«Il Chiapas è molto cambiato in questi ultimi 25 anni» – dice Isaian Mandujano, corrispondente dallo stato del sud-est messicano per la rivista Proceso – «in questa zona sono arrivati molti soldi dal governo federale, ma si sono fermati nelle mani della cupola di chi ha governato localmente, poco è stato usato per la popolazione».
Ciò che è cambiato con forza «è la realtà delle comunità zapatiste che hanno creato le cinque regioni di autogoverno sviluppando progetti di salute, educazione e tutto ciò che gli permette di vivere senza la sussistenza da fondi governativi o esterni potendo così proseguire il proprio percorso rivoluzionario».
Il 1 gennaio si sono festeggiati i primi 25 anni di rivoluzione zapatista, e come in altre occassioni lo sguardo dell’Ezln è in avanti: inevitabile che il centro del discorso ufficiale sia lo scontro con il governo di Obrador, chiamato più volte «furbastro» e «imbroglione». Scontro acceso dal faraonico progetto del Tren Maya.
L’idea di costruire 1.500 chilometri di ferrovia per connettere zone turistiche, è nella testa di Obrador almeno dal 2012. Il progetto rischia di essere invasivo per i cinque stati che attraverserà (Quintana Roo, Campeche, Chiapas, Tabasco e Yucatan) aggredendo di fatto comunità e natura che sono sul tracciato. Ecco perché in molte e molti si stanno organizzando per opporsi alla costruzione dell’opera. Centinaia di docenti universitari hanno criticato il progetto con una lettera aperta. Zapatisti e zapatiste non sono da meno visto che il progetto per essere realizzato avrà bisogno dell’investimento di capitali privati e pare il più classico esempio di grande opera dove i soldi pubblici sono al servizio degli interessi del capitale.
Secondo Mandujano «il governo federale non sta cercando l’Ezln per dialogare ma non sta nemmeno cercando di provocarlo» anche se l’insistenza di Amlo nel voler realizzare in tempi brevi il progetto, che attorno a Palenque coinvolge aree augovernate dagli zapatisti, potrebbe sembrarlo.
«L’Ezln sta subendo attacchi da gruppi che un tempo furono alleati o simpatizzanti ma che ora con l’arrivo di un governo non priista e suppostamente di sinistra hanno preferito voltargli le spalle e appoggiare il governo Amlo». Questo spiegherebbe le parole del Subcomandante Moises il 1 gennaio alla Realidad: «Ve lo dico chiaro, compagne e compagni basi di appoggio, compagni e compagne miliziani e miliziane, ci siamo accorti che è così, siamo soli come venticinque anni fa».
Nel discorso ufficiale dell’Ezln di inizio anno Moises ha continuato ad attaccare Obrador, e di fatto ogni governo di centro sinistra: «È davvero molto semplice, non si può appoggiare chi è sfruttato e chi è sfruttatore, si deve scegliere uno dei due, o stai con lo sfruttatore o stai con lo sfruttato, ma con entrambi non si può. Noi la vediamo così e così lo intendiamo e così facciamo».
L’Ezln resta un riferimento per lotte e resistenze, messicane e non, e per il giornalista Mandujano «alla fine avranno ragione le zapatiste e gli zapatisti cioè che questo governo, in fin dei conti, sarà simile ai precedenti». Venticinque anni dopo l’inizio dell’insurezzione zapatista, e dopo cinque presidenti della repubblica, il progetto rivoluzionario e anti-capitalista dell’Ezln è chiamato a nuove sfide.
ANDREA CEGNA
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