In vista della campagna elettorale per le elezioni europee del prossimo 26 maggio si acuiscono i termini di un difficile confronto politico sia sul piano interno, sia su quello europeo.
Sul piano europeo sta assumendo grande rilievo l’aggressività di una pericolosa destra nazionalista che troverà il proprio punto di equilibrio nell’intreccio tra i partiti di governo dei paesi del gruppo di Visegrad, l’estrema destra francese, la Lega italiana, la destra greca e la rampante “Vox” spagnola: una destra che punterà a demonizzare l’attuale assetto europeo mirando alla formazione di una nuova maggioranza nel Parlamento di Strasburgo.
Sul piano interno, come sempre è accaduto nelle analoghe occasioni, la scadenza elettorale europea assumerà anche l’aspetto del determinare la riclassificazione dei rapporti di forza fra i partiti quasi come si trattasse di un turno elettorale di “mid term”.
E’ sicuro che questo secondo aspetto del passaggio elettorale appare essere quello di maggiore interesse fra gli attori della dinamica politica italiana.
A questo proposito all’interno delle macerie nelle quali si trovano sepolti i residui dell’esperienza di governo targata PD è sorta la proposta di un fronte unico europeista allo scopo di fronteggiare quello che appare lo strapotere della Lega (almeno così sembra leggendo i sondaggi) e dei M5S che, proprio per cercare di recuperare qualche punto perduto stanno accentuando, giorno per giorno, una vera e propria “virulenza” anti – europea riprendendo anche, come è stato nell’ultimo intervento del presidente del Consiglio, quella polemica verso l’euro che pareva da qualche tempo almeno parzialmente accantonata.
Appare evidente la debolezza della proposta di “fronte” che arriva dall’interno del PD: prima di tutto a questo proposito emerge una difficoltà nel reperire adeguati interlocutori e in secondo luogo, come sempre accade una proposta del genere finisce con il provocare come reazione naturale l’accorpamento del fronte opposto (nel nostro caso l’allinearsi del movimento 5 stelle al fronte della destra nazionalista).
In questo quadro emerge una difficoltà per chi intende sollevare il tema della necessità di ridefinizione dei trattati portando in primo luogo dentro la campagna elettorale le posizioni di classe rappresentative dei soggetti sociali sottoposti, in questi anni, a un’evidente pressione derivante dai processi di globalizzazione e di progressivo allargamento delle disuguaglianze.
Si profila così il rischio di rimanere stretti nella tenaglia dei due schieramenti, essendo di fatti portatori di una posizione marginale, alla fine considerata subalterna.
Si pone quindi in campagna elettorale il tema della riconoscibilità del soggetto.
Questo fatto significa, sul piano politico più generale, sollevare la questione dell’autonomia della propria proposta politica in funzione di una necessaria identificazione d’identità.
In questo senso il punto della discussione da svilupparsi nella sinistra antagonista sul tema della presenza elettorale va meglio precisato nel senso di individuare una capacità di lanciare una proposta che presenti la realtà di una visione unitaria e alternativa a entrambi gli schieramenti che stanno delineandosi evitando inoltre, i pericoli derivanti dall’ambiguità di una presunta sinistra collocata in una dimensione di allineamento nazionalista magari addirittura a tinte rosso brune.
Si tratta, infatti, di comprendere se prendendo abbrivio da questa contingente evenienza, come possa essere possibile pensare a un processo di riaggregazione stabile dell’area dell’opposizione e dell’alternativa.
Una riaggregazione a sinistra che è necessario avvenga all’interno di un concreto progetto politico sulla base del quale rappresentare –almeno in Italia – l’opposizione al regime della sopraffazione capitalistica.
Un regime i cui confini – almeno sul piano politico – oltrepassano di gran lunga quelli classicamente assegnati alla destra.
E’ evidente come non sia sufficiente l’immediatezza nella rappresentazione dei bisogni emergenti nella modernità: è certo che rappresentazione e rappresentanza a questo livello debbano intrecciarsi esigendo una complessità di pensiero molto difficile da realizzare nella pratica politica proponendo una visione complessiva per il futuro.
La questione della riconoscibilità della composizione di classe impone oggi la comprensione dei meccanismi di allargamento nei termini di sopraffazione e di sfruttamento imposti dalla gestione del ciclo capitalistico.
Ci collochiamo ben oltre le contraddizioni storicamente affrontate dal movimento operaio: e non semplicemente in termini di riconoscibilità di un’alienazione complessiva.
Si tratta di temi già sollevati in diverse occasioni, ma non ancora affrontati appieno: ambiente, questione di genere, utilizzo dei nuovi strumenti cognitivi, sfruttamento del lavoro, rapporto centro/periferia (comprendente anche, ad esempio, il tema della sovranità nazionale e quindi – nel nostro specifico – la questione europea), pace/guerra. Emerge una complessità delle contraddizioni da portare all’interno di una proposta di progetto di trasformazione complessiva (l’antico “abolire lo stato di cose presenti”) ponendosi anche la domanda di quale tipo democrazia dell’uguaglianza.
Una domanda, quella sulla democrazia, necessaria da porsi per affrontare proprio la questione che si cerca qui di porre come decisiva riguardante la risposta politica da fornire all’evidente allargamento della platea sociale sottoposta all’intensività dello sfruttamento globale.
Cerchiamo dunque di ritrovare così la via della risposta collettiva in modo da opporci concretamente al meccanismo ormai egemone di una società fondata su individualismo, spettacolarizzazione, disintermediazione (fenomeni ormai pervasivi anche nel rapporto tra personale e politico).
Mettersi al lavoro su di un’onda di riflessione della dimensione appena indicata potrebbe rappresentare quel momento di salto di qualità nella proposta politica, tale da far superare l’idea (probabilmente perdente) di un movimentismo illusoria panacea perché raccolto nell’idea di un’autosufficienza dell’immediatezza nella rappresentazione dei bisogni.
La rappresentazione dei bisogni oggi come oggi ci è assolutamente richiesta dall’avanzare dei processi drammatici di vero e proprio “schiacciamento sociale” in atto ma non può rappresentare il cerchio ristretto del nostro orizzonte.
Oggi, più che mai, serve la politica: una politica esercitata a pieno titolo e a tutti i livelli cercando di comprendere appieno come l’occasione elettorale rappresenti sicuramente un punto di passaggio da non trascurare.
FRANCO ASTENGO
24 gennaio 2019
foto tratta da Pixabay