Chi è stato il più grande regista della storia? La domanda è affascinante, ma di difficile risposta. Tuttavia si potrebbe provare a fare una rosa di nomi al cui interno si trova il più grande che, tra critica e pubblico, può variare tra epoche diverse, latitudine e longitudine, gusti personali. In questa rosa, piuttosto ristretta e in ordine sparso, finirebbero: Buster Keaton, Charlie Chaplin, Stanley Kubrick, Sergej Michajlovič Ėjzenštejn, Dawid Wark Griffith, Fritz Lang, Orson Welles, Sergio Leone, Vittorio De Sica, Luchino Visconti, Federico Fellini, Jean Vigo, Akira Kurosawa, Roberto Rossellini, Michelangelo Antonioni, François Truffaut, John Ford, Martin Scorsese, Steven Spielberg, Aleksandr Petrovič Dovženko, Ingmar Bergman, Billy Wilder, Eric von Stroheim, Woody Allen, Carl Theodor Dreyer, Howard Hawks, Alfred Hitchcock, John Houston, Ernst Lubitsch, George Cukor, Kenji Mizoguchi, Jean Renoir, Yasujirō Ozu, Josef von Sternberg, Vsevolod Illarionovich Pudovkin. Ma se la domanda fosse, invece, “chi è stato il peggior regista di sempre?” la risposta sarebbe unanime: Ed Wood.
Il padre Edward Davis Wood senior (1865 – 1967) era un custode del servizio postale americano, per questo costretto a cambiare più volte città. All’inizio degli anni venti si trasferì a Poughkeepsie nello stato di New York. Conobbe Lillian C. Phillips (1901 – 1989), i due si sposarono e il 10 ottobre del 1924 nacque Edward Davis Wood junior. La madre, che secondo alcune testimonianze avrebbe voluto una figlia, vestiva Edward junior da bambina. Il piccolo, affascinato dalla sensazione di angora (una lana pregiata di coniglio) sulla pelle, si continuò a vestire da donna per tutta la vita.
Ed fin da bambino si interessò al mondo dello spettacolo e alla fantascienza, ai fumetti e al cinema. Saltava spesso scuola per raggiungere il cinema locale. Il suo primo film fu Dracula di Tod Browning con Bela Lugosi come protagonista. L’attore di origine ungherese divenne l’idolo dell’infanzia di Ed Wood al pari di Buck Jones (Vincennes, 12 dicembre 1891 – Boston, 30 novembre 1942), eroe in decine di film western tra gli anni 20 i primi anni 40.
Per il dodicesimo compleanno il futuro regista ricevette in regalo la sua prima telecamera, una “Cine Special” della Kodak e da appassionato di cinema iniziò a usarla con entusiasmo. Uno dei suoi primi filmati riprendeva il dirigibile tedesco LZ 129 Hindenburg, il più grande mezzo volante mai costruito, poco prima del suo schianto a Lakehurst nel New Jersey. Di quel filmato non c’è prova, ma la passione per la settima arte era davvero genuina. Ed Wood Jr lavorò come usciere nel cinema per poi passare alla musica, prima come batterista in una band, poi alla guida del quartetto canoro Eddie Wood’s Little Splinter (Le piccole schegge di Eddie Wood).
Nel 1942 Edward David Wood junior fu arruolato nel Corpo dei Marines, pochi mesi dopo l’attacco a Pearl Harbor, e inviato nel Pacifico contro la marina imperiale giapponese. Fu coinvolto nella Battaglia di Tarawa, raggiunse il grado di Caporale, perse due denti anteriori a causa del calcio di un fucile giapponese, fu colpito diverse volte alla gamba (come raccontato nel libro “The Unknown War di Edward D. Wood Jr: 1942-1946” di James Pontolillo). Temeva più le ferite della morte, perché sotto la divisa indossava, sempre e rigorosamente, biancheria intima femminile.
Rientrato negli USA dopo aver fatto diversi lavori, nel 1947 si trasferì a Hollywood, sognando di ripercorrere le imprese di Orson Welles. Iniziò col teatro. Nel 1948 scrisse, produsse, diresse e recitò in “Casual Company” una commedia tratta da un suo romanzo inedito incentrato sul servizio prestato nei Marines. L’opera fu stroncata da critica e pubblico. Ed Wood passò così al cinema. Lavorò per gli Universal Studios, fece la comparsa e la controfigura, divenne amico di Lou Costello, Tony Curtis e Danny Kaye. Scrisse “episodi pilota” per la televisione, spot pubblicitari e cortometraggi, spesso utilizzando come pseduonimo Ann Gora (in riferimento all’angora) e Akdov Telmig (gioco di parole del suo drink preferito, la vodka). Il film d’esordo fu il western Streets of Laredo (1948) che, come Quarto potere di Orson Welles, inizia con la morte del protagonista, interpretato dallo stesso Ed Wood. Film dalla trama complessa rimontato nel 2005 col titolo Crossroads of Laredo. Seguì il thriller melodrammatico The Sun Was Setting (1951).
Sempre nel 1951 Ed Wood si iscrisse allo Screen Actors Guild, il sindacato di attori e operatori nel mondo del cinema, fondato tra gli altri da Bela Lugosi. L’anno successivo, grazie all’amico e compagno di stanza lo sceneggiatore e produttore Alex Gordon (Londra, 8 settembre 1922 – Los Angeles, 24 giugno 2003), poi fondatore dell’American International Pictures, conobbe proprio l’attore di origine ungherese. Tra i protagonisti del cinema negli anni trenta, Lugosi era ormai dimenticato e schiavo della morfina, ma per Ed Ewood rimaneva una stella di prima grandezza. Il suo idolo.
