Il 4 marzo, con buone probabilità, non cambierà nulla.
Tutto rimarrà esattamente come ora. Il presidente Mattarella benedirà, sulla scia del suo deleterio predecessore Napolitano, un governo di larghe intese tra Berlusconi, il Pd di Renzi, gli immancabili centristi, e magari qualche esponente di LeU attratto dal “forte” senso di responsabilità verso il Paese, come dichiarato qualche settimana fa da Massimo D’Alema.
Il Movimento 5 Stelle sarà il primo partito, ma i suoi esponenti continueranno a lanciare strali, anche giusti, dai banchi parlamentari sui temi dell’onestà e della trasparenza, ma non si esprimeranno unanimemente sulle tematiche del lavoro e magari i dirigenti perderanno di vista alcuni bonifici sotto la voce “rimborsi”.
La sinistra, “l’unica da cui ripartire per fare qualcosa di nuovo” (cit. Anna Falcone), sarà incarnata da Grasso, Bersani e D’Alema nella grande impresa di rappresentare e difendere gli interessi dei lavoratori…e del ceto politico responsabile dell’affossamento della storia del movimento operaio in Italia.
Infine Lega e Fratelli d’Italia, che continueranno a difendere i peggiori fascisti pur di racimolare votucci utili per un altro tentativo di scalata verso Palazzo Chigi.
La gente continuerà ad impoverirsi, lo sfruttamento aumenterà, e sarà di nuovo il trionfo del neoliberismo e delle politiche di austerity. Tutto rimarrà immutato e niente cambierà…
O forse no.
Perché nel giro di poche settimane si è creato in Italia soggetto politico che vuole proporre una ricetta diversa rispetto a quelle tipicamente da campagna elettorale di queste settimane. Un soggetto nascente che non considera le elezioni politiche come un fine, bensì come uno strumento per portare laddove si prendono le decisioni la voce del popolo, che in questi anni ha sofferto i peggiori tradimenti da parte di coloro che lo dovevano difendere dallo sfruttamento e dagli attacchi delle speculazioni dei mercati, e invece hanno sottoposto il Paese a politiche neoliberiste che hanno depauperato le persone, demolito i diritto sociali e consegnato la maggior parte della ricchezza nella mani di pochi ricchi e di molti istituti bancari e finanziari. In una situazione del genere, è doveroso lottare, opporsi e restituire ai cittadini la dignità di una vita che non può essere distrutta per gli interessi senza scrupoli di pochi. E’ doveroso altresì che il potere di decidere sia esercitato finalmente dal popolo, perché faccia gli interessi della comunità, cioè di tutti.
Potere al Popolo! non usa il politichese, ma dice chiaramente quello che bisogna fare per rimettere in moto questo paese. È sotto gli occhi di tutti che ci sia estremo bisogno di una redistribuzione della ricchezza. Così come un’altra delle priorità sia la cancellazione del Job’s Act e della legge Fornero. Riforme che vanno abolite senza se e senza ma, e ogni esperimento di “rimetterle in ordine” non è altro che uno sciocco tentativo di toccare il meno possibile due dei pilastri neoliberisti degli ultimi anni!
Applicazione della Costituzione nata dalla Resistenza, lotta all’evasione, rottura dei trattati europei ingiusti, cancellazione delle spese militari, un grosso piano di intervento pubblico per rilanciare le università, la ricerca, la cultura e soprattutto la sanità; l’abolizione della “Buona scuola” che non vuole creare degli individui pensanti ma solamente degli automi abituati già dagli anni della gioventù a dire sì allo sfruttamento, la tutela dell’ambiente che ci circonda, il rigettare trattati di partenariato internazionali come il TTIP e il CETA, ecc…
Sono solo alcuni dei punti esposti nel programma da sottoporre alla popolazione il prossimo 4 marzo. Non dobbiamo nasconderci che sia un programma dai risvolti profondamente sociali e molto coraggioso, nato da più di 150 assemblee svoltesi in tutta Italia e con un’adesione che non si vedeva da tempo negli ambienti della sinistra. La partecipazione vista nelle varie assemblee dimostra una cosa: pur con tutte le difficoltà del caso, è possibile creare una soggettività politica nuova, che nasca dal basso e che utilizzi il meglio delle esperienze viste in passato. Movimenti sociali, associazioni e partiti politici (come Rifondazione Comunista, alla quale sono orgogliosamente iscritto), sullo stesso piano e con pari dignità, possono lavorare insieme unendo le loro energie in un percorso che, se non abbandonato, può portare lontano sul lungo periodo.
Non è la sinistra che vuole ricostruire il centro-sinistra, come non è nemmeno la difesa di un ceto politico che ha fatto il suo tempo e vuole provare a prolungare il congresso del PD al di fuori delle mura interne.
L’oscuramento mediatico di questa campagna elettorale nei confronti di Potere al Popolo! è stata ed è tutt’ora indegna. Eppure noi tutti e tutte abbiamo provato a sopperire a questa esclusione dal Mainstream non solo con un uso importante della comunicazione sui social, ma anche provando a muoverci tra la gente, con volantinaggi, assemblee, presidii, iniziative, incontri sui luoghi di lavoro, provando a far conoscere e a convincere più persone possibili. Perché il 3% non è facile da raggiungere, ma solamente con il lavoro quotidiano riusciremo a sfondare quel tetto che sa tanto di discriminazione politica. Le persone incontrate per strada durante i volantinaggi che rimangono inizialmente stupiti delle nostre proposte e poi dicono “mi avete convinto” o “non sapevo proprio chi votare, ora so che lo farò per voi” sono la testimonianza che c’è ancora uno spazio per la Sinistra in Italia. Perché in vista del 4 marzo e dei mesi/anni a venire c’è bisogno di una speranza, se non vogliamo che dopo il voto tutto rimanga com’è.
Per una crisi radicale servono risposte radicali, e il voto per Potere al Popolo! va proprio in questa direzione.
27 febbraio 2018
foto di Marco Sferini