Esattamente nel giorno in cui a Bruxelles il Consiglio europeo apre al price-cap imprescindibile per non fare esplodere le bollette del gas, a Berlino scatta il secondo livello del piano d’emergenza predisposto dal governo Scholz: ultimo stadio prima dell’extrema ratio che prevede il razionamento e la distribuzione controllata da parte dello Stato.

Si passa così dalla semplice «allerta» al vero e proprio «allarme» provocato dal progressivo, inarrestabile, sempre meno sostenibile, maxi-taglio delle forniture di Gazprom attraverso il Nordstream-1.

«Il gas in Germania oggi è diventato una merce rara» è costretto ad ammettere il ministro dell’Economia, Robert Habeck, più che preoccupato per la crisi energetica che ha investito come un treno la Locomotiva d’Europa, molto più rapidamente e pesantemente rispetto perfino alle peggiori previsioni.

Di fatto, nella prima economia del continente è iniziata ufficialmente la corsa contro il tempo, «perché l’estate è ingannevole e presto arriverà l’inverno; e noi dobbiamo riempire i depositi prima che sia troppo tardi» è il ragionamento obbligato del vice-cancelliere dei Verdi.

Perfettamente in linea con il nuovo regolamento sulle riserve energetiche approvato ieri dall’Europarlamento con 490 voti favorevoli, 47 contrari e 55 astenuti. Imperativo categorico per tutti Stati membri, già concordato dai ministri Ue: raggiungere almeno l’80% della capacità di stoccaggio entro il 1 novembre per poi innalzare il livello al 90% nei prossimi anni, in parallelo all’efficientamento delle reti e alla diversificazione delle fonti.

«Ci aspettano mesi difficili sotto il profilo della sicurezza energetica» riassume da Bruxelles la presidente del Parlamento europeo, Roberta Metsola, soddisfatta perché il Consiglio ha messo nero su bianco (almeno) la volontà di «esplorare» il price-cap quanto allarmata di fronte all’inquietante «aumento del costo della vita per i cittadini provocato dalla guerra in Ucraina». Da giorni è la prima degli sherpa che mediano sul price-cap tra la posizione della proponente Italia (cui ieri si è aggiunto il placet del premier greco Kyriakos Misotakis), la titubante Germania, la contrarissima Olanda e le variazioni sul tema di Spagna e Portogallo orientate ad applicare il tetto solo al prezzo “retail” riportato nelle bollette con compensazione dei costi-extra ai produttori di energia.

Mentre il pulsante dell’allarme premuto ieri dal ministro Habeck permetterà al governo Scholz soprattutto di varare la legge che autorizza le imprese fornitrici a scaricare i costi aggiuntivi direttamente sui consumatori finali.

Norma per adesso soltanto teorica, anche se «sarebbe necessaria fin da subito», almeno a sentire i vertici di Uniper (primo importatore di gas nella Repubblica federale) che anche ieri hanno pressato il ministro dei Grünen per girare «prima possibile» gli oneri extra che hanno già mandato il business plan aziendale a carte quarantotto.

L’esatto contrario delle aziende municipalizzate: ieri hanno ringraziato il governo Scholz per non aver attivato la devastante clausola dell’adeguamento dei prezzi. «La mossa avrebbe avuto effetti drammatici sugli utenti» taglia corto Ingbert Liebing, direttore generale dell’Associazione delle imprese comunali. Appeso, come tutti agli scenari apocalittici che nessuno può davvero escludere a priori. A partire proprio da Habeck: «Il contingentamento? Spero che non ci arriveremo mai, ma non lo posso certamente garantire» confessa il responsabile della transizione energetica tedesca, sempre meno coincidente con le promesse elettorali del suo partito.

Da qui l’ennesimo «accorato appello» ai tedeschi, ripetuto ormai come un mantra: «Serve uno sforzo nazionale per evitare che si realizzi la volontà di Putin. La Russia usa il gas come arma, per questo è necessario mettere in campo tutte le misure politiche per evitare di restare senza gas».

Tradotto, vuol dire riaccendere le inquinantissime centrali a carbone (come ha appena fatto l’Austria) ma non il nucleare: «Prorogare la vita degli impianti atomici oltre dicembre 2022 è fuori discussione. Per motivi di sicurezza ma anche perché il taglio del gas pone un problema di calore mentre le centrali nucleari producono solo elettricità» ha ribadito Gabriel Haufe, portavoce del ministero dell’Economia

SEBASTIANO CANETTA

da il manifesto.it

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