Ecco che cosa chiedono i braccianti in lotta

Per tutti e tutte, vogliamo permesso di soggiorno senza limitazioni né ricatti, residenza, assistenza sanitaria, casa, istruzione e un salario equo. Combattiamo attivamente tutte le forme di confinamento e repressione

È stata una grande giornata di lotta e di festa quella del 12 novembre a Roma: eravamo in migliaia in piazza, da tutta Italia e da tutto il mondo – portando le nostre rivendicazioni dalle campagne, dai magazzini della logistica, dalle occupazioni di case, dai centri d’accoglienza e dalle frontiere, dalle scuole e dalle università, dalle fabbriche e dalle periferie…Unite/i nel pretendere una mobilità senza confini e senza sfruttamento, abbiamo dimostrato la nostra forza nonostante la repressione, le intimidazioni e i divieti – in ultimo le ridicole e umilianti perquisizioni che hanno dovuto subire i lavoratori e le lavoratrici delle campagne in arrivo dal sud.

Le protagoniste e i protagonisti di questa giornata sono stati coloro che più di tutti subiscono il ricatto di un sistema fondato sullo sfruttamento, in cui il governo della mobilità gioca un ruolo centrale. Queste politiche agiscono secondo forme funzionali al profitto e ostacolano l’unione e l’organizzazione di chi le subisce. È la violenza del capitale a costringere milioni di persone a spostarsi o a impedire loro di farlo. La mobilitazione del 12 novembre, frutto di radicati percorsi di lotta in diversi territori, ha dimostrato che questa unione e questa organizzazione sono invece possibili e quantomai necessarie. Il corteo è terminato con un’assemblea a Piazza dell’Esquilino, animata e partecipata con interventi in diverse lingue, che hanno ribadito l’importanza di intrecciare le lotte e rafforzare le relazioni.

Quando gridiamo WE NEED YES, è perché pretendiamo il riconoscimento della nostra presenza in questo paese e in questo mondo. Abbiamo pagato prezzi altissimi, in termini di vite umane, lavoro ipersfruttato e pesanti limitazioni alla libertà, gli effetti di leggi criminali e abusi di ogni genere. Non si tratta di una questione da risolvere su basi umanitarie, in nome delle quali come sappiamo si compiono carneficine e torture: sul nostro lavoro e sulle nostre vite si basa una parte fondamentale dell’economia di questo paese.

La determinazione di chi porta avanti queste lotte è stata l’elemento decisivo per ottenere un incontro, che si è svolto durante la giornata di piazza, tra una delegazione e il Prefetto Mario Morcone, Capo del Dipartimento Libertà Civili e Immigrazione del Ministero degli Interni. Lo stesso che qualche giorno fa definiva “cretinaggini” le testimonianze di torture operate dalla polizia europea e italiana del confine durante le procedure di identificazione. Morcone ha sfacciatamente rivendicato la sua dichiarazione anche durante l’incontro, davanti a braccianti che vivono nei ghetti di stato e richiedenti asilo imprigionati nel sistema dell’(in)accoglienza, insieme a rappresentanti del movimento di lotta per la casa, dei lavoratori della logistica e delle comunità immigrate che quotidianamente subiscono le violenze dell’apparato securitario di cui il Ministero è responsabile.

Ma l’arroganza del potere ha vacillato, se non altro a parole, di fronte all’evidenza delle rivendicazioni e delle denunce portate avanti con le nostre lotte, pagate a caro prezzo. È chiaro a tutti, anche a Morcone, che la risposta che vogliamo non sono provvedimenti di facciata utili a mantenere intatti gli interessi delle classi dirigenti, come la “nuova” legge sul caporalato, i campi di lavoro o l’apparato dell’accoglienza. Aspettiamo gesti concreti che seguano alle ammissioni e alle promesse del massimo amministratore dell’immigrazione in Italia. Ai lavoratori e alle lavoratrici delle campagne, in mobilitazione da più di un anno, deve essere riconosciuto il permesso di soggiorno, e sono le associazioni di categoria a doversi far carico del loro alloggio, non il Ministero dell’Interno né le associazioni del terzo settore. Lo ribadiremo davanti ai rappresentanti dei ministeri di lavoro e agricoltura, e delle associazioni dei produttori agricoli, che Morcone si è impegnato a convocare entro il mese di dicembre. Pretendiamo che le Questure, le amministrazioni pubbliche e tutti i soggetti implicati nella gestione dei confini cessino immediatamente gli innumerevoli abusi quotidiani, che operano ai danni di centinaia di migliaia di persone. Di questo il Ministero si deve assumere la responsabilità, come ha promesso in fase di incontro.

Per tutti e tutte, vogliamo permesso di soggiorno senza limitazioni né ricatti, residenza, assistenza sanitaria, casa, istruzione e un salario equo. Combattiamo attivamente tutte le forme di confinamento e repressione: i CIE, gli hotspot, i centri di vario genere, la gestione militare del confine, gli sfratti e gli sgomberi, gli arresti e le denunce. Lo abbiamo detto in questa giornata, unendo la nostra voce alla piazza di Firenze che contestava chi come Salvini istiga all’odio e alle divisioni, e continueremo a farlo ogni giorno nelle città, nei ghetti, nelle periferie, sui luoghi di lavoro, nelle scuole e nelle università. Denunceremo con sempre più forza qualsiasi abuso e ingiustizia, continuando a lottare per smantellare pezzo dopo pezzo il sistema dello sfruttamento in tutte le sue forme, consapevoli che solo unite/i si vince.

COMITATO LAVORATORI DELLE CAMPAGNE
RETE CAMPAGNE IN LOTTA
insieme ai promotori e aderenti al corteo

da Popoffquotidiano

foto tratta da Pixabay

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