza nel suo simbolo e che chiede, senza retorica ma con grande decisione, una vera Rivoluzione Civile.

MARCO SFERINI

29 gennaio 2013

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