A Bruxelles ormai siamo diventati il «caso Italia». Ieri sera il parlamento europeo ha improvvisamente deciso di inserire all’ordine del giorno della plenaria un dibattito intitolato «Diritti dei bambini delle famiglie arcobaleno, in particolare la situazione in Italia».

A chiedere la discussione – dopo il rifiuto del parlamento italiano di ratificare il certificato europeo di filiazione e dopo lo stop imposto ai sindaci dal Viminale alla trascrizione dei figli delle coppie omosessuali – sono stati i Verdi e i Socialisti e democratici (S&D): «Una questione urgente, che riguarda prima di tutto i diritti dei bambini», ha spiegato la vicepresidente dell’Europarlamento Pina Picerno, mentre il capogruppo del Pd ha parlato di una «strategia politica» del governo Meloni che rischia di rendere l’Italia sempre più simile all’Ungheria di Orbán.

Di certo la stretta sui diritti imposta dal governo delle destre – dai migranti ai figli delle donne in carcere, alle famiglie arcobaleno – viene seguita con attenzione dall’Unione europea. «Le ragioni per vivere in Paese democratico sono la qualità della vita, sì. L’educazione, certo, Ma anche i diritti. Non possiamo accettare di andare indietro sul piano dei diritti», ha spiegato Giuseppe Sala, per il quale quella per la trascrizione dei figli delle coppie omosessuali «è una battaglia di importanza fondamentale».

Il sindaco di Milano, il primo a subire lo stop del Viminale, ieri era a Bruxelles proprio per sollecitare un intervento in tal senso della Ue. «Chiedo al parlamento europeo di costringere l’Italia a non rimandare la questione e a discuterla in parlamento». Ma anche a intervenire sulla maternità surrogata. «Il governo esagera nella semplificazione del problema credendo che interessi solo le coppie omosessuali ma non è così – ha proseguito Sala – Si tratta di una questione impossibile da disciplinare in Italia a meno che non venga disciplinata a livello europeo con un regolamento».

Sala guida la protesta di un gruppo di sindaci di grandi città (Roma, Napoli, Torino, Bologna, Bari e Firenze) che hanno deciso di non sottostare al divieto del Viminale e di riprendere la trascrizione «dei certificati di nascita costituiti all’estero con due mamme non riconducibili a una gestazione per altri, chiaramente esclusi dalla legge». Sottolineatura che però, escludendo le famiglie composte da due papà, priva dei diritti anche i bambini che di quei nuclei familiari fanno parte.

I sindaci hanno promosso una manifestazione per il 12 maggio a Torino, e nel frattempo hanno chiesto un incontro ala premier Giorgia Meloni, che per ora tace. A parlare è invece la ministra per la Famiglia Eugenia Roccella, e lo fa per attaccare i primi cittadini e chiudere la porta a ogni possibilità di dialogo: «I sindaci sanno quello che possono e non possono fare», dice. «Non stanno protestando contro la circolare ma contro la sentenza della cassazione. Quindi dovrebbero avere casomai in dialogo con il presidente delle sezioni unite». E sulla scelta di proseguire con le trascrizioni: «E’ qualcosa che decidono loro sapendo che c’è una sentenza che non applicano. Non c’è qualcosa da contrattare».

«Mi sembra che la ministra Roccella continui a fare confusione tra sentenze che trattano fattispecie differenti», è la replica del sindaco di Roma Roberto Gualtieri. «L’ultima sentenza della Corte di Cassazione del dicembre 2022, a cui fa riferimento, tratta infatti sempre un caso di maternità surrogata. Quella sentenza indica l’adozione in casi particolari come strada da seguire per il riconoscimento della doppia genitorialità nei casi di Gpa. Noi invece stiamo parlando di altro, di bambini con due mamme, di cui una delle due ha portato avanti la gravidanza».

LEO LANCARI

da il manifesto.it

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