Lo spunto per il successivo film di Wood lo diede un fatto di cronaca. Nel novembre del 1952 George William Jorgensen Jr (New York, 30 maggio 1926 – San Clemente, 3 maggio 1989), un uomo di origine danese, cambiò sesso. Fu tra i primi fa farlo, ma soprattutto fu il primo a renderlo noto. Da quell’autunno del 1952 divenne la signora Christine Jorgensen. Negli Stati Uniti si aprì un forte dibattito che il produttore di Z movies (al cui confronto i B movies sono capolavori…) George G. Weiss (New York, 9 aprile 1921) voleva sfruttare. Provò addirittura a coinvolgere, senza successo, la stessa Christine Jorgensen. Wood, che conosceva l’intenzione del produttore, si propose come regista e sceneggiatore del film sul cambiamento di sesso, sottolineando che il suo travestitismo sarebbe stato un valore aggiunto per la pellicola. Weiss accettò anche perché nel cast ci sarebbe stato un divo: Bela Lugosi. Nacque così il celeberrimo Glen or Glenda, il primo lungometraggio del regista.
Sentendo il film come autobiografico, la parte del protagonista Wood la tenne per se, sotto lo pseudonimo di Daniel Davis. Per il principale ruolo femminile, quello della fidanzata del protagonista, Wood fece, invece, dei provini. Alla fine scelse un’attrice bionda di nome Dolores Agnes Eble che dal 1941 portava con orgoglio il nome del marito, Donald Kenneth Fuller, e si faceva chiamare Dolores Fuller (South Bend, 10 marzo 1923 – Las Vegas, 9 maggio 2011). Aveva debuttato da bambina come comparsa nel pluripremiato It Happened One Night (Accadde una notte, 1934) di Frank Capra per poi avere una ruolo di maggior rilievo, in età adulta, nel film Outlaw Women (Donne fuorilegge, 1952) al fianco di Marie Windsor (poi “donna fatale” in Rapina a mano armata di Stanley Kubrick) e Jackie Coogan (indimenticabile “monello” al fianco di Charlie Chaplin). Ed Wood la scelse e se ne innamorò. La loro relazione fece scandalo: lei era sposata col signor Fuller, ma conviveva col regista.
Nel cast anche Timothy Farrell (Los Angeles, 26 giugno 1922 – Santa Monica, 9 maggio 1989), attore della scuderia di Weiss; Lyle Talbot (Pittsburgh, 8 febbraio 1902 – San Francisco, 2 marzo 1996) interprete televisivo di successo che aveva anche recitato anche per Michael Curtiz e William Dieterle; Conrad Brooks (Baltimora, 3 gennaio 1931 – Martinsburg, West Virginia, 6 dicembre 2017) che debuttò proprio con Glen or Glenda. E Bela Lugosi? Alla stella del film (pagata 1000 dollari dopo un ingaggio iniziale di 5000!) fu affidato un ruolo di difficile interpretazione a metà strada tra uno scienziato pazzo, una “divinità” e il “destino” che all’interno di un laboratorio non commenta gli eventi, ma farnetica di “draghi verdi”… giuro!
La fotografia venne affidata a William C. Thompson (Bound Brook, New Jersey, 30 marzo 1889 – Los Anglese, 22 ottobre 1963), attivo dagli anni dieci divenne collaboratore di Wood per tutte le sue pellicole. La lavorazione del film durò solo quattro giorni, gli interni vennero girati nei Jack Miles Studios di Los Angeles, ma il risultato fece andare su tutte le furie Weiss, Glen or Glenda non era un film sul cambio di sesso di un uomo, ma sul travestitismo del protagonista Glen il cui alter ego si chiama Glenda. Fu così aggiunta una seconda parte, slegata dalla prima, in cui un uomo (interpretato dallo sconosciuto Tommy Haynes) cambia sesso e inizia una nuova vita. Ma i problemi non erano finiti. Il film era troppo corto. Vennero quindi aggiunte immagini di repertorio a caso: bisonti, fulmini, una fonderia, traffico automobilistico, donne in pose sensuali. Nell’aprile del 1953 Glen or Glenda (talvolta rititolato in alcuni cinema I Changed My Sex, I Led Two Livers, He or She) uscì nelle sale.
Presentato quasi fosse un documentario, nel film, aperto da uno scienziato (Bela Lugosi) che fa commenti incomprensibili sull’umanità, il suicidio di un travestito porta l’ispettore Warren (Lyle Talbot) a chiedere maggiori informazioni sul travestitismo al Dr. Alton (Timothy Farrell). Lo psichiatra racconta così due storie. Nella prima un uomo di nome Glen (Ed Wood, con lo pseudonimo di Daniel Davis) ama travestirsi da donna all’insaputa della fidanzata Barbara (Dolores Fuller). Tuttavia dopo una notte di tormentati incubi (memorabile il diavolo che aiuta il prete e l’albero che cade in salotto intrappolando Barbara) l’uomo confessa alla donna il suo segreto che, con un simbolico passaggio del golfino di angora, accetta la situazione. Glen col matrimonio e con l’aiuto dello psicanalista, guarisce perché proietta in Barbara “sua madre, sua sorella e la sua Glenda”. Il secondo caso riguarda, invece, l’ex militare Alan (Tommy Haines) che cambia sesso e diventa la bella Anna.
Glen or Glenda, talvolta in Italia chiamato Due vite in una, fu tutt’altro che un successo. Regia maldestra, recitazione priva di senso, fuori luogo l’enfasi e i deliri di Lugosi, montaggio caotico e casuale, tecnica antiquata, simbolismi incomprensibili, scene aggiunte senza un filo logico e quell’invito ad essere tolleranti con i “diversi” perché anche volare in aereo o muoversi in auto è contronatura!!! Un messaggio confuso per un film che, per il tema trattato, poteva anche essere innovativo.
Dopo l’insuccesso Ed Wood non si scoraggiò. Aveva comunque realizzato il suo primo lungometraggio, aveva riportato sul grande schermo il suo idolo, aveva trovato l’amore. Tornò quindi a dirigere con rinnovato entusiasmo. Girò Trick Shooting with Kenne Duncan (1953) un corto promozionale per l’attore Kenne Duncan il cattivo dei western di serie Z; Crossroad Avenger (1953), episodio pilota di una serie TV dal titolo The Adventures of Tucson Kid con l’attore Tom Keene (magnifico in Nostro pane quotidiano, al fianco di Karen Morley) e il suo sequel Boots: The Crossroad Avenger Returns (1953). Ma la serie non si realizzò e Boots rimase incompiuto.
