Si parte da via Mariti, dove alla base di un semaforo ci sono sempre mazzi di fiori freschi per ricordare i cinque operai morti a metà febbraio nel crollo del cantiere Esselunga. E per la prima volta in almeno sette, otto occasioni, il Collettivo di Fabbrica lascia la testa del corteo al grande striscione dell’associazione Il mondo che vorrei con le fotografie delle 32 vittime della strage ferroviaria di Viareggio.

Sulla quale solo una più che discutibile sentenza della Cassazione ha cancellato l’aggravante dell’insicurezza sul lavoro. Palese agli occhi della magistratura requirente e soprattutto dei due macchinisti del treno merci deragliato, che si salvarono per miracolo.

Anche questa chiamata a raccolta degli indomiti operai Qf ex Gkn trova la sua miglior risposta nel lunghissimo “serpentone” che percorre strade e piazze dei quartieri di Rifredi e di Novoli. E se alla partenza si contano circa tremila persone, alla fine sotto le torri della Regione Toscana sono quasi 10mila i solidali con una vertenza simbolo, se ce n’è una.

La piattaforma della manifestazione, oltre a denunciare l’incredibile condizione in cui versano i circa 150 operai rimasti in forze a Qf, dipendenti a tutti gli effetti ma senza stipendio da cinque mesi, è la proposta di legge regionale per la nascita di consorzi industriali, una soluzione possibile per lo stabilimento di Campi Bisenzio. “Ma il Consiglio regionale – osserva il delegato sindacale Dario Salvetti – non ci ha ancora detto la cosa più semplice: se la discutono e quando la discutono questa legge, e se non la discutono perché non la discutono”. Già, perché?

Alla partenza di un corteo affollato in maggioranza da ragazze e ragazzi under 30, quindi splendido, rumoroso e coloratissimo, la Cgil raccoglie le adesioni sui referendum per un lavoro dignitoso con diritti e tutele, sicuro e non precario. C’è la fila a firmare, sotto gli occhi del segretario toscano Rossano Rossi e della Camera del Lavoro fiorentina Bernardo Marasco.

Poco distante interviene un driver migrante in appalto ad Esselunga, del Sudd Cobas, che racconta come la precarietà e l’insicurezza siano l’indecente quotidianità per tantissimi che, come lui, fanno parte della “catena degli appalti”. E’ seguito da una giovanissima attivista queer, scandalizzata – come tutte e tutti qui – per gli attacchi del cameratesco governo Meloni al centro di Careggi che lavora, con grande cautela, sulla disforia di genere.

Camminando il corteo diventa una festa, allietata dalla magnifica Banda del Quartiere di Reggio Emilia e dai tamburi del Collettivo di Fabbrica, che fa battere il suo tempo anche alla ricandidata consigliera comunale Antonella Bundu. Molti si affacciano alle finestre per ammirare l’ennesima prova di forza popolare al fianco di chi chiede di poter reindustrializzare la fabbrica, delocalizzata, di Campi Bisenzio, e lavorare con produzioni ambientalmente e socialmente compatibili.

“Governi assenti, operai presenti”, c’è scritto sulla maglietta di un manifestante. E fra i tantissimi striscioni delle realtà sociali, sindacali e politiche presenti, anche quello della Rsu dell’Università di Firenze, al fianco degli studenti accampati da giorni davanti al Rettorato nel silenzio, colpevole, dei vertici dell’ateneo.

Ancora, il robusto spezzone pisano delle realtà contro guerre e basi militari, che sfila insieme a quello del comitato “No comando Nato né a Firenze né altrove”; gli alluvionati di Campi Bisenzio con il loro “A mollo ma non mollo”; il Comitato 25 Aprile di Prato, le Apuane Libere e Forimercato.

Un’enorme bandiera palestinese è nel cuore di una manifestazione a cui partecipano quattro candidati sindaci. Di cui due – Sara Funaro del centrosinistra e Dmitrij Palagi della sinistra di alternativa Spc– non sono mai mancati alle iniziative di piazza degli operai ex Gkn. E alla fine parte una nuova “acampada”, stavolta sotto le torri della Regione Toscana.

RICCARDO CHIARI

da il manifesto.it

foto: screenshot