Maurizio Ferraris su “la Repubblica” ci spiega che la “dittatura del proletariato” si starebbe realizzando attraverso il numero di “followers” che cliccano a favore o meno di una foto, di un pensiero, di un video di questo o quel “potente” di turno. Così si concretizzerebbe il potere delle masse nei confronti delle classi dominanti.
E’ ardita come analisi. E’ molto divertente, ma ha un fondo di tragicomica verità.
Facciamo delle ipotesi: l’autore non ha letto la “Critica del programma di Gotha“; equivoca il significato di “dittatura” oppure assunte scientemente entrambe le cose, generano una opinione sarcastica e anche un po’ ironica.
Consideriamola una “vignetta”. Perché l’autore sa benissimo cosa intendesse Marx con la locuzione “dittatura del proletariato”. E’ uno dei concetti più controversi del marxismo, più disputati dai sapientoni della univocità di un pensiero dialettico che ha sintetizzato in quelle parole il passaggio di potere e di egemonia complessiva dalle mani della borghesia a quelle degli sfruttati di tutto un mondo che pareva sul limitare della rivoluzione.
Così non era e non è stato. Così può tornare ad essere, ma senza la parodia dei “likes”. Questi sono un falso consenso di massa. Ma l’avreste visto Marx “influencer” di Instagram?
(m.s.)
foto tratta da Pixabay