Wood iniziò quindi a scrivere per altri registi insieme all’amico Alex Gordon. Il primo lavoro, suggerito dall’ex coinquilino, fu The Outlaw Marshall prodotto tra mille difficoltà, il film vide la luce grazie all’interessamento del produttore Samuel Z. Arkoff (che anni dopo lanciò Dillinger di John Milius). Il film uscì nel 1954 col titolo The Lawless Rider per la regia di Yakima Canutt. Un film piuttosto lineare grazie, presumibilmente, al contributo di Gordon.
Gordon sottopose a Ed Wood anche un’altra idea, quella di realizzare un film tratto dalla sua sceneggiatura “The Hidden Face”, ispirata dal romanzo noir della Edward Small Production “Let’em Have It” pubblicato nel 1935. Il testo raccontava la storia di un gangster che per sfuggire alla giustizia cambia volto con una plastica facciale. Un tema già portato sul grande schermo da un altro Wood, Sam che nel 1935 realizzò Let’em Have It (e che lo stesso anno girò uno dei capolavori dei Fratelli Marx, Una notte all’opera).
Ed Wood accettò con entusiasmo la proposta di Gordon portando con se la sua folle compagnia: Dolores Fuller, Timothy Farrell, il direttore della fotografia William C. Thompson. Mancava Bela Lugosi, impegnato a teatro, ma il ruolo caro al regista del “vecchio saggio” venne interpretato da Herbert Rawlinson (New Brighton, 15 novembre 1885 – Los Angeles, 12 luglio 1953), attore britannico che con Lugosi aveva in comune il fatto di essere stato diretto da Tod Browning. Nel cast anche Steve Reeves (Glasgow, 21 gennaio 1926 – Escondido, 1 maggio 2000) culturista al primo ruolo di rilievo che diventò un simbolo del peplum italiano (i vari Ercole) e Theodora Thurman (Midville, 23 giugno 1923 – Palm Springs, 17 settembre 2012) che divenne un importante conduttrice radiofonica alla NBC. Al gruppo si unì anche il compositore Hoyt Curtin (Downey, 9 settembre 1922 – Thousand Oaks. 3 dicembre 2000), poi autore delle colonne sonore dei cartoni di Hanna & Barbera inclusi The Flintstones, Top Cat e The Jetsons, che per il film mise a disposizione una musica già utilizzata in una precedente pellicola, Yes Sir, Mr. Bones.
La pellicola, ribattezzata Jail Bait, fu prodotta dalla Howco, una società di produzione fondata da Joy Newton Houck Sr. e J. Francis White, proprietari di una catena di cinema nel sud degli Stati Uniti. Le riprese si svolsero in California e durarono alcune settimane. Herbert Rawlinson, malato di cancro ai polmoni, morì poco dopo l’ultimo ciak. Il film uscì nelle sale il 12 maggio del 1954.
Don Gregor (Clancy Malone), il figlio del chirurgo plastico Boris Gregor (Herbert Rawlinson), è incarcerato dalla polizia per possesso illegale di armi. L’ispettore Johns (Lyle Talbot) e il luogotenente Bob (Steve Reeves) sospettano che il giovane faccia parte della banda del gangster Vic Brady (Timothy Farrell), ma non hanno prove. La sorella Marilyn Gregor (Dolores Fuller) riesce così a farlo scarcerare. Il gangster, affiancato dall’amante Loretta (Theodora Thurman), lo coinvolge in una rapina al teatro cittadino che finisce nel sangue: Don uccide un sorvegliante notturno (Bud Osborne) e Brady ferisce la cassiera (Mona McKinnon). Il gangster, per paura che il giovane si rivolga alla polizia, lo uccide nascondendone il cadavere in un armadio. Finge, tuttavia, di tenerlo in ostaggio per ricattare il padre al fine di sottoporsi ad un intervento di chirurgia plastica per sfuggire alla legge. Ma il vecchio Gregor scopre il cadavere del figlio e decide di dare al gangster il volto di Don, accusato di omicidio. Brady svegliatosi dall’anestesia cerca di scappare, ma muore in una sparatoria con la polizia e cade in una piscina.
Una trama più lineare rispetto a Glen or Glenda, ma benché Wood fosse convinto di essere ormai un regista da “mainstream”, Jail Bait fu un altro insuccesso. Regia imbranata (incluso il goffo omaggio a Viale del tramonto nella scena finale), Farell di una monotonia imbarazzate, il povero Rawlinson non si reggeva in piedi, Reeves, benché la trama non lo richiedesse, mostrato spesso a petto nudo. Da segnalare, tuttavia, due battute immortali “Devo uscire da questo incubo anche se finirò sulla sedia elettrica” e “Non era male la mia faccia; mi ci ero abituato”.
Ed Wood col solito entusiasmo si buttò a capofitto in un nuovo progetto, una volta di più suggerito da Alex Gordon: The Atomic Monster. Si trattava di un horror fantascientifico la cui produzione era iniziata a fine 1953, quando doveva ancora uscire Jail Bait. La storia mischiava i classici del genere negli anni cinquanta: mostri, scienziati pazzi, ragazze indifesi, una storia d’amore e un po’ di Guerra fredda a fare da contorno. Il tutto “arricchito” dal personalissimo stile del regista e dalla sua compagnia di perdenti in cui tornò Bela Lugosi e si aggiunse il wrestler Tor Johnson (Stoccolma, 19 ottobre 1902 o 1903 – San Fernando, 12 maggio 1971). Soprannominato Swedish Angel fu campione della Midwest Wrestling Association (MWA) e venne contattato dal regista, impressionato dalla stazza, proprio al termine di un incontro dello sport spettacolo preferito dagli statunitensi. Una insolita protagonista del film, fu, infine, una piovra meccanica già usata nella pellicola Wake of the Red Witch (La strega rossa, 1948) con John Wayne, che Wood e la sua troupe rubarono dagli Republic Studios dimenticando, tuttavia, il motore!
