Come disfarsi del personale considerato in esubero – quasi sempre donne e 50enni – ai tempi del Jobs act che ha tagliato gli ammortizzatori? Negli ultimi tempi fra le multinazionali e le grandi aziende va di moda la pressione psicologica. Colloqui individuali tenuti dai responsabili del personale che si trasformano in veri interrogatori allo scopo di convincere i lavoratori di essere di troppo e ad accettare incentivi alle dimissioni.
A fine marzo sono arrivate due denunce sindacali quasi simultanee: all’agenzia interinale Manpower e all’Italtel. Il caso della storica azienda italiana delle comunicazioni proprio oggi si terrà uno sciopero di tre ore a inizio turno contro il comportamento tenuto dall’azienda, denunciano Fim, Fiom e Uilm «per protestare contro il cambiamento di clima che si sta determinando anche a seguito del fatto che Exprivia, società Ict di Molfetta, detiene ora la maggior parte delle azioni di Italtel».
Proprio un dirigente nominato ad hoc recentemente ha affiancato lo storico responsabile del personale nei colloqui individuali «ad un certo numero di addetti per convincerli ad accettare l’incentivo all’esodo», colloqui nei quali sono state «commesse violazioni dello Statuto dei Lavoratori attraverso domande improprie e totalmente indiscrete sulla vita privata dei lavoratori».
«Domande incredibili sulla situazione familiare delle persone chiedendo di figli, mutui, familiari malati o disoccupati fatte apposta per costruire una proposta di esodo incentivato su misura: più sei in difficoltà e più ti offrono», denuncia Roberta Turi, segretario della Fiom Lombardia. La nuova proprietà della Italtel, passata dai 10mila dipendenti dei bei tempi agli attuali 1.200 divisi fra Castelletto (Milano), Roma e Carini (Palermo), «punta ad ottenere adesioni entro giugno quando scade l’accordo sui 50 esodi incentivati, non avendo più il paracadute degli ammortizzatori sociali utilizzati da decenni per ridurre il personale. Il problema è che, come in tutti gli accordi di questo tipo, si prevede la volontarietà e per ottenerla i manager usano tutti i mezzi, anche non leciti».
Anche perché i primi a proporsi per la «volontarietà» nello scegliere l’«esodo incentivato» sono i lavoratori più capaci che hanno mercato e che hanno già offerte, magari da concorrenti dell’azienda: in pratica questa pratica diminuisce – invece di aumentare – la produttività complessiva, ricercata dalla proprietà.
In caso di mancato «convincimento» il copione è ormai assodato: si crea «un moderno reparto confino» in cui raccogliere tutti i reietti, relegandoli a mansioni inutili per farli sentire ancor di più esuberi. All’Italtel si sono inventati il «Service center» in cui vorrebbero mettere 54 lavoratori di Milano, 34 Palermo e 5 di Roma, tutti considerati eccedenze», denuncia Turi. «A detta dell’azienda – spiega la nota unitaria dei sindacati Fim, Fiom, Uilm – servirebbe per fare formazione ed essere ricollocati. Peccato che mai in passato si è creata una divisione che avesse scopi come questi. È chiaro che si vuole creare una struttura per separare i lavoratori, con l’evidente rischio che l’isolamento produca eventuali vessazioni, come già accaduto nei colloqui. Tra l’altro – continua la nota – molte delle risorse che entrerebbero nella nuova divisione sono state appena formate per essere riqualificate, hanno ottenuto certificazioni importanti ma non sono mai state ricollocate».
Alla Manpower invece i colloqui «erano finalizzati all’uscita dei lavoratori che rispettavano i budget richiesti dall’azienda». Venerdì però è arrivata la retromarcia dell’azienda: «Siamo riusciti a bloccare i colloqui e a far capire all’azienda che quel personale va riqualificato, non licenziato», spiega Sandro Pagaria, responsabile Filcams Cgil. «Ci siamo trovati davanti ad una multinazionale che guarda più ai numeri che alle persone: se la produttività non è rispettata in questa logica i lavoratori devono essere mandati a casa», denuncia.
MASSIMO FRANCHI
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