È proprio così, sabato è stata commessa una violenza. Ai danni di pochi, ma molto grave. Sono state calpestate leggi assai chiare. Ribadite da decisioni recenti della magistratura. Una violenza che non rispetta le norme e le ordinanze. Per deportare ancora una volta otto migranti in Albania, sabato scorso.
Ieri il tribunale di Roma ha ordinato di riportarli in Italia (erano rimasti in sette). Era più che prevedibile. Il decreto per fermare in mare i migranti e traslocarli forzatamente in Albania, scritto contro il diritto sovranazionale e costituzionale, era già stato rinviato alla Corte di giustizia europea.
Un governo appena responsabile eviterebbe di far viaggiare la sua nave militare semivuota, e aspetterebbe il verdetto della Corte. Questo governo non lo fa, perché le deportazioni sono un atto di propaganda utile a mostrare la faccia feroce contro le migrazioni (colpendone una percentuale risibile) e ad aggredire i magistrati che applicano la legge. Atti di violenza, ai danni dei più deboli e contro il diritto.
Invece è un’altra la violenza di sabato che ha scandalizzato i governanti e sulla quale soffia tutta la destra. La violenza immaginaria di una manifestazione antifascista, a Bologna, che ha contestato un gruppetto di camicie nere autorizzate alla provocazione dalle autorità di pubblica sicurezza. I poliziotti hanno completato l’opera caricando gli antifascisti e non Casapound.
Ormai Salvini non è un’eccezione tra gli alleati della maggioranza, quando grida contro le «zecche rosse» e vuole chiudere i centri sociali. È una macchietta che gira travestita da Trump, ma è anche il più fedele interprete del rompete le righe che il voto negli Usa sta provocando nella nostra destra.
Se qualche ritegno hanno avuto prima, con Meloni costretta ad accreditarsi e Tajani rivolto al centro, ora rompono gli argini da tutti i lati: migranti, magistrati, sindacati, opposizione politica e sociale. Il «non facciamo prigionieri» non vale solo per le nomine: cala sui diritti e sui principi fondamentali. Meglio accorgersene. Anche perché non sono solo urla. Il disegno di legge «sicurezza» con i suoi limiti alle libertà è dietro l’angolo.
ANDREA FABOZZI
foto: screenshot tv