Il decreto arriva alla fine di una giornata di tensioni, scontri e mediazioni punto per punto. C’è un clima molto diverso da quello abituale nell’era del governo Draghi. Per la prima volta è evidente che la parola del premier non è legge. Il decisionista stavolta è costretto a discutere su tutto, spesso ad arretrare parzialmente, qualche volta a cedere.
Lui stesso appare meno drastico e imperativo del solito e forse ha ragione chi sospetta che in questa maggior disponibilità alla mediazione minuziosa c’entri parecchio la corsa al Colle che sta per aprirsi.
Partiti e governo affrontano la prova in ordine sparso, ciascuno con una sua idea di cosa si dovrebbe fare, in un quadro molto vicino alla guerra di tutti contro tutti. Draghi non può contare, come quasi sempre in passato, sulla solidarietà dei ministri, pronti a smussare gli eventuali contrasti tra il premier e i rispettivi partiti.
La Lega smentisce le voci di una tensione forte, il giorno prima, tra Draghi e il ministro a lui per molti versi più vicino tra quelli politici, Giorgetti. Nulla di vero e se a rappresentare il Carroccio in cabina di regia è Garavaglia dipende solo dagli impegni a Varese del ministro dello Sviluppo.
Però, diplomazia a parte, i tre ministri leghisti consegnano alle agenzie un comunicato in cui si dichiarano «responsabilmente al governo ma non acquiescenti a misure che incidono profondamente sulla libertà al lavoro».
È una dichiarazione di guerra esplicita che boccia l’ipotesi di Draghi: obbligo di Green Pass rafforzato per tutti i lavoratori. La Lega non è sola. I 5S sono anche più drastici. Se il Carroccio è disposto ad accettare l’obbligo per i lavoratori oltre i 60 anni, i pentastellati sono contrari senza neppure metter mano al dato anagrafico.
La cabina di regia è una giostra nella quale ogni opzione sbatte sul suo bravo veto. Il Pd chiede l’obbligo vaccinale per tutti. LeU, Iv e Fi concordano. Lega e 5S e lo stesso Draghi si oppongono. Il governo insiste per imporre la vaccinazione a tutti i lavoratori. Lega e 5S fanno muro. Draghi propone una mediazione di quelle destinate a scontentare un po’ tutti ma anche a impedire lacerazioni: obbligo di Pass rafforzato per una platea più larga, dai 50 anni in su. Oltre la stessa soglia d’età, per chi non lavora, scatta invece l’obbligo vaccinale al quale mirava il Pd.
La differenziazione è bizzarra. In serata una scarna nota di palazzo Chigi informa che l’obbligo va inteso per tutti gli over 50 e che per i lavoratori sarà verificato tramite Green Pass. Dovrebbe voler dire che per i lavoratori che non si vaccinano scatteranno sia la sanzione amministrativa che la sospensione dal posto di lavoro e relativo stipendio. Una doppia penalizzazione circoscritta a una fascia d’età che dovrebbe apparire clamorosa, inaccettabile, e che invece tutti fingono di considerare normale.
La Lega accetta la mediazione. I 5S no. Per sbloccare la situazione, prima che il decreto passi dalla cabina di regia al Cdm, è necessaria una telefonata fra Draghi e Conte. Il leader dei 5S dà il semaforo verde ma il suo controllo sulle truppe è quello che è. I suoi senatori prendono l’obbligo malissimo. «Se arriva qui prima che alla Camera, il decreto non passa», profetizza in privato una delle principali dirigenti del Movimento.
Le ostilità riprendono quando il governo tutto infine si riunisce, nel tardo pomeriggio. La bozza di decreto impone il Pass rafforzato per accedere a una serie di servizi, come gli uffici postali, le banche, i parrucchieri, i saloni di estetistica. I due ministri leghisti tagliano corto: o quel passaggio viene cancellato e si torna al Green Pass semplice o non votiamo il decreto. Draghi si arrende, la norma viene depennata.
Il Carroccio torna alla carica: bisogna concedere un anticipo sul Tfr ai lavoratori sospesi perché non vaccinati. In questo caso a puntare i piedi è il M5S. Norma accantonata. Il problema di come possa tirare avanti chi non si vuole vaccinare si porrà un’altra volta.
Del pacchetto fa parte lo smart working. Brunetta era contrarissimo a riattivarlo ma si deve arrendere. Lui e Orlando firmano una circolare in cui caldamente esortano le amministrazioni a ricorrere quanto più possibile al lavoro a distanza. Respinte invece le richieste di alcune Regioni di posticipare la riapertura delle scuole. E’ la linea del Piave. Per Draghi e per il ministro Bianchi non si discute. Viene invece varata una casistica minuziosa per il passaggio delle classi alla Dad. Tutti sperano che basti. Nessuno ci crede davvero.
ANDREA COLOMBO
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