Il film, come sempre per Wood, faceva fatica a trovare dei finanziatori. Cambiato nome in Bride of the Atom, trovò tuttavia un’insperata risorsa economica nelle tasche di Loretta King (Phoenix, 20 agosto 1917 – Century City, 10 settembre 2007) una giovane con velleità artistiche che in cambio del finanziamento pretese la parte da protagonista, inizialmente pensata per Dolores Fuller che, come prevedibile, andò su tutte le furie. Le riprese iniziarono il 26 ottobre 1954 presso i Ted Allan Studios, ma presto le risorse della King finirono e la produzione venne bloccata. Si sbloccarono solo dopo l’interessamento di un allevatore che rispondeva al nome di Donald McCoy che impose il figlio Tony come protagonista e un finale con un’esplosione nucleare. Insomma furono i finanziatori a “scegliere” gli attori e non il regista che ottenne comunque 70000 dollari, il più alto budget nell’intera carriera di Ed Wood. Dopo un accordo per la distribuzione col solito Samuel Z. Arkoff, il film uscì nelle sale l’11 maggio del 1955 per poi essere rititolato Bride of the Monster nelle successive proiezioni.
La “Willows House” (“Casa dei vecchi salici”) è un’oscura magione abitata dal professore matto Eric Vornoff (Bela Lugosi), dal mastodontico Lobo (Tor Johnson) e da una piovra gigante. Una notte, sorpresi da una tempesta, due cacciatori si imbattono in quel luogo sinistro. Il primo viene ucciso dalla piovra, il secondo è catturato da Lobo e diventa la cavia per gli esperimenti di Vornoff che, fuggito dall’Europa dell’Est, vuole usare l’energia atomica per creare una nuova razza di invincibili giganti. Sulle misteriose sparizioni indagano il Tenente Dick Craig (Tony McCoy), la sua fidanzata e cronista Janet Lawton (Loretta King), il Capitano Robbins (Harvey B. Dunn), l’agente Kelton (Paul Marco) e il professor Strowski (George Becwar). Quest’ultimo è in realtà un emissario del governo dell’Est Europa che chiede a Vornoff di far rientro “a casa”, ma il professore declina l’invito (“Sono stato cacciato, disprezzato, vivo come un animale! La giungla è la mia casa”) e lo uccide. Giunge alla “Willows House” anche Janet che viene presto catturata, vestita da sposa (da qui il titolo del film) e legata al letto per gli esperimenti del professore. Anche Graig giunge nel laboratorio, ma viene incatenato ad una parete. Janet ha, tuttavia, conquistato il cuore di Lobo che si ribella al suo padrone e la libera, mentre Vornoff, trasformatosi in gigante lotta contro l’ex servo. Giungono alla “Casa dei vecchi salici” anche gli agenti di polizia che salvano Janet e si mettono all’inseguimento di Vornoff che cade nel lago e inizia a lottare contro i tentacoli della piovra gigante, mentre un’esplosione nucleare cancella per sempre la “Willows House”.
L’imitazione, della presa in giro di una parodia di un film horror della Universal, che, forse per questo, ottenne un discreto successo al botteghino. Ma fu un altro film veramente brutto con vette imbarazzanti e commoventi al tempo stesso: dalla lotta tra Lugosi e gli immobili tentacoli di gomma, allo stesso Lugosi divenuto “gigante” solo indossando degli zatteroni alti dieci centimetri. Il tutto arricchito dai consueti filmati di repertorio. Molti degli attori non fecero più film (McCoy recitò nel film Naked Gun, da noi Il tesoro degli aztechi, e in un episodio di Rin Tin Tin), per Lugosi fu l’ultimo recitato per intero, mentre per Dolores Fuller, relegata al ruolo di comparsa (interpretò una segretaria che scambia una battuta con la protagonista), Bride of the Moster fu la goccia che fece traboccare il vaso. Lasciò Ed Wood. Si trasferì a New York e trovò qualche soddisfazione nel mondo della musica. Infatti, dopo qualche comparsata in TV e altri film di scarso successo, iniziò a scrivere canzoni per nientepopodimeno che Elvis Presley, tra queste “Rock-A-Hula Baby” inserita nel film Blue Hawaii (1961). Si sposò una seconda volta nel 1988 con tale Philip Chamberlin e il matrimonio durò fino alla morte della donna avvenuta nel 2011. Ed Wood, invece, conobbe negli ultimi mesi del 1955 l’attrice Norma McCarthy (Arkansasm, 18 dicembre 1920 – Santa Clarita, 27 giugno 2014). I due si innamorarono e si sposarono, ma benché la loro unione durò solo fino al 1956, il matrimonio non fu mai annullato.
Il regista, sempre a fine 1955, arricchì la sua troupe di meravigliosi perdenti con The Amazing Criswell (Il magnifico Criswell), nome d’arte di Jeron Criswell Konig (Princeton, 7 agosto 1907 – Burbank, 4 ottobre 1982) un improbabile sensitivo piuttosto popolare a Los Angeles e dintorni, grazie ad una trasmissione televisiva. Wood era convinto, una volta di più, di fare il salto di qualità, nonostante il vecchio Bela Lugosi fosse sempre più malato. Poco dopo la prima di Bride of the Monster, infatti, l’attore venne ricoverato in un centro di riabilitazione dalla droga. Benché il figlio Bela George Lugosi o Bela Lugosi jr (Los Angeles, 5 gennaio 1938), oggi affermato avvocato, accusò il regista di voler solo sfruttare la celebrità del padre approfittando delle sue debolezze e dipendenze, Wood fu davvero amico del primo Dracula della storia e lo aiutò anche in quei suoi ultimi giorni. Gli promise che dopo la riabilitazione avrebbe recitato in un nuovo film, ma nel frattempo le uniche immagini che si vedevano di Lugosi erano quelle della televisione che, dopo averne ignorato l’esistenza per anni, lo mostravano malato in clinica. In uno di questi servizi TV l’attore di origine ungherese annunciava il successivo film di Ed Wood intitolato The Ghoul Goes West poi rinominato The Phantom Ghoul. L’idea del regista era quella di unire il genere horror a quello western. Nella trama un gruppo di cowboy si scontra con un gruppo di vampiri in una città abbandonata del selvaggio West. Il ruolo del “capo vampiro” era ovviamente di Lugosi, mentre per quello del cowboy protagonista era stato ipotizzato Gene Autry, caratterista del genere che, benché dichiaratosi onorato di poter lavorare al fianco di “Dracula”, declinò l’invito. Wood cercò di sostituirlo con Ken Maynard o Bob Steele, specialisti del genere, ma il progetto naufragò.
Wood tornò quindi a scrivere soggetti e sceneggiature per altri: The violent years (1956) diretto da Franz Eichrorn, che narra di un ingenuo ragazzo violentato da una banda di ragazze (con tanto di allusione ad un’influenza comunisto-anarchica sulla banda di ragazze); The Unearthly (La casa dei mostri, 1957) di Boris Petroff un horror con John Carradine e l’amico Tor Johnson nuovamente della parte di Lobo. Grandi storie, grande cinema…
Il regista voleva comunque tornare a fare in prima persona il suo cinema e iniziò a mettersi al lavoro per trovare finanziatori per quella che egli sentiva come la sua opera più importante: The Vampire’s Night, poi The Vampire’s Tomb. Girò alcune scene con l’immancabile Lugosi, dentro e fuori la casa di Tor Johnson e nel vecchio cimitero di Sacramento, in California, che sarebbe stato di li a poco demolito. In una pausa della nuova improbabile lavorazione, i due amici entrarono in un bar chiamato Cameo Room. Presente ad un altro tavolo anche una giovane attrice Kathleen “Kathy” O’Hara (British Columbia, Canada, 27 maggio 1922 – Los Angeles, 26 giugno 2006) che, quando l’attore lasciò il locale, si fermò a lungo a parlare col regista e se ne innamorò. Alla ragazza non importava del travestitismo, del crescente problema di alcolismo e dell’improbabile compagnia. Lo amava. Andarono a Las Vegas e si sposarono. Tra alti e bassi, discussioni e lotte, la loro relazione durò per tutta la vita.
Quella di Lugosi, purtroppo, era giunta al termine. L’attore morì a Los Angeles il 16 agosto 1956 pronunciando queste parole “Io sono il conte Dracula, io sono il re dei vampiri, io sono immortale”. E in qualche modo, a suo modo, Wood decise di riportarlo in vita sul grande schermo. Abbandonato per cause di forza maggiore il progetto The Vampire’s Night, il regista decise di utilizzare le poche riprese fatte con Lugosi per un nuovo film e siccome alcune di queste erano girate in un cimitero, ecco il titolo del nuovo film: Grave Robbers from Outer Space (Ladri di tombe dall’iper spazio). Ma come sempre mancavano i finanziatori.
In quelle settimane della seconda metà del 1956, Ed e Kathy andarono a vivere insieme in un complesso di appartamenti di proprietà di J. Edward Reynolds, un pastore della chiesa battista di Beverly Hills. Il religioso aveva ambizioni cinematografiche e voleva realizzare una serie di film su Billy Sunday, il campione di baseball degli anni venti divenuto un predicatore evangelico. Ma aveva i soldi solo per una pellicola. Wood colse la palla al balzo e gli propose di finanziare un film “commerciale” che, coi suoi incassi, sarebbe andato a coprire le spese di tutta la serie The Billy Sunday Story. Reynolds accettò con alcune condizioni: la troupe e il cast dovevano essere battezzati, alcuni esponenti della Chiesa dovevano recitare nella pellicola e, poiché quel “ladri di tombe” era giudicato blasfemo, il film doveva cambiare titolo. Wood accettò, tutti vennero battezzati (si rifiutò la sola Kathy), e la pellicola divenne Plan 9 from Outer Space.
Le riprese si svolsero nel novembre del 1956. Nel cast qualche conferma e alcune novità. Confermati Lyle Talbot, Paul Marco, Tor Johnson cui si aggiunsero Gegory Walcott (Wendell, North Carolina, 13 gennaio 1928 – Los Angeles, 30 marzo 2015) attore di televisione e cinema, da segnalare: Joe Kidd (1972) al fianco di Clint Eastwood e Robert Duvall; …e poi lo chiamarono il Magnifico (1972) con Terence Hill e Prime cut (Arma da taglio, 1972) interpretato da Lee Marvin, Gene Hackman e Sissy Spacek.
Tra le novità anche Criswell che cercò di dare, nell’introduzione e nelle conclusione della pellicola, una parvenza di autenticità! L’idea era quella di riecheggiare la “War of the Worlds” di Orson Welles, ma il risultato fu tragicomico. Amici, conoscenti e segretari divennero, infine, alieni, piloti e persone in lutto. Da ricordare, tra gli amici, John Cabell “Bunny” Breckinridge (Parigi, 6 agosto 1903 – Monterey, California, 5 novembre 1996) proveniente da una ricca famiglia californiana (tra i parenti un ex procuratore generale USA e il fondatore della Wells Fargo Bank). Dopo essere stato sposato per due anni, Bunny scoprì la sua vera sessualità e si dichiarò apertamente gay, in anni in cui non era così semplice. Per questo fu incarcerato più volte con l’accusa di vagabondaggio e ricoverato in manicomio con l’accusa di pedofilia. Cercò per anni, invano, di cambiare sesso. Quella di Plan 9, fu la sua unica interpretazione cinematografica.
Ultima citazione per Vampira (Maila Nurmi, nata Maila Elizabeth Syrjäniemi, Petsamo, 11 dicembre 1922 – Los Angeles, 10 gennaio 2008), conduttrice televisiva rimasta senza lavoro e in crisi di denaro. La donna, a lungo professionalmente corteggiata dal regista, accettò solo a patto di avere un ruolo defilato, divenne la defunta moglie di Lugosi che, a proposito, venne sostituito Tom Mason il chiropratico della moglie Norma McCarthy. Non somigliava per nulla all’ungherese e recitò le scene con un parrucchino e il mantello sul volto… nonostante ciò Plan 9 from Outer Space, uscito il 22 luglio 1959, a quasi tre anni dalla sua realizzazione, venne presentato come “L’ultimo film di Bela Lugosi”.
Nel cimitero di San Fernando in California due becchini (J. Edward Reynolds e Hugh Thomas Jr.) stanno sotterrando la defunta moglie di un anziano uomo (Bela Lugosi/Tom Mason). È notte. I due, spaventati da degli strani rumori, cercano di scappare, ma vengono uccisi dalla donna ritornata in vita (Vampira). Nel frattempo due piloti in volo Jeff Trent (Gregory Walcott) e Danny (David De Mering) vengono accecati dalla luce di un disco volante. Sulla terra il vecchio uomo, affranto dal dolore, esce di casa e muore investito da un’auto. Viene seppellito nello stesso cimitero dove l’ispettore Daniel Clay (Tor Johnson) e gli agenti Kelton e Larry (Paul Marco e Carl Anthony), giungono per indagare sulla morte dei due becchini. Vicino al cimitero vive Trent che confida alla moglie Paula (Mona McKinnon) l’incontro col disco volante, episodio che inizia a collegare ai recenti omicidi. Vorrebbe raccontarlo a tutti, ma l’esercito gli ha imposto il segreto militare. Un nuovo sinistro rumore si diffonde e una luce abbaglia la terra. Nel cimitero atterra un disco volante proprio mentre l’ispettore Clay, rimasto da solo, viene ucciso dai coniugi vampiro e diventa anch’egli un non morto. Il caso passa così al tenente John Harper (Duke Moore). Nei giorni successivi i giornali iniziano a segnalare gli avvistamenti degli UFO. L’esercito, sotto il comando del colonnello Thomas Edwards (Tom Keene), bombarda le astronavi, nascondendo l’azione militare ai cittadini. Gli alieni arretrano. I comandanti extraterrestri Eros (Dudley Manlove) e Tanna (Joanna Lee) informano il leader supremo The Ruler (John Breckinridge) che ogni tentativo di dialogo con i terrestri è fallito e suggeriscono di attuare il “Plan 9”. Infatti con la folle corsa agli armamenti, i terrestri stanno minacciando l’intero universo; col “piano”, che prevede di far risorgere i morti, gli alieni sperano di poterli sconfiggere. Nel frattempo Trent, in procinto di partire per un’altra missione, è preoccupato di lasciare sola Paula. Il vecchio uomo entra nella casa della donna ormai sola, quest’ultima riesce a scappare inseguita anche dalla dalla moglie vampiro e dall’ispettore Clay in versione zombie, ma viene tratta in salvo da un automobilista. I tre zombie rientrano così nella nave aliena. Al Pentagono il Generale Roberts (Lyle Talbot) invia Edwards a San Fernando dove è avvenuta la maggior parte dell’attività aliena. Giunto a destinazione interrogherà, insieme alla polizia locale, i Trent. Il disco volante torna nel cimitero mentre il vecchio vampiro, inviato nella casa, viene sconfitto. Jeff Trent e la moglie Paula, il tenente John Harper, gli agenti Kelton e Larry, il colonnello Thomas Edwards si dirigono verso in cimitero. Paula rimane in auto scortata da Kelton che viene presto sopraffatto dall’ispettore Clay zombie, mentre gli altri salgono a bordo del disco volante. Eros e Tanna spiegano ai terrestri i motivi delle loro azioni sottolineando che lo sviluppo delle armi umane porterà inevitabilmente alla fine dell’universo e li avvertono che Paula è ormai nelle loro mani. Scoppia una rissa all’interno della “nave spaziale” tra Eros e Jeff, il disco viene danneggiato durante lo scontro. I terrestri fuggono mentre Tanna ed Eros, che aveva avuto la peggio, volano via sul disco ormai in fiamme che esplode poco dopo il decollo, mentre degli zombi sulla terra restano solo le ossa. Criswell (se stesso), che aveva anche aperto il film, lo chiude affermando: “E ora alcuni di noi ridono dello spazio. Dio ci aiuti … in futuro”.
Il capolavoro di Ed Wood, o per meglio dire la summa del suo cinema. Per Rob Craig, autore della biografia del regista, la pellicola era la “trasposizione dello spirito del Teatro dell’assurdo in un melodramma sci-fi a basso costo”. Tra le chicche di Plan 9 from the Outer Space, oltre alla goffa sostituzione di Bela Lugosi, da segnalare le astronavi che sono dei piatti di plastica dipinti di argento (in alcun sequenze si vede nitidamente il filo che le fa “volare”), il cimitero di carta pesta che perde pezzi al passaggio degli attori, il disco volante con le tendine, gli alieni caratterizzati solo dalla calzamaglia e da un ridicolo saluto a braccia incrociate, la recitazione imbarazzante degli attori, il montaggio come sempre improbabile che alterna notte e giorno con estrema disinvoltura, le incongruenze della trama e il caotico messaggio pacifista degli alieni. Per queste e per altre ragioni Plan 9 from Outer Space, il più noto lavoro di Ed Wood, viene considerato il peggior film della storia.
Tra il montaggio e la distribuzione di Plan 9, Wood si sentiva sempre più solo. Lugosi era morto, il suo storico direttore della fotografia William Thompson stava diventando cieco, il matrimonio con Norma McCarthy non era ancora sciolto, l’alcol scorreva a fiumi. Nonostante questo tornò dietro la macchina da presa per realizzare due episodi pilota per la TV, divenuti poi dei cortometraggi, il fantascientifico Final Curtain (1957) e l’horror The Night the Banshee Cried (1957). Scrisse anche la sceneggiatura di The Bride and the Beast (1958) diretto da Adrian Weiss, storia di una donna che in viaggio di nozze in Africa scopre di essere stata in una vita precedente la regina dei gorilla (Queen of the Gorillas, era infatti il titolo iniziale dell’opera). Contro ogni pronostico il film ottenne un discreto successo al botteghino, ma Wood, essendone solo lo sceneggiatore, ne beneficiò ben poco. Il regista, comunque confortato, si convinse di essere in grado di fare grandi film. Partì quindi dal suo unico “successo commerciale”, Bride of the Monster, per realizzare un sequel inizialmente intitolato Revenge of the Dead poi divenuto Night of the Ghouls. Wood si fece finanziare da George Cilly, un rappresentante “porta a porta” della Fuller Brush, ditta di prodotti e attrezzature per la casa, incautamente entrato in quella del regista (come se Fellini si fosse fatto produrre un film da un rappresentante della Folletto…).
Nel cast la solita compagnia con il ritorno di Kenne Duncan (Chatham, Ontario, 17 febbraio 1903 – Los Angeles, 5 febbraio 1972), le conferme di Criswell, Duke Moore, Tor Johnson, Bud Osborne (Contea di Knox, 20 luglio 1884 – Hollywood, 2 febbraio 1964) che debuttò con John Ford e chiuse la carriera con questo film di Ed Wood. Ultimo film col regista anche per Paul Marco (Los Angeles, 10 giugno 1927 – Hollywood, 14 maggio 2006). In Night of the Ghouls interpretò, così come in Bride of the Monster e Plan 9 from Outer Space, il piagnucoloso poliziotto Kelton, per questo alcuni fans hanno ribattezzato i tre film con nome “La trilogia di Kelton”. Recitarono nel film anche Johnny Carpenter (Dardanelle, 25 giugno 1914 – Burbank, 27 febbraio 2003) protagonista della pellicola western scritta da Wood, The Lawless Rider, e Valda Hansen (Los Angeles, 3 novembre 1932 – Hollywood, 21 luglio 1993) poi interprete di numerosi B movies. Non c’era, ovviamente Bela Lugosi, anche se qualcuno propose di riutilizzare vecchi filmati, ma il regista decise di omaggiarlo col nome del protagonista: Dr. Acula (che finezza…).
Aperto e chiuso da Criswell (se stesso) che si leva da una bara per recitare serissimo prologo ed epilogo, il film racconta l’indagine della polizia guidata dal Tenente Daniel Bradford (Duke Moore), dal capitano Robbins (Johnny Carpenter) e dal polizziotto Kenton (Paul Marco) su una casa stregata che nasconde le attività del medium e truffatore Dr. Acula (Kenne Duncan). Il ciarlatano millanta di essere in grado di far resuscitare i morti con l’aiuto della vicina che interpreta il fantasma bianco (Valda Hansen). Ma i veri fantasmi il forzuto Lobo (Tor Johnson) sfregiato dopo l’esplosione di Bride of the Monster e il fantasma nero (Jeannie Stevens), lo porteranno con se nella tomba.
Costumi degni di un carnevale all’asilo, recitazione enfaticamente assurda, trovate surreali come la tromba che suona da sola durante la seduta, per un film che rimase per oltre vent’anni nel cassetto poiché Wood non aveva i soldi per completarlo. Night of the Ghouls uscì solo nel 1984 su videocassetta (anche se alcuni testimoni ricordano un’unica proiezione nel 1959).
Wood una volta di più non si scoraggiò e, dopo aver scritto Revenge of the Virgins, western realizzato nel 1959 da Peter Perry Jr. che riprende il tema di The violent years, acquistò un progetto da George Weiss, il produttore di Glen or Glenda, dal titolo Hellborn e lo unì ad uno su cui stava lavorando, The Racket Queen. Il regista cambiò la storia trasformandola in un noir ambientato nel mondo della pornografia e come titolo definitivo scelse The Sinister Urge. Il film uscì l’8 dicembre del 1960.
Il capo della polizia Carson (Kenne Duncan) e il sergente Stone (Duke Moore) danno la caccia ad un pericoloso maniaco Dirk Williams (Dino Fantini) che sevizia e uccide giovani donne. Le indagini li portano a trovare un collegamento tra i delitti e l’industria del cinema a luci rosse. I film del regista Johnny Ryde (Carl Anthony), un tempo grande e ora costretto a fare porno, sono, infatti, collegati ad un traffico di ragazze organizzato dalla matrona Gloria Henderson (Jean Fontaine).
Girato in soli cinque giorni, The Sinister Urge fu l’ultimo film di Ed Wood ad essere distribuito regolarmente nelle sale, uno dei pochi ad non avere innesti fantascientifici od horror, e in qualche modo un film profetico. Da segnalare l’improponibile colonna sonora jazz che accompagna le sequenze che dovrebbero essere tese e drammatiche e la spudorata imitazione di Psycho di Hitchcock, che riempiva i cinema in quelle settimane. Non fu ovviamente così per The Sinister Urge così che la ricerca di finanziamenti per un seguito, fallì miseramente.
Questo ennesimo fallimento, travolse Ed Wood ormai sempre più schiavo dell’alcol. Iniziò a scrivere scadenti romanzi, oltre 80: “Death of a Travestite”, “Necromania”, “To Make a Homo”, “Shotgun Wedding”, “Raped in the Grass”, “Gun Runners”, “Bloodiest Sex Crimes of History”, “The Beach Bunnies”, “Sex Museum”. Cui si aggiunsero sceneggiature quali Orgy of the Dead (1965) diretto da Stephen C. Apostolof (con lo pseudonimo di A. C. Stephen) interpretato da Crisewll, nella solita parte del narratore con addosso un mantello di Lugosi, e da Fawn Silver in un ruolo creato per Vampira che rifiutò questa “orgia dei morti”, che si apre con filmati inediti di Night of the Ghouls. Wood girò, inoltre, alcuni filmati di propaganda governativa, per poi iniziare, dopo la morte di Tor Johnson e Kenne Duncan, a scrivere testi sempre più erotici: “A Study of the Sons and Daughters of Erotica”, “Sexual Practices in Witchcraft and Black Magic”, “A Study of Fetishes and Fantasies”, “A Study in the Motivation of Censorship”, “Sex and the Movies”.
Lavorò in ruoli secondari in film di colleghi e amici dell’industria softcore, interpretando ad esempio un fotografo di mezza età, probabilmente omosessuale, che si circonda di giovani bellezze per esorcizzare la propria sessualità problematica in The Photographer (1969) di Joseph F. Robertson e un vecchio travestito rifiutato da tutti nel successivo film dello stesso Robertson, Mrs. Stone’s Thing (1970).
Il regista Johnny Ryde, personaggio del film The Sinister Urge che era costretto a dirigere film porno per sbarcare il lunario, ad un certo punto esclamava: “Guardo questa fanghiglia e ricordo che ero solito fare dei buoni film”. Ecco, forse Ed Wood di buoni film non ne fece mai, ma per vivere fu davvero costretto a girare pellicole softcore, Take It Out in Trade (1970) una commedia erotica, e poi film porno veri e propri per una compagnia chiamata Swedish Erotica. Da regista di film western, noir, horror, fantascientifici, a regista di film hardcore, in quella che venne ricordata come la “Golden Age of Porn”. Diresse nell’ordine: Nynpho Cycler (1971) sull’insoddisfazione sessuale di una giovane donna, Necromania: A Tale of Weird Love! (1971), girato con lo pseudonimo di Don Miller, dove il sesso si pratica tra le tombe, The Young Marrieds (1971) su una coppia di giovani sposi che scopre i piaceri del sesso. Questi film, a lungo considerati perduti, sono stati ritrovati negli anni duemila e distribuiti on line. Insomma, del porno in versione Ed Wood. Dopo questi film scrisse ancora e si ritagliò piccole parti nei film Drop-Out Wife (1972) o The Fugitive Girls (1974). Poi più nulla.
Il regista divenne sempre più schiavo dell’alcol. Nel 1974 scrisse la sua ultima opera I Woke Up Early the Day I Died, tratta da “Night of Silence”, un suo libro a metà strada tra il poliziesco e l’horror. Era certo che quello sarebbe stato il film della riscossa, ma nessuno lo scritturò più. La depressione che ne seguì portò Ed Wood nello sconforto più cupo. Anche la compagna Kathy O’Hara, che gli rimase sempre affianco, divenne un’alcolista. Il 7 dicembre del 1978, a seguito di una furente litigata tra i due, Ed e Kathy vennero cacciati dal fatiscente appartamento in Yucca Street, nel quale vivevano in totale povertà. Trovarono ospitalità a casa del loro amico Peter Coe. Era venerdì. Wood passò il fine settimana a bere vodka. Verso mezzogiorno del 10 dicembre, il regista si sentì male e andò in camera da letto. Kathy rifiutò di portargli altro alcol. Pochi minuti dopo la donna senti urlare “Kathy, non riesco a respirare!”, ma convinta si trattasse di una nuova scusa per bere, non andò a controllare. Dopo venti minuti mandò l’amico che trovò Ed Wood morto. Fu un infarto a stroncarlo a soli 54 anni. Il regista venne cremato, e le sue ceneri sparse a mare.
Dopo la sua morte la popolarità di Ed Wood crebbe. I critici lo definirono il “Peggior regista di tutti i tempi”, mentre i suoi film trovavano nuova distribuzione nel mercato dell’Home Video, basti pensare alla distribuzione di Night of the Ghouls, raggiungendo un ampio pubblico che iniziò a venerare questo strano regista. A venerarlo nel vero senso del termine visto che nel 1996 venne fondata da Esteban Christian Galindo, The Church of Ed Wood, legalmente riconosciuta negli Stati Uniti a partire dall’anno successivo.
Ma gli omaggi al “Peggior regista della storia” sono numerosi e diversi tra loro. Il più noto è il film Ed Wood (1994) di Tim Burton che ripercorre la sua vita partendo dalla biografia di Rudolph Grey (“Nightmare of Ecstasy- The Life and Art of Edward D. Wood, Jr.”). Il film è animato da un cast stellare: Jonny Depp (Ed Wood), Martin Landau (Bela Lugosi) che per l’interpretazione vinse l’Oscar come Miglior attore non protagonista, Bill Murray (Bunny Breckinridge), Sarah Jessica Parker (Dolores Fuller), Patricia Arquette (Kathy O’Hara), Lisa Marie (Vampira), Jeffrey Jones (Criswell), Vincent D’Onofrio (Orson Welles), Max Casella (Paul Marco) e George “The Animal” Steele, wrestler celebre agli appassionati della disciplina per la rivalità negli anni ottanta con Macho Man (Tor Johnson). Il film venne anche nominato per la Palma d’Oro a Cannes.
Rimanendo in ambito cinematografico il regista Aris Iliopulos realizzò nel 1998 il film tratto dall’ultimo scritto di Ed Wood, I Woke Up Early the Day I Died interpretato da un buon cast Billy Zane, Christina Ricci, Andrew McCarthy, Ron Perlman, Vampira, John Ritter, Eartha Kitt, Conrad Brooks, Rick Schroder, Sandra Bernhard e un insolito cameo della moglie di Ed Kathy O’Hara. Tra gli omaggi da ricordare anche Rob Zombie ha intitolato un suo disco del 2001 “The Sinister Urge”.
I film di Ed Wood erano approssimativi, con trame a tratti ridicole, realizzati in pochi giorni e con pochissimi mezzi, ma con alle spalle una sana e genuina passione per il cinema che forse altri registi, ben più blasonati, non hanno mai avuto. Film talmente brutti da diventare dei cult.
redazionale
Bibliografia
“Nightmare of Ecstasy- The Life and Art of Edward D. Wood, Jr.” di Rudolph Grey (INEDITO IN ITALIA)
“Il Mereghetti. Dizionario dei film 2019” di Paolo Mereghetti – Baldini & Castoldi
Immagini tratte da: immagine in evidenza, foto 4, 5 Screenshot del film Dillinger è morto, foto 1 da it.wikipedia.com, foto 2 Screenshot del film Una storia moderna – L’ape regina, foto 3 da gettyimages.com.