Frode europea: Le Pen è ineleggibile, destra sulle barricate

La leader del Rassemblement National sfida la condanna: «Non mi ritiro». Il suo delfino Bardella chiama la piazza

Marine Le Pen sfida la sentenza, non si ritira «in nessun modo dalla vita politica», malgrado la condanna a 5 anni di ineleggibilità, con effetto immediato, per la frode in totale di 4,6 milioni al Parlamento europeo. «Eliminata come milioni di francesi» afferma alle otto di sera in tv su Tf1 – 11 milioni di voti alle ultime elezioni – da una «giustizia politica» con «pratiche che pensavamo riservate a regimi autoritari».

Il presidente del Rassemblement National, Jordan Bardella, parla di «scandalo democratico», di «democrazia francese giustiziata», promette un «mobilitazione popolare» e lancia una petizione di sostegno. Al Rn c’è chi parla di «colpo di stato istituzionale» dei giudici, paragona la Francia alla Turchia, dove il leader dell’opposizione è in carcere, «una dittatura dei giudici» che «vuole impedire al popolo di esprimersi».

La sentenza ha fatto l’effetto di una bomba. Marine Le Pen, già tre volte candidata alla presidenza della Repubblica e in via di presentarsi di nuovo nel 2027 con dei sondaggi che al momento la mettono in testa al primo turno tra il 34 e il 37% dei voti, è stata condannata a 4 anni di carcere – 2 con la condizionale e gli altri due con braccialetto elettronico – e 100mila euro di multa, entrambe sospese in attesa del processo in appello

. Ma è la terza parte della sentenza che sta suscitando un polverone: la condanna a 5 anni di ineleggibilità, con «esecuzione provvisoria» e «immediata», cioè dove l’appello non è sospensivo e non c’è nessuna possibilità di ricorso, in conformità con la legge Sapin 2 anticorruzione fatta votare dal Ps nel 2016. Marine Le Pen è esclusa dalla corsa all’Eliseo nel 2027, anche se tecnicamente la sentenza di appello, se arriva in tempo ed è di assoluzione o almeno non contempla l’ineleggibilità prima del terzo grado (Cassazione), potrebbe riaprirle la strada.

La presidente del tribunale, Bénédicte de Perthuis, ha giustificato l’effetto immediato dell’ineleggibilità con il rischio di «perturbazione all’ordine pubblico» rappresentato da una candidata alle presidenziali condannata per truffa e per quello di «recidiva», visto che Marine Le Pen e gli altri 21 coimputati ieri non hanno mai ammesso il reato, durato dal 2004 al 2016.

Tra gli ex europarlamentari condannati c’è Louis Alliot, un ex fidanzato di Marine Le Pen, sindaco di Perpignan: 18 mesi di carcere, ma in questo caso l’ineleggibilità non ha effetto immediato e quindi non deve lasciare la carica per «preservare la libertà degli elettori», fino alla fine del mandato tra un anno. Del resto, Marine Le Pen conserva il suo seggio di deputata all’Assemblée Nationale. Le pene dei 25 condannati (16 ex assistenti, 9 ex parlamenti) vanno da 6 mesi a 4 anni di carcere, il Rassemblement national ha 2 milioni di multa (solo uno da versare, il secondo in caso di recidiva).

Per 12 anni, l’allora Front National ha utilizzato i soldi del Parlamento europeo per finanziare il funzionamento del partito in Francia, una pratica esplicitamente proibita dal Parlamento europeo, che era parte civile al processo, a cui sono stati sottratti 4,6 milioni di euro. La sentenza afferma che Marine Le Pen era «al cuore del sistema» di truffa, che ha rappresentato «un doppio imbroglio», sia contro l’Europarlamento sia contro «gli elettori». Nel 2023 Marine Le Pen ha già restituito 300mila euro, una parte dei soldi sottratti per pagare la sua guardia del corpo o la sua capa di gabinetto (che ha trascorso solo 740 minuti al Parlamento europeo).

Il Cremlino è stato il primo a reagire, accusando la Francia di «violazione delle norme della democrazia», seguito da Orbán, Salvini, l’olandese Wilders, Elon Musk. In fine l’appoggio dell’amministrazione Usa: «L’esclusione dei candidati dalla politica è preoccupante, data la legislazione aggressiva e corrotta intrapresa contro il presidente Trump», ha detto la portavoce del Dipartimento di Stato, Tammy Bruce.

L’estrema destra in Francia gioca la carta della vittima, punta il dito contro il «governo dei giudici» e «una sentenza politica». L’Usm (Unione sindacale magistrati) ribatte: «Non è il processo ad essere politico, ma le conseguenze, non bisogna invertire i valori». Il Csm mette in guardia su chi «rimette in causa l’indipendenza dell’autorità giudiziaria». Ma per Marion Maréchal Le Pen, la nipote, «la sola colpa di Marine Le Pen è che sta portando il nostro campo sulla strada della vittoria».

Eric Ciotti, ex repubblicano allineato con il Rn, parla di «cabala giudiziaria» e si domanda: «La Francia è ancora una democrazia? oppure c’è un “sistema” per scartare chi è più a destra?». Il capogruppo Lr, Laurent Wauquiez si interroga su «una decisione molto pesante e eccezionale non molto sana per la democrazia» (qui pesa anche la richiesta di 7 anni di carcere per l’ex presidente Sarkozy sui finanziamenti di Gheddafi per la campagna del 2007). Il primo ministro, François Bayrou, che ha anch’egli avuto a che fare con il processo del MoDem sugli assistenti parlamentari (ma è stato discolpato personalmente), pare sia in imbarazzo.

A sinistra, i socialisti invitano a «rispettare l’indipendenza della giustizia e lo stato di diritto». I verdi insistono su «tutti uguali di fronte alla giustizia». Il Pcf ricorda che «Marine Le Pen accusa la giustizia di essere lassista, adesso vede che non è vero». La France Insoumise scarta – nel 2016 il predecessore, il Parti de Gauche si era astenuto sulla Sapin 2 – e critica la condanna all’ineleggibilità con applicazione immediata: l’estrema destra si deve «battere nelle urne». Per Jean-Luc Mélenchon, dal 2017 anch’egli sotto inchiesta al parlamento europeo per gli assistenti, «la decisione di destituire un eletto dovrebbe toccare al popolo».

François Ruffin, allontanato da Lfi, parla di «buona notizia» per la sentenza, ma mette in guardia: «Chi crede che se Marine Le Pen crolla l’estrema destra crolli non capisce il paese».

ANNA MARIA MERLO

da il manifesto.it

foto: screenshot tv

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