Sono stati appena seppelliti gli ultimi morti e rullano di nuovo i tamburi di guerra. «La campagna non è terminata – ha avvertito ieri Benyamin Netanyahu – abbiamo colpito duramente Hamas e la Jihad islamica. Abbiamo attaccato 350 obiettivi a Gaza, colpito dirigenti e membri delle organizzazioni terroristiche, abbiamo distrutto i grattacieli dei terroristi. E la campagna non è terminata». Non sono frasi di circostanza, sono un programma futuro. Pochi credono alla solidità della tregua scattata ieri alle 4.30, mentre le prime luci del giorno su Gaza annunciavano l’inizio del mese islamico di Ramadan, dopo due giorni di violenti bombardamenti aerei di Israele che hanno ucciso almeno 27 palestinesi – tra i quali due bimbe piccole e un 12enne – e ai lanci di razzi palestinesi, circa 700, che si sono rivelati più letali che in passato uccidendo quattro civili israeliani, colpiti mentre erano a casa o al lavoro. L’offensiva militare più distruttiva di quelle viste in passato, con migliaia di morti e feriti palestinesi, è solo una questione di tempo. E Hamas, al potere a Gaza, si dice pronto. «Il conflitto non finirà sino a quando non avremo ottenuto i nostri diritti», ha detto un portavoce del movimento islamico, Sami Abu Zuhri, rispondendo agli avvertimenti di Netanyahu. «Abbiamo superato (il sistema antimissile israeliano) l’Iron Dome lanciando dozzine di razzi tutti nello stesso momento», ha dichiarato soddisfatto qualche ora dopo Abu Obeida, il portavoce delle Brigate Ezzedin al Qassam, l’ala militare di Hamas.
Nel pieno delle trattative per la formazione del nuovo governo, il premier israeliano ha usato il pugno di ferro. Ha ordinato di intensificare i bombardamenti su Gaza e ha riesumato la politica degli assassini mirati di dirigenti palestinesi facendo uccidere Hamed Al Khodari, che Israele ha poi descritto come il “tesoriere” di Hamas. Un missile sganciato da un drone l’ha fatto a pezzi mentre era alla guida dell’auto. Netanyahu ha fatto prendere di mira edifici residenziali, case dei dirigenti di Hamas e Jihad, e almeno una moschea. Ha voluto dimostrare di aver agito con molta più forza rispetto a prima. Così persino un giornale che non gli è mai stato amico, come lo Yediot Ahronot, nell’edizione online ha scritto che con questo round di combattimenti Israele che ha raggiunto i suoi obiettivi: militari e d’immagine all’estero dove da Donald Trump ai dirigenti della destra italiana, in testa Matteo Salvini, hanno gareggiato nell’esprimere sostegno a Israele ignorando la condizione di Gaza stretta da 12 anni nella morsa del blocco israeliano. «Sarebbe sbagliato affermare che i problemi con Gaza siano finiti, sembra però che le forze armate israeliane abbiano indebolito l’appetito dei terroristi di riprendere i bombardamenti nel giro di poche settimane», ha scritto il quotidiano che ha criticato il premier per non aver ordinato l’evacuazione del sud di Israele in modo da rendere inoffensivi i lanci di razzi.
Successi di Netanyahu che non vedono l’opposizione centrista e la destra più radicale, e persino qualcuno nel Likud, il partito del premier. Chiedono a gran voce la ripresa dei bombardamenti e nuovi attacchi aerei come se Gaza fosse popolata non da due milioni di esseri umani ma da due milioni di “terroristi”. Benny Gantz, l’ex capo di stato maggiore delle guerre contro Gaza nel 2012 e 2014, oggi leader del partito Blu e Bianco, parla di «resa ad Hamas e Jihad». Bezalel Smotrich, deputato ultranazionalista che vuole il ministero della giustizia nel nuovo governo di cui farà parte, ha scritto su Twitter che la campagna di Gaza sarebbe dovuta terminare con «700 terroristi uccisi», uno per ogni razzo lanciato verso il sud di Israele. «Non possiamo permetterci di avere un milione e mezzo di persone nei rifugi ogni poche settimane. Conoscete già la mia soluzione strategica», ha aggiunto in riferimento alla sua perenne richiesta di una invasione di Gaza. Gideon Saar, un esponente di spicco del Likud, ha condannato il cessate il fuoco accettato da Netanyahu perché «è privo di successi per Israele» e ha affermato che il confronto con Hamas e Jihad non è stato evitato «ma solo rinviato». Parole che hanno scatenato l’ira di Netanyahu.
Lontano, sullo sfondo, ci sono i diritti di due milioni di palestinesi rinchiusi dentro Gaza. Ieri mattina nelle strade semideserte della Striscia, a causa dell’inizio del Ramadan e della stanchezza accumulata dalla gente nei due giorni di bombardamenti, si sono svolti i funerali di una parte delle 27 vittime. Se sabato si piangevano la piccola Seba Abu Arar, 14 mesi, e sua zia Filistin (incinta), uccise da un raid aereo (negato da Israele), ieri tutti parlavano della famiglia al Jadyan. Sotto le macerie di un palazzo colpito da una bomba ad alto potenziale i soccorritori hanno trovato morti Talaf al Jadyan e sua moglie Raghda. Qualche ora prima era stato ritrovato senza vita il figlio 12enne Abdul Rahman. Disperati i parenti di Mariam al Ghazali, quattro mesi, uccisa da una esplosione. Tra i quattro morti israeliani ha destato molta commozione la vicenda di un anziano, il 68enne Moshe Feder, di Kfar Saba (Tel Aviv), ucciso domenica da un razzo anticarro sparato da Gaza mentre, per motivi di lavoro, era alla guida della sua automobile nei pressi del kibbutz Erez.
MICHELE GIORGIO
foto tratta da Pixabay