Far parlare le immagini. Intervista a Maurizio Nichetti

La "settima arte" secondo il più originale degli autori italiani
Maurizio Nichetti

Tra gli anni settanta e gli anni ottanta nelle sale italiane si affacciò e si affermò una nuova generazione di comici che aveva nei dialoghi, nel parlato, nella lingua il punto di forza. Basti pensare all’irruenza verbale di Roberto Benigni, alla toscanità verace di Benvenuti e Nuti, alla stralunata romanità di Carlo Verdone, all’indimenticabile borbottio napoletano di Massimo Troisi. Tutti connotati dalla propria lingua, da una cadenza tipica. Tutti tranne uno, Maurizio Nichetti (Milano, 8 maggio 1948) che faceva e fa ridere parlando pochissimo e che mi concede con grande disponibilità questa intervista.

1. Maurizio Nichetti

Mimo, sceneggiatore, regista (per cinema, tv, teatro, lirica), attore, ha iniziato sul palcoscenico, ha lavorato nel Piccolo Teatro di Milano, ha fondato la compagnia Quelli di Grock (animata anche da Giorgio Gero Caldarelli, poi interprete del Gabibbo), e ha lavorato come sceneggiatore per Bruno Bozzetto. Il suo debutto sul grande schermo avvenne proprio col grande disegnatore sia scrivendo alcune storie del signor Rossi sia partecipando ad Allegro non troppo, una risposta a Fantasia della Disney, poco conosciuto nel nostro Paese. Com’è stata la collaborazione con Bozzetto? Quanto ha influito nella sua carriera?

È stato il mio primo impiego ufficiale. otto anni passati tra i cartoni animati, lasciano il segno. In più lavoravamo quotidianamente anche per la pubblicità che, all’epoca, era una palestra di sperimentazione continua, in particolare per i filmati a tecnica mista (Saila Menta “Che Sapore è questo qua, è sapore di città” tanto per fare un esempio).

Il debutto come regista avviene, invece, col surreale Ratataplan (1979), iconica la lunga sequenza del “bicchiere d’acqua”. Come è nata l’avventura dell’ingegnere Colombo? Da dove deriva l’onomatopeico titolo?

2. Ratataplan (1979)

Ratataplan è figlio inevitabile di quegli otto anni che lo hanno preceduto. Film muto, senza dialoghi. avevo studiato mimo al Piccolo Teatro di Milano e, per me, esprimermi senza parole era naturale. Le gags con il gusto del cartone animato venivano direttamente dalla mia esperienza come sceneggiatore allo Studio Bozzetto. Ho utilizzato tutto quello che conoscevo meglio…

Nei suoi film si vede una grande passione per il cinema, in particolare per il cinema muto. In Ratataplan e nel successivo Ho fatto splash (1980), storia di un bambino che si addormenta davanti alla TV e si risveglia adulto dopo venti anni, si vedono tra l’altro foto e immagini di Charlie Chaplin, Buster Keaton, Stan Laurel e Oliver Hardy, dei fratelli Marx. Aggiungendo a questi nomi anche quello di Jacques Tati, quale è stato e quale è il suo punto di riferimento?

L’amore per tutti gli autori che ha nominato è un unicum indivisibile di cui ero a conoscenza. Tra tutti, i miei preferiti erano Stanlio e Ollio (per le meccaniche comiche di coppia) e Buster Keaton per la grande dignità della sua maschera facciale: faccia di pietra. Ho sempre considerato un pregio riuscire a far ridere senza partecipare al divertimento dello spettatore. Keaton sembrava inconsapevole di quanto potevano essere comiche le sue espressioni impassibili e con i suoi film ha anche costruito un montaggio, delle storie molto più cinematografiche di altri.

Negli anni successivi al suo debutto ha alternato la regia, ad esempio Il Bi e il Ba (1985), alla recitazione in film diretti da altri, su tutti Bertoldo, Bertoldino e Cacasenno (1984) di Mario Monicelli. Preferisce fare l’autore, il regista o l’attore?

3. Bertoldo, Bertoldino e Cacasenno (1984) di Mario Monicelli

Premesso che poter scrivere un film, interpretarlo e dirigerlo ti permette di avere sotto controllo ogni minimo particolare prima, durante e dopo il set devo dire che quando mi è capitato di fare solo il regista (Palla di neve) l’attore (Bertoldo, Bertoldino e Cacasenno di Mario Monicelli) o lo sceneggiatore (con Camilleri per La scomparsa di Patò) mi sono sempre impegnato al massimo pur condividendo la responsabilità del prodotto finale con altri.

Negli anni ’80 si sviluppò un dibattito sulle interruzioni pubblicitarie dei film in TV. Quasi in risposta realizzò Ladri di saponette (1989) in cui la storia del film e gli spot interagiscono e si intersecano. Una volta di più l’ironia per criticare un sistema?

Assolutamente sì e in anticipo sul dibattito politico che, quando è partito, mi ha trovato già col film finito. È stato il mio modo personale di rappresentare un cambiamento che avrebbe modificato in modo irreversibile il rapporto tra cinema e spettatori…

A proposito di televisione, lei realizzato pubblicità e trasmissioni, ricordo con simpatia Quo vadiz?, ma quale è oggi il suo rapporto col piccolo schermo?

4. Ladri di saponette (1989)

Il piccolo schermo di oggi non è più quello di ieri. I grandi televisori piatti digitali, possono riempire una intera parete di casa e le decine di piattaforme on demand ti permettono di scegliere il programma preferito all’ora che vuoi… Io sono un curioso, abbonato seriale a tutto ciò a cui ci si può abbonare (distorsione professionale) ma ultimamente sto rivedendomi tutti i film anni ’50 di Don Siegel su You Tube (che è gratis!) questo la dice lunga sulla crisi delle sale cinematografiche e, a breve, su una selezione naturale sugli abbonamenti che, prima o poi, cominceremo anche a disdire…

Forse uno dei suoi film più conosciuti è Volere Volare (1991), la storia di un amore impossibile che vede l’interazione tra il disegno animato e gli attori in carne ed ossa, realizzato insieme a Guido Manuli. Spesso è stato fatto un confronto con Chi ha incastrato Roger Rabbit, ma possiamo dire che voi avevate avuto l’idea prima di Robert Zemeckis?

Lo diciamo perché è vero. Io e Guido Manuli (capo animatore dello studio Bozzetto negli anni ’70) avevamo in mente un film del genere da sempre e dal 1980 (dopo Ho fatto Splash) abbiamo cominciato a scriverlo. Roger Rabbit è del 1988 e, proprio grazie al successo di questo film, nel 1989, dopo nove anni di inutili ricerche, siamo riusciti a trovare le risorse economiche per realizzare Volere Volare. Abbiamo la prova di tutto questo in un test tecnico (inserito come extra nel DVD di Volere Volare) del 1983 con cui andavamo in giro, io e Guido, a cercare produttori per il film. Alla fine ci è voluto un successo americano per dimostrare che il cartone animato poteva anche essere apprezzato da un pubblico più adulto…

5. Volere Volare (1991)

Come altri autori ha film non realizzati. Penso a Cartoon Lover, ideale prosecuzione di Volere Volare, ad un viaggio da Vinci a Milano pensato per Troisi e Benigni e a Rosetta e Fortunato, un’opera biografica sul futurista Fortunato Depero. Quale le piacerebbe riprendere e realizzare?

Il più attuale sarebbe sempre raccontare la storia d’amore tra Rosetta e Fortunato, una bellissima storia di una coppia che ha attraversato il Novecento con grande entusiasmo, creatività (e fatica) intuendo per primi la forza delle arti applicate che, nella seconda metà del secolo scorso sarebbero diventati campi d’azione riconosciuti e autonomi quali: design, pubblicità, scenografia, costumi…

Ha diretto e lavorato con grandi attrici e grandi attori. Tra gli altri Angela Finocchiaro, Mariangela Melato, Paolo Stoppa, Nino Frassica, Marco Messeri, Leo Gullotta, Renato Scarpa, Milena Vukotic, Paolo Villaggio. Purtroppo alcuni ci hanno lasciato, ma potesse scegliere chi richiamerebbe per il suo prossimo film?

Angela è stata la prima attrice con cui ho lavorato (Ratataplan, Ho fatto Splash, Volere Volare, Mammamia, Il Dottor Clown… ) e sono sicuro che avremo ancora occasione di lavorare insieme. Con Milena Vukotic abbiamo una bella amicizia che ci porterà a Teatro OFF/OFF in ottobre a Roma (dopo tanti rinvii causa Covid) con un bellissimo monologo sulla figura di Emilie di Chatelet (“Milena ovvero Emilie” di Francesco Casaretti) a cui stiamo lavorando da un paio d’anni.

6. Milena Vukotic e Maurizio Nichetti in Stefano Quantestorie (1993)

I suoi film hanno ricevuto numerosi premi, Nastro d’Argento, San Giorgio d’Oro al Festival di Mosca, Globo d’Oro, Ciak d’Oro, David di Donatello. C’è un riconoscimento cui è particolarmente legato?

I premi se sono vinti in Festival internazionali fanno sempre piacere. Scoprire che Ladri Di saponette ha vinto a Mosca, Volere Volare a Montreal e Luna e l’altra a Bruxelles. I riconoscimenti della critica cinematografica sono una conferma che il proprio lavoro ha anche un valore di qualità oltre al successo presso il pubblico… ma anche quando mi è capitato di ricevere il premio più piccolo nel paese più lontano, in una manifestazione insignificante sono sempre stato accolto dalla simpatia di una platea che ti da la stessa emozione di una serata ai Golden Globe a Los Angeles (Luna e l’Altra, 1997)

Ha realizzato film molto diversi tra loro, oltre a quelli già citati ricordo Domani si balla! (1982), Stefano Quantestorie (1993), Palla di neve (1995), Luna e l’altra (1996), Honolulu Baby (2001), in cui ha sperimentato molto (penso anche alla sequenza di fronte allo specchio in Ho fatto splash). Oggi è Direttore artistico della sede milanese del Centro Sperimentale di Cinematografia. Quale futuro vede per il cinema?

7. Maurizio Nichetti

Se per cinema intendiamo il racconto per immagini dobbiamo includere anche le stories che postiamo su Instagram (anche Nanni Moretti ci ha raccontato il suo arrivo a Cannes e i retroscena del Festival sul suo profilo Instagram… ) Forse non è il cinema che abbiamo amato nel 900, forse oggi dobbiamo andare a cercare qualche vecchio film in bianco e nero per godere ancora di un dialogo o di un’inquadratura, ma se avessi vent’anni nel 2021, vorrei sapere come poter vivere di cinema nei prossimi quarant’anni… Per questo al Centro Sperimentale di Milano dove ci occupiamo soprattutto di Comunicazione Audiovisiva non smettiamo mai di cambiare, imparare, sperimentare. Saper far parlare le immagini è un mestiere molto preciso, quando lo sai fare puoi decidere in u8n secondo momento se vuoi sfidare una sala cinematografica, una serialità televisiva o l’immediatezza di un 30” pubblicitario. Se affronti tutti questi campi con serietà, curiosità e rispetto riuscirai sempre a vivere del tuo lavoro, altrimenti potresti anche rischiare di sopravvivere nella frustrante ricerca di un’autorialità che, molto probabilmente, si è espressa al suo massimo nel secolo scorso.

C’è un erede di Maurizio Nichetti?

Più che cercare un erede, mi piace pensare che ognuno di noi ha preso il testimone in una staffetta e ha portato il suo contributo in un percorso che porta una fiaccola sempre più avanti. C’è chi ha corso di più e chi ha appena preso in mano il testimone ora, ognuno col suo passo, con la sua personalità, l’importante è che il cinema, in tutte le sue declinazioni, presenti o future, in tutte le sue forme di cambiamento, continui a correre.

MARCO RAVERA

redazionale


Immagini tratte da: immagine in evidenza, foto 7 da it.wikipedia.com; foto 1 da www.maurizionichetti.it; foto 2, 3, 4, 5, 6 Screenshot del film riportato nella didascalia.
Le immagini sono di proprietà dei legittimi proprietari e sono riportate in questo articolo solo a titolo illustrativo